FIANCO SINISTR

"Con Chiamparino leali, non fedeli"

Il centrosinistra è partito con il piede sbagliato. "Si parla solo di formule, allargamenti, candidati e non di programma", accusa LeU. Fornaro: "Imprescindibile il confronto su ciò che è stato fatto e cosa proponiamo ora ai piemontesi"

Nessuno si aspettava gli squilli di tromba e scroscio di applausi. Tuttavia, il silenzio di Liberi e Uguali sulla ricandidatura di Sergio Chiamparino, appena rotto da qualche stringata e non impegnativa dichiarazione di rito, non nasconde del tutto (anzi le rivela) quelle perplessità di cui prima o poi la futura coalizione e lo stesso presidente della Regione con il suo partito dovranno affrontare.

“Siamo fermi a giugno” spiegano così quello che, dal loro punto di vista, non sarebbe neppure da spiegare tanto è evidente. Perché appena pochi mesi fa nell’incontro della maggioranza destinata a riproporsi come coalizione la road map che venne tracciata era differente da quella poi seguita e che ha portato all’annuncio-investitura di Chiamparino, lo scorso 8 settembre, a casa dei Moderati.

Prima il programma, la discussione dei temi, i segnali di cambiamento e poi, solo una volta trovato l’accordo su questi punti, la conseguente individuazione del candidato migliore per poterli realizzare guidando la coalizione. Questo era stato detto all’inizio dell’estate e lì è fermo il partito che, come disse all’epoca il deputato Federico Fornaro “è leale a Chiamparino, non fedele”. Una differenza tutt’altro che formale e che sottintendeva la necessità di avviare una discussione fino ad oggi mancata.

“Non è sufficiente una riproposizione del centrosinistra, così come non basta fermarsi all’unità” aveva chiarito il presidente del gruppo LeU a Montecitorio, per il quale la riconferma di un governo di centrosinistra in Piemonte non poteva e non può che passare da “una critica e autocritica di questi anni di governo regionale, da un check-up serio”.

Le settimane e i mesi successivi a quell’incontro più che al confronto sul programma, all’analisi di quanto e come è stato fatto dall’attuale amministrazione regionale e di quel che il centrosinistra si propone di fare spiegandolo ai piemontesi in quella che si annuncia come la più ostica delle campagne elettorali, sono stati impegnati dal ricercare nel Pd una risposta definitiva alla domanda diventata tormentone: Chiamparino si ricandida o no?

Un’inversione di rotta che, al netto dell’assenza di alcuna pregiudiziale sull’attuale governatore – “Non l’abbiamo posta all’ora, non la poniamo oggi” – non è risultata affatto gradita al partito nato dopo la scissione nella sinistra del Pd e che non molto dopo ha costituito un gruppo autonomo a Palazzo Lascaris formato da Marco Grimaldi (ex Sel), Silvana Accossato e Valter Ottria.

L’avvitarsi sui mutevoli annunci del Chiampa, così come aprire a nuove candidature più o meno benedette e poi abiurate dallo stesso presidente, agli occhi degli alleati di LeU non ha potuto che far apparire il Pd come assai poco interessato a imboccare il percorso concordato e, non di meno, come forza politica che dà per scontata la riedizione dell’alleanza, a prescindere da una discussione su temi cruciali – lavoro e sanità, solo per citarne due – ritenuta irrinunciabile dagli ex compagni di partito.

Insomma, “far passare l’idea nei potenziali elettori che trovato il candidato, l’alleanza è fatta, non è un messaggio convincente, certamente non il migliore”. Così come continuare da parte di alcuni esponenti democrat a proporre o chiedere le primarie anche dopo la disponibilità a ricandidarsi annunciata da Chiamparino.

“Molti nel Pd – sostiene Fornaro – dimenticano che le primarie sono un mezzo e non un fine. Sono uno strumento di selezione delle candidature, ma se c’è un’intesa larga su un candidato non servono”. Il messaggio è chiaro. Come l’altro, anch’esso indirizzato al Pd che dopo non aver visto la mucca nel corridoio indicata per mesi da Pierluigi Bersani, in Piemonte ha messo il carro davanti ai buoi.

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