ECONOMIA DOMESTICA

Dopo la grande fuga "facciamo tornare a casa le imprese"

Per arrestare le delocalizzazioni all'estero della produzione italiana non servono misure coercitive ma incentivi e norme che rendano conveniente investire nel nostro Paese. Proposte presentate alla Camera da Porchietto (FI): "Partiamo dal Piemonte"

Torna a casa, impresa. Bastasse l’esortazione, sarebbe un bel film, un fin troppo facile rewind di quella delocalizzazione che da anni segna in maniera negativa l’economia del Paese e, soprattutto, lascia sul terreno stuoli di disoccupati. Ma, per Forza Italia,  non va bene neppure il “ricatto” posto in essere nel decreto Dignità, “minacciando la restituzione dei fondi statali laddove un'impresa fosse o sia costretta a scegliere di andare all'estero”.  

Quella del Governo Lega-Cinquestelle  “é una logica miope che non è destinata a produrre nessun risultato concreto", così la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini nel corso dell’illustrazione della mozione presentata dalla deputata piemontese Claudia Porchietto sul reshoring, ovvero il ritorno in Italia delle imprese che hanno trasferito la produzione all’estero.

La proposta di Forza Italia prevede quattro elementi che dovrebbero facilitare il rientro delle aziende: “Occorre stabilizzare gli incentivi previsti da Industria 4.0, istituire una cabina nazionale di regia che si occupi anche delle imprese straniere che vogliono investire i Italia, prevedere sgravi fiscali per il riuso dei siti industriali dismessi e inoltre – spiega l’ex consigliera regionale e già assessore al Lavoro della precedente giunta, che ha lavorato al testo -  investire sulla formazione dei giovani potenziando il ruolo degli istituti tecnici.

Per la parlamentare azzurra “non è con un atteggiamento minaccioso, come quello inserito nel decreto Dignità che si favorisce il rientro delle imprese. Al contrario serve una seria politica di sgravi fiscali e di semplificazione della burocrazia".

Se è vero che in questa direzione  si sono già mosse autonomamente alcune Regioni, come il Piemonte con i contratti di insediamento,“serve, però, un impianto legislativo omogeneo e che dia maggior forza ad un’inversione di tendenza che non può certo realizzarsi con un approccio autarchico come quello assunto dal Governo” sostiene la parlamentare piemontese.

E proprio il Piemonte è tra le regioni che maggiormente hanno pagato negli anni i costi altissimi della delocalizzazione: da casi eclatanti come la Fiat a una serie innumerevoli di aziende, spesso ma non solo multinazionali, che hanno deciso di trasferirsi oltre confine aprendo a crisi ossupazionali, come nel caso Embraco. Alcune di esse “guardano con attenzione all’ipotesi di un ritorno” spiega Porchietto, “ma chiedono una serie di interventi normativi e garanzie. Le grandi imprese hanno bisogno innanzitutto di norme che evitino loro di dover stravolgere ogni anno il business plan, una semplificazione del quadro autorizzativo con processi e tempi definiti, un quadro fiscale stabile per a durata dell’investimento”. E proprio il Piemonte, secondo Porchietto, “può essere la base di partenza per il reshoring. Abbiamo competenze e amministrazioni favorevoli al dialogo con le imprese, buone relazioni sindacali, ma soprattutto moltissime aree dismesse e spazi per ridurre i costi energetici”.

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