CINQUE CERCHI

Olimpiadi, i sindaci s'impuntano
(e il Governo medita la rinuncia)

Appendino e Sala contestano il "tridente" ideato da Malagò. La prima cittadina grillina insiste su un'analisi oggettiva dei dossier, il collega milanese vuole per la sua città il ruolo di capofila. A Roma non ne possono più e ora nessuno esclude un clamoroso dietrofront

Tra i tre litiganti nessuno gode. Potrebbe finire così, adattando alla bisogna uno dei più noti motti popolari nostrani, la candidatura dell’Italia alle Olimpiadi invernali del 2026. Se tutti rimangono sulle loro posizioni come dimostrato, ancora recentemente, dalle dichiarazioni di Chiara Appendino e Beppe Sala, quel che fino a qualche settimana fa sembrava scontato potrebbe non esserlo più. È quel che trapela in queste ore da ambienti governativi in cui sta crescendo l’insofferenza per le pressioni – ufficiali e sotterranee – esercitate da Torino e dalle sue valli, così come dalla Lombardia e pure dal Veneto con Cortina.

Il compromesso indicato dal presidente del Coni Giovanni Malagò, che prevede un’edizione spalmata su tutto l’arco alpino con il coinvolgimento delle tre sedi candidate, di fatto non ha convinto nessuno, con la sola eccezione dei veneti, partiti come outsider e finiti a far la parte del leone, fagocitando gran parte delle gare e delle discipline. Appendino, d’accordo con il governatore Sergio Chiamparino invita il vertice del Foro Italico a ripensarci e a stilare “un’analisi comparativa dei tre dossier presentati”, da Torino, Milano e Cortina “sulla base di criteri oggettivi, omogenei e trasparenti”. Per suo conto, Sala, dopo aver chiesto (e non ottenuto) un nuovo incontro con il sottosegretario Giancarlo Giorgetti ha ribadito la sua conditio sine qua non e cioè che il capoluogo lombardo venga indicato come “capofila”, peraltro in ossequio alla delibera approvata con larghissima maggioranza in Consiglio. “Chiederò conferma ai capigruppo della volontà o meno di rispettare la delibera che parla o di una candidatura di Milano o di una candidatura condivisa con Milano capofila - ha precisato Sala -. Il mio punto di vista è ribadire l’utilità per tutti, non solo per Milano, di essere capofila”. Se ognuno resta sulle proprie posizioni si rischia una impasse che con tempi così stretti nessuno può permettersi. E così da Roma la pistola fumante potrebbe presto essere messa sul tavolo, lasciando i sindaci con il cerino in mano: “Abbiamo cose ben più importanti di cui occuparci” potrebbe essere la frase con cui Giorgetti o chi per lui si prepara a gelare i suoi interlocutori.

Non solo. La possibilità di far saltare la candidatura italiana ai prossimi Giochi, oltre a sgravare l’esecutivo dalla necessità di entrare in urto con i rappresentanti sul territorio di M5s e Lega potrebbe scaricare la responsabilità del fallimento sulle spalle di Malagò, personalità tradizionalmente trasversale e organica al potere, ma distante quel tanto che basta da Matteo Salvini e dal suo entourage, per consentire al Capitano di scaricarlo senza troppe remore. Per non parlare poi dei grillini che hanno ancora in mente gli attacchi piovuti sul Campidoglio, quando s’insediò Virginia Raggi e tra i primi atti ritirò la candidatura di Roma per un’altra Olimpiade, quella estiva del 2024.

Insomma, se la kermesse a Cinque Cerchi interessa particolarmente a Milano, Torino e Cortina, per il governo rischia di trasformarsi in una grana di cui potrebbe fare tranquillamente a meno. Questo è quello che potrebbe spigare Giorgetti ai sindaci interessati nel prossimo (e forse ultimo) summit a Roma sull’argomento.

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