TRAVAGLI DEMOCRATICI

Il Pd in bolletta cambia casa

Le casse sono al verde e il tesoriere annuncia il trasloco. Da gennaio la nuova sede sarà nell'ex quartier generale della Rear di Laus. Scoppia una tempesta in un bicchier d'acqua, che lui chiude con una battuta: "Spero porti fortuna al partito come ha fatto con me"

Mettici la perdita di consensi, la riduzione del numero di eletti nelle istituzioni e quindi il crollo delle relative contribuzioni al partito. E poi i bagni di sangue (finanziari oltreché elettorali) del Nazareno, tra referendum ed elezioni politiche, che hanno ridotto all’osso i trasferimenti alle periferie: insomma le casse del Pd piemontese sono allo stremo e per evitare il patatrac il tesoriere Mimmo Mangone ha deciso di fare le valigie. Troppo costosa la sede di via Masserano, dove tra affitto e utenze siamo intorno ai 50mila euro all’anno; da gennaio del prossimo anno si trasloca. Nelle previsioni di Mangone, il 2018 si chiuderà con un passivo di 59mila euro, ma “il vero dramma potrebbe essere il prossimo anno” aveva detto meno di due mesi fa, nel giorno dell’approvazione dei conti da parte dell’assemblea regionale. Oggi, infatti, la principale fonte di finanziamento per il partito sono le contribuzioni volontarie dei consiglieri e assessori regionale che versano circa 550 euro al mese: in questa legislatura il Pd ha potuto contare su 24 consiglieri che hanno garantito ogni anno circa 150mila euro. Una cifra destinata a ridursi notevolmente se le prossime elezioni regionali dovessero trasformarsi nell’ennesima Caporetto. Meglio correre subito ai ripari prima che sia troppo tardi, come annunciato ieri dallo stesso Mangone durante una riunione più ostica del previsto con gli eletti di Palazzo Lascaris, in cui ha anche ricordato ai più recalcitranti l’ammontare complessivo di arretrati e pendenze nei confronti del partito - 100mila euro - che rischiano di aumentare con l’approssimarsi della campagna elettorale, in vista della quale i consiglieri/candidati avranno bisogno di risorse per provare a riconquistare lo scranno. Un incontro teso, in cui Mangone ha provato anche a chiedere un contributo extra per il trasloco, cui i consiglieri hanno risposto picche, adducendo, in modo anche piuttosto strumentale, il mancato coinvolgimento nella decisione di cambiare sede. 

Il trasferimento sarà al civico 4 di via Frejus, nell’ex quartier generale della Rear, l’impero economico del neo senatore Mauro Laus. Una collocazione che, neanche a dirlo, ha scatenato una ridda di congetture e illazioni di un gruppo dirigente in perenne fibrillazione. Alcuni hanno addirittura lasciato intendere che si andasse “a casa di Laus” durante una discussione culminata con un duro botta e risposta in una delle tante chat di WhatsApp. A ogni buon conto la società dell’ex presidente di Palazzo Lascaris ha lasciato da tempo quei locali e lui, contattato dallo Spiffero si limita ad auspicare che quella sede “porti fortuna al Pd come ha fatto con la mia azienda”.

Così prosegue il lungo peregrinare degli ex comunisti da quando nel 1987 hanno abbandonato la storica sede in via Chiesa della Salute nel quartiere Borgo Vittoria. Precorrendo i tempi l’allora segretario del Pds Giorgio Ardito trasferisce il quartier generale nella centralissima piazza Castello, un open space forse troppo moderno per quei militanti che avevano ancora le scarpe la polvere dei calcinacci del muro di Berlino. Lì il Pds rimase fino al 1992, prima di trasferirsi in corso Vinzaglio angolo via Cernaia, nei locali che poi, per nemesi, sono diventati quelli di Forza Italia. Così anche nella toponomastica si rintraccia la parabola di un partito che da principale forza di opposizione, conquista il potere e con esso si trasferisce dalle periferie al centro cittadino. Appena fondato, il Pd ha rilevato la sede della Margherita in via Palazzo di Città, quasi a metà strada tra la Regione Piemonte saldamente nelle mani di Mercedes Bresso e il Comune di Torino appena riconquistato dal Sergio Chiamparino olimpico. Erano gli anni del massimo splendore in cui per avere più spazio l’allora segretario Gianfranco Morgando decide di trasferire di nuovo la sede, seppur di qualche centinaio di metri, in via San Francesco d’Assisi, dove resterà fino all’indomani della disfatta della zarina. Nel 2011, dopo aver perso la Regione, un Pd più povero torna in periferia nell’attuale sede di via Masserano da dove ha osservato il trionfo di Chiamparino del 2014 e tutte le successive capitolazioni, a partire da Torino, due anni dopo.  

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