Ritorno al futuro

Nel momento in cui sono falliti i cosiddetti “partiti plurali” - il caso del Pd è persin eclatante per continuare a parlarne - è persin ovvio che ritornano in campo le identità politiche e culturali. Certo, rinnovate e modernizzate, ma si tratta pur sempre di identità. Ora, ci sono due modalità di comportamento quando si è alla vigilia di un cambiamento epocale della politica. O ci si rifugia nel passato e si cade preda della regressione nostalgica riportando indietro le lancette della storia oppure, al contrario, si guarda al futuro senza rinnegare comunque la memoria storica.

La seconda strada dovrebbe, almeno nella fase contemporanea, essere la via maestra per ridare qualità alla politica, coerenza alle proprie radici culturali e dignità, per quel che si può, alla classe dirigente. Elementi che, oggi, sono e restano al centro del dibattito politico nel nostro paese. Ed è lungo questo solco che si inserisce il ritorno – “al futuro”, si direbbe oggi - della tradizione della destra, della sinistra, del centro moderato, del populismo demagogico e del cattolicesimo politico. Del resto, la competizione tra l’ex centrodestra e l’ex centrosinistra appartiene ormai alle nostre spalle. E, di conseguenza, i partiti che hanno fondato per anni quelle due coalizioni sono al centro di un profondo cambiamento e ristrutturazione politica ed organizzativa. Non è un caso che sia il Pd che Forza Italia stanno discutendo sull’opportunità di cambiare nome e simbolo e quindi “ragione sociale” dei rispettivi partiti. Insomma, un cambiamento radicale rispetto a quello che sono stati sino ad oggi.

È appena sufficiente ricordare che, per quanto riguarda il Pd, si confrontano due tesi politiche - seppur nel confronto con le sempre più numerose correnti, gruppi e cordate di potere interne - alternative. C’è chi vuole, per semplificare, rifare la sinistra e chi, all’opposto, vuol trasformare quel partito in un soggetto politico centrista, alternativo alla sinistra tradizionale e post ideologica. Ovvero, l’ormai eterna guerra tra renziani e antirenziani. Per quanto riguarda il futuro di Forza Italia il confronto è meno acceso perché si tratta pur sempre di un partito padronale ma non meno interessante perché si tratta di decidere se confluire nella forte e crescente Lega salviniana oppure se dar vita ad un soggetto politico di comune intesa con Renzi, cioè il vero erede politico e culturale di Berlusconi. Comunque sia, l’unica cosa certa è che la geografia politica italiana è destinata a cambiare in fretta e profondamente. Ed è anche questo il motivo per cui i cattolici democratici e popolari, laicamente, si organizzeranno a livello politico ed organizzativo. Senza nostalgia, come ovvio. Ma senza dimenticare la memoria storica.

print_icon