GEOGRAFIA POLITICA

Vco-exit, "tempesta perfetta"

La secessione della piccola provincia crea grandi problemi. Anzitutto alla Regione Piemonte che, con la probabile vittoria del Sì al referendum del 21 ottobre, sarà costretta a modificare la propria legge elettorale. Gli scenari nell'analisi del professor Cavino

La tempesta perfetta sulla Regione arriverà da Nord. E si sa già anche quando: il 21 ottobre, giorno in cui nel Verbano-Cusio-Ossola si voterà per chiedere con un referendum di lasciare il Piemonte, preferendo diventare la tredicesima provincia della Lombardia. La chiama proprio così, “tempesta perfetta”, il costituzionalista Massimo Cavino, quella secessione senza precedenti nel Paese e innescata nel periodo più difficile per l’amministrazione di centrosinistra della Regione matrigna pronta ad essere ripudiata. Ma il percorso innescato dalla vittoria (assai probabile) del voto a favore della via lombarda resterebbe pur sempre “una gatta da pelare” anche se il passaggio formale avvenisse dopo le elezioni regionali. Nell’uno e nell’altro caso, il docente di Diritto Costituzionale all’Università del Piemonte Orientale prefigura “grosse difficoltà per quanto attiene al procedimento in capo alla Regione Piemonte. Per la Giunta e per il Consiglio questa è una brutta gatta da pelare, non c’è dubbio. Così come il referendum è fin da oggi una spada di Damocle sull’attuale amministrazione”.

A rendere tutto più complicato e rischioso, se visto da via Alfieri e da piazza Castello, è l’assoluta mancanza di precedenti: “L’articolo 132 secondo comma della Costituzione è stato applicato fino ad ora soltanto per il distacco di Comuni, mai per una Provincia”, sottolinea il costituzionalista che riconosce “l’estrema serietà delle ragioni che spingono il Vco verso la Lombardia e che traggono origine da un sentimento di frustrazione che è stato inconsapevolmente alimentato dal legislatore statale”.

Cavino ricorda come le esigenze di questa provincia di montagna, in particolare le richieste della assegnazione delle risorse provenienti dalla riscossione dei canoni delle acque demaniali, non abbiano trovato dalla Regione le risposte attese e, soprattutto, quanto sia diverso l’approccio su questa materia da parte della Lombardia. “La competenza regionale alla riscossione dei canoni è esercitata molto diversamente dalle due Regioni. La legge del Piemonte attribuisce alla Regione il potere di destinare i proventi dei canoni idrici, sentiti gli enti locali, senza alcun particolare vincolo. E questa assenza di vincoli ha consentito alla Regione di non trasferire nulla al Vco dal 2012 a oggi. Al contrario, la Lombardia stabilisce un preciso vincolo, disponendo che annualmente le Province siano destinatarie di una quota dei proventi dei canoni. Non solo: la norma lombarda dispone specifiche modalità di finanziamento per la Provincia di Sondrio. Non c’è da quindi da stupirsi se nel Vco cresce la voglia di Lombardia”.

E allora quel referendum da spauracchio pronto ad essere ripiegato di fronte a qualche offerta adesso è pronto a scatenare la tempesta perfetta, ancor più tale con una maggioranza al governo del Paese che non metterà certamente il freno, bensì premerà sull’acceleratore per velocizzare il più possibile l’annessione del Vco alla Lombardia a trazione leghista.

Un iter che se trova il suo punto cruciale nell’espressione popolare di ottobre, contempla successivi passaggi non meno importanti. Ma restando ancora sul voto, Cavino osserva come potrebbe sussistere un appiglio per chi si oppone al referendum: la Corte Costituzionale in passato aveva dichiarato illegittima la norma che prevedeva una sorta di “appoggio” da parte di tanti consigli provinciali che rappresentassero almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale si proponeva il distacco di una pezzo di territorio.

“La Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità del comma relativo alle operazioni necessarie per arrivare a formulare il quesito referendario. Per quale motivo la decisione dovrebbe stendere i suoi effetti anche sulle successive operazioni di voto?”. Evidente come questo spazio interpretativo potrebbe essere usato per impugnare la consultazione popolare. Nessuno probabilmente lo farà, ben sapendo quali sarebbero le conseguenze politiche di un simile atto. Dunque si voterà e se vinceranno i “secessionisti”, il passaggio successivo toccherà a Parlamento e Regioni. Perché va ricordato che il referendum “ha carattere meramente consultivo e non vincola il legislatore statale alla cui discrezionalità compete di determinare l’effetto di distacco-aggregazione”. In questa fase è previsto il parere della Regione da cui si chiede il distacco e di quella all’interno dei cui confini si vuole andare.

Ovvio che la Lombardia, come più volte ribadito dal presidente Attilio Fontana, è pronta ad accogliere il Vco a braccia aperte. Il Piemonte cosa farà? “Non ci sono tempi prefissati per il parere – risponde Cavino –. Tuttavia il Governo e il Parlamento di fronte a un’inerzia devono provvedere a sollecitare il pronunciamento, sebbene non vincolante. Quali che siano l’esito del referendum e i pareri dei consigli regionali, l’ultima parola sul passaggio della provincia dal Piemonte alla Lombardia, toccherà al Parlamento”.

Al Piemonte resterà la gatta, anzi le gatte da pelare. Se il numero dei consiglieri regionali continuerà, anche senza il Vco, a rimanere di 50, non incidendo il distacco sulla soglia definita dal decreto legge 138 del 2011” molto cambierà invece rispetto alla ripartizione dei seggi, qualora la procedura di distacco dovesse chiudersi prima delle elezioni. Con molta probabilità il consigliere oggi eletto nel Verbano-Cusio-Ossola sarebbe attribuito alla provincia di Cuneo”. Ma anche se non dovesse esaurirsi prima delle elezioni, “la procedura di distacco rappresenterà un forte limite per il Consiglio regionale piemontese che non potrà approvare una legge elettorale regionale fino a quando la vicenda non sarà conclusa”.

E cosa accadrebbe nel caso in cui la secessione della provincia avvenisse dopo le elezioni della prossima primavera? “Le ipotesi sono due. La prima: il consigliere eletto nel Vco rimane in carica anche se la sua provincia è ormai appartenente a un’altra Regione. La seconda: il Piemonte fa una nuova legge regionale con cui assegna quel seggio a un’altra provincia e decreta la decadenza dell’eletto. In questo caso, ovviamente, bisognerebbe indire elezioni supplettive nella provincia cui viene attribuito il seggio”. Inoltre il passaggio alla Lombardia avrebbe inevitabili ripercussioni sul Consiglio del Pirellone il quale, secondo alcune ipotesi, potrebbe persino decadere per consentire attraverso nuove elezioni la rappresentanza del territorio annesso. La tempesta perfetta, appunto.

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