GRANDI EVENTI

Le Olimpiadi di Ponzio Pilato

Prima Appendino che per dissidi interni manda avanti le valli, poi i grillini che coi loro paletti se ne tirano fuori e ora pure il governo decide di lavarsene le mani e passare la palla al Coni. Una candidatura nata sotto una cattiva stella, anzi sotto cinque cattive stelle

Tocca al Coni. Il Consiglio dei ministri, da cui sarebbe dovuta uscire una indicazione di massima rispetto alla città che l’Italia candiderà a ospitare le Olimpiadi invernali del 2026, secondo fonti di governo, non ha invece preso posizione, probabilmente a causa delle divergenze tra i ministri del Movimento 5 Stelle, schierati a favore di Torino, e quelli della Lega, molto più sensibili alla veneta Cortina e soprattutto a Milano e alla Lombardia. “Siamo salomonici”, si è limitato a dire il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli dopo la riunione a  Palazzo Chigi. Più che la saggezza del re d'Israele pare il lavarsi le mani di Ponzio Pilato.

Il premier Giuseppe Conte avrebbe esaminato con i ministri e con il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che ha la delega per lo Sport, il dossier Olimpiadi arrivando a stilare una sorta di decalogo di principi, nero su bianco, cui dovrà attenersi il Coni per individuare la candidatura italiana, con uno sguardo ai costi e alla competitività delle strutture. Esattamente quello che Giovanni Malagò voleva evitare, e cioè che il cerino finisse nelle sue mani, proprio mentre si intensificano pressioni politiche e territoriali, a favore di questa o quella città. Lui stesso nei giorni scorsi aveva parlato di una  “decisione anche di natura politica”. Ma la politica non ha deciso e allora sarà il Coni a scegliere. Martedì prossimo si riunirà la giunta esecutiva per analizzare i dossier delle tre candidate. “Abbiamo visto tutti e incontrato tutti. I dossier sono arrivati da poche ore ma un giudizio non lo posso dare, sarei superficiale. Non sarebbe serio. Si devono fare valutazioni oggettive”, ha spiegato Malagò. “Io ho dato la possibilità di uno slittamento a fine mese ma non ho mai detto che sarebbe necessariamente successo. Sarebbe una via d’uscita ma se non ci sono controindicazioni si deciderà il 10 luglio”.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, che un uomo di mondo come Malagò ha distillato con sapiente maestria, cosa pensi realmente del dossier di Chiara Appendino è stato eloquente durante l’ultima missione nella Capitale della sindaca, quando il numero uno dello sport italiano ha fatto saltare l’appuntamento facendo sapere di avere “altri impegni”. Un’agenda nella quale, invece, nelle ore successive hanno trovato posto sia il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il presidente lombardo Attilio Fontana, sia il governatore del Veneto Luca Zaia che hanno presentato i rispettivi studi di fattibilità. Del resto è noto come allo stesso Malagò bruci ancora il voltafaccia del Movimento 5 stelle di fronte alla candidatura di Roma ai Giochi del 2024, quando al Campidoglio arrivò Virginia Raggi.

Ora la politica se ne laverà le mani? Difficile immaginarlo. Piuttosto inizierà un lavorio sotterraneo dei maggiorenti di tutti i partiti, con la prima linea grillina impegnata a sostenere Appendino e i leghisti su Milano (se il sindaco Sala è del Pd non va dimenticato che il governatore Fontana è del Carroccio) con l'opzione Cortina tutt'altro che fuori dai Giochi. Pressioni politiche e territoriali con cui Malagò dovrà fare i conti, mentre c’è chi continua a cercare un’intesa per un MiTo Olimpico, cioè un’alleanza tra Milano e Torino che comunque prevedrebbe il capoluogo lombardo come città designata e le valli torinesi in pista per ospitare le competizioni di alcune discipline della neve.

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