Balcani in casa nostra

Tempo addietro su questa rubrica ho citato l’artista Vito Miccolis, alias dottor Lo Sapio, il quale all’epoca aveva proclamato l’indipendenza del quartiere Barriera di Milano e contemporaneamente emetteva anche la moneta della nuova Repubblica popolare: il Rebaudenco. Una performance satirica che portava in scena, con la giusta dose di ironia, la parodia dell’ondata nazionalistica abbattutasi sull’Occidente ed estesasi ormai ovunque sul nostro pianeta.

Il giorno stesso in cui è crollato il muro di Berlino sono stati piantati i semi che hanno generato, in pochi anni, nuove robuste barriere e altrettanti nuovi inattesi muri le cui fondamenta poggiano sulla religione e sull’appartenenza agli antichi regni europei ottocenteschi. La Jugoslavia è stata la prima federazione ad esplodere letteralmente (grazie ad un piccolo aiutino europeo) dopo una violentissima guerra che ha contrapposto in armi vecchi amici e vicini di casa: da uno Stato unitario sono nati una miriade di staterelli dotati di un proprio esercito e di confini ben protetti. La stessa Cecoslovacchia in quegli anni si è spaccata in due partorendo la Repubblica Ceca da una parte e quella Slovacca dall’altra.

L’Europa, quella partner della Nato, ha avuto modo di fomentare secessioni varie nelle nazioni un tempo parte del Patto di Varsavia così come nei Paesi non schierati ma dalle Costituzioni di stampo Socialista, pur dovendo affrontare lei stessa il fiorire di nuovi e vigorosi movimenti indipendentisti (Irlanda del Nord, Paesi Baschi, Catalogna, Savoia, Bretagna, Scozia, Corsica, regioni Fiamminghe in Belgio, Ucraina e tanto altro). Il Paese ricco generalmente vuole unirsi a quello limitrofo ricco, mentre si tende ad abbandonare a se stessi gli ambiti territoriali ritenuti generalmente più poveri.

Le divisioni sono sempre giustificate dall’appartenenza etnico-religiosa, mascherando in tal modo una grande ipocrisia: quella di una determinazione nel separarsi che si fonda unicamente su fatti economici, premesse monetarie che hanno certamente avuto un ruolo importante anche nella drammaticissima vicenda jugoslava. Nel nome della ricchezza pro capite anche il Piemonte si ritrova alla vigilia di una secessione assai dolorosa. Malgrado la grande quantità di fondi concessi negli ultimi anni dalla Regione pedemontana (soprattutto dal suo assessore al Bilancio) al Verbano-Cusio-Ossola, questa provincia andrà presto a referendum con la benedizione della Corte di Cassazione. Lapidario il quesito sottoposto dai promotori della consultazione ai propri cittadini del Vco: volete fare riferimento a Torino quale capoluogo regionale oppure a Milano? L’esito della consultazione sembra piuttosto scontato e il pomposo capoluogo lombardo si prepara a ricevere i territori dei laghi. La mappa del Piemonte pare destinata a mutare assumendo una forma più rotondeggiante, verso cui faremo fatica ad abituarci, poiché molto probabilmente sparirà la punta alpina diretta verso la Svizzera.

Escludendo soluzioni quali la dichiarazione di guerra alla Lombardia, consegnata da Chiamparino nelle mani dell’ambasciatore di Maroni, così come l’invio nel Verbano-Cusio-Ossola dei vigili urbani di stanza in tutto il Piemonte, per poter presidiare in armi la Provincia secessionista, forse non rimarrà altro da fare alla Giunta regionale pedemontana che prendere atto dell’imminente referendum, prevedendo inoltre qualche risorsa per stampare la nuova cartina geografica aggiornata del nostro vilipeso Piemonte. Una quadro geopolitico particolarmente curioso, il cui artefice è un ex democristiano transitato al partito di Salvini (da esponente Dc una proposta del genere se la sarebbe solo sognata), e che si appresta a diventare ancor più complesso il prossimo anno, quando probabilmente il futuro Presidente regionale sarà un leghista. Un dilemma greve si annuncia all’orizzonte: il futuro leader “verde” dell’ente regionale asseconderà in un’ottica di ritorno agli antichi Stati sabaudi la scissione piemontese, a vantaggio del collega lombardo nonché compagno di partito, oppure al contrario impedirà la secessione con ogni mezzo nel nome dell’integrità territoriale.

L'epoca sovranista-identitaria si presenta tramite la valorizzazione del nazionalismo, da sempre fautore di conflitti bellici tra fratelli, e la conseguente atomizzazione di Stati e popoli, insieme ad una spropositata estensione di confini che moltiplicano invalicabili barriere. E’ recente la notizia della decisione, da parte del governo di Vienna, di riconoscere la cittadinanza austriaca ai tirolesi del Sud (già cittadini italiani).

A causa del redigendo progetto della linea 2 metropolitana, pure Torino è diventata campo di battaglia tra fazioni territoriali contrapposte. L’oggetto del contendere riguarda il sito da cui far partire i lavori della metro (ad oggi neppure finanziata) e di conseguenza le opere di riqualificazione urbana. Da una parte è schierata la Consigliera regionale Nadia Conticelli, fiera paladina di Torino Nord, e nel campo diametralmente opposto la Presidente della Circoscrizione 2 Luisa Bernardini, nel ruolo di alfiere degli interessi di Torino Sud. Due donne abbracciate dalla stessa fede politica e sostenute dalla medesima corrente interne, ma nettamente separate da questioni campanilistiche (e forse unite dal progetto di contrastare in tutti i modi possibili la Sindaca e la sua Giunta).

Un’altra divisione quindi si presenta ai nostri occhi lasciandoci disorientati, mentre il concetto di solidarietà si fa sempre più piccolo fino a scomparire del tutto. La realtà supera purtroppo abbondantemente la fantasia del dott. Lo Sapio, al secolo Vito Miccolis: presto i suoi Rebaudenchi saranno scambiati al mercato valori insieme ai Santaritini, alla Dracma del Cusio Ossola ed i Maroncelli di Torino Est.

La politica oramai spiazza pure la satira poiché la spiazza nel fare la parodia di se stessa.

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