POTERI FORTI

Profumo azzoppato nella corsa Acri

Dopo la brutta figura rimediata nella selezione del nuovo segretario generale, il presidente Profumo può dire addio alla successione di Guzzetti. "Non comanda manco a casa sua come può guidare 83 fondazioni?". Solo un arrivederci quello di Gastaldo?

“I presidenti cambiano, il segretario resta”. Un motto, sussurrato nelle ovattate stanze e più ancora nei corridoi della Compagnia di San Paolo quando la poltrona più importante è prossima a cambiare ospite. Ma che adesso, a pochi giorni dalla nomina di Alberto Anfossi dopo i tre lustri di Piero Gastaldo alla segreteria generale, pare smentito solo in parte. Per carità, non si tratta di un segretario dimezzato o di ridotta autonomia. Nulla di tutto questo, però proprio il suo profilo e il curriculum – di tutto rispetto – non possono che far stagliare dietro di lui la figura del suo predecessore, il quale peraltro è stato in gran parte l’artefice del suo cursus honorum in Compagnia. E attento spettatore dell’ascesa del quarantenne alla segreteria generale in un concatenarsi di situazioni che hanno finito col raffigurare un quadro a dir poco edificante di tutto l’iter conclusosi, appunto, con l’investitura di Anfossi.

Una vicenda che, come molti prevedono, non potrà non avere ripercussioni sulle ambiziose dell’ambiziosissimo presidente Francesco Profumo. La sarabanda a dir poco stucchevole che incominciata, un anno fa, con la ricerca al di fuori della Compagnia del successore di Gastaldo si è incagliata tra veti e controveti all’interno del comitato di gestione, impedendo a Profumo di imporre il suo candidato, è qualcosa di più e di peggio di una brutta figura. Si sapeva della sua predilezione per il riconfermato alto dirigente del Mise,Stefano Firpo e in seconda battuta (in asse con il Ceo di Intesa-Sanpaolo Carlo Messina) per il direttore del Centro Studi per il Mezzogiorno, Massimo De Andreis. Il percorso ad ostacoli, con nomi eccellenti che sfilano davanti ai cacciatori di teste della Key2People ingaggiata per comporre la rosa ristretta da offrire al board per la scelta finale, figure di spicco del mondo professionale e accademico subalpino sottoposte addirittura a un ulteriore test on-line, profili che finiscono nel frullatore impazzito che sembra sfuggire dalle mani dell’ex ministro. Il quale, già prima che la vicenda si concludesse, ha finito col mostrarsi a parecchi occhi importanti come assai poco padrone della situazione. “Come può aspirare a governare 83 fondazioni quando non riesce nemmeno a comandare a casa sua?” è la domanda che ricorre sulle bocche di molti colleghi, piemontesi e no.

Insomma non ha certo, come si dice, guadagnato punti nell’ambito torinese, ma neppure sul proscenio del mondo finanziario nazionale. In città l’aver smosso quei nomi importanti e lasciato legittimamente supporre che sarebbe stato tra questi che si sarebbe individuato il successore di Gastaldo per poi concludere tutto con una scelta interna non è piaciuto molto, per usare un eufemismo.

Una conclusione che non ha fatto esplodere di giubilo il presidente della Regione Sergio Chiamparino (seppur piuttosto defilato) e men che meno la sindaca: da Chiara Appendino era arrivato piuttosto chiaro (seppur in zona Cesarini) l’endorsement nei confronti del direttore del Collegio Carlo Alberto, Pietro Garibaldi. Apprezzamento, quello della sindaca, prontamente colto dalla vicepresidente di Confindustria, Licia Mattioli (membro del board), ma alla fine risultato vano.

La gestione di una partita importante come questa non risulterà certamente un atout per Profumo nella ormai poco o per nulla probabile corsa alla poltrona della presidenza di Acri. Negli ambienti delle fondazioni chi già era perplesso sul presidente della Compagnia come possibile erede di Giuseppe Guzzetti alla guida dell’associazione delle istituzioni ex bancarie e delle Casse di Risparmio, non ha certo trovato motivi di ravvedimento in quanto accaduto nel palazzo di corso Vittorio Emanuele. Lo stesso ultraottantenne dominus da quasi due decenni dell’Acri, proprio a Torino in una sua recente visita si sarebbe confrontato con importanti personaggi della finanza. Conciliaboli dai quali sarebbe emerso come papabile assai più il numero uno della Fondazione Crt Giovanni Quaglia, che non il suo omologo della Compagnia. Quaglia, semmai il suo nome arrivasse ad essere quello prescelto per succedere a Guzzetti e non ci fossero motivi per un suo rifiuto, sarebbe certamente un continuatore di quella tradizione della finanza bianca incarnata dal banchiere lombardo. Di certo difficilmente ci sarà quel duello tra i vertici della due casseforti piemontesi.

Il borsino di Profumo è dato in discesa, ancor più in seguito alla vicenda della scelta del successore di Gastaldo. Seguita dal diretto interessato  con un ostentato distacco super partes, marcato dalla sua assenza fisica al momento della stretta finale. Ma alla fine è stato proprio un uomo voluto in Compagnia dall’ex segretario e da lui “allevato” a prenderne il posto. E non sono pochi coloro che, guardando a quel che potrebbe accadere tra due anni quando il mandato di Profumo giungerà a scadenza, non escludono proprio un ritorno di Gastaldo. Come presidente. Un’ulteriore conferma di quel motto che ricorda come il segretario resta. E il presidente cambia.

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