VERSO IL 2019

Chiamparino obtorto collo

Mal di pancia e mugugni non bastano a scalfire il governatore che resta l’unica opzione in campo per il centrosinistra. Persino chi chiede le primarie le vincola alla sua partecipazione. Ma per ora nessuna incoronazione, l’ultima parola alla direzione del 28

Per capire l’aria che si respirava al coordinamento del Pd piemontese, chiamato a discutere della disponibilità al bis di Sergio Chiamparino, basti pensare che per almeno un paio di volte la presidente Giuliana Manica ha dovuto prendere la parola per chiarire che il via libera al governatore non doveva essere per assenza di alternative, ma perché “siamo convinti”. La riunione si chiude, dopo quasi quattro ore di dibattito, con l’appuntamento al 28 settembre quando la direzione regionale sarà chiamata a esprimersi, probabilmente con un voto, sulla ricandidatura del governatore. E così quello che nelle intenzioni di qualcuno doveva essere poco più di una formalità (“Ce la sbrigheremo in un’oretta”) si è rivelato un calvario.

Tutto si è svolto secondo un copione annunciato in cui non sono mancate le stilettate al presidente uscente. L’attacco più veemente è stato quello di Mimmo Mangone, ex consigliere e assessore a Torino, anche negli anni olimpici di Chiamparino, e ora tesoriere del partito che si è rivolto al numero uno di piazza Castello senza timori reverenziali: “Guarda che parte del problema sei tu, la gente non ti segue più come una volta”. È stato l’unico momento in cui il navigato compagno Sergio non è riuscito a celare un certo risentimento: “Cercate un’altra strada”, sottinteso: trovatevi un altro candidato, ha risposto secco. Per il resto la riunione, giudicata dai più come interlocutoria, si è sviluppata all’insegna del fair play. Anche chi come l’europarlamentare Daniele Viotti – ala sinistra del partito - da tempo sostiene le primarie come il percorso migliore per presentarsi all’appuntamento elettorale, non affonda la lama e lo stesso fa il segretario della Federazione dem di Torino Mimmo Carretta che si limita a chiedere (e ottenere) che sia la direzione a dire l’ultima parola, prima di precipitarsi alla chiusura della Festa dell’Unità, dove gli organizzatori hanno celebrato le 20mila presenze in tre settimane di dibattiti e costine. E dove Daniele Valle, il convitato di pietra al coordinamento, moderava (senza Moderati) un dibattito con gli alleati della coalizione in cui non sono mancate le (auto)critiche, a partire dalla gestione delle politiche sanitarie.  

Quasi tutti presenti i componenti di un coordinamento, tanto pletorico quanto impalpabile. Gli interventi – con l’eccezione di quelli citati – si assomigliano più o meno tutti. “Chiamparino!”, ma solo in mancanza d’altro. La renzianissima Silvia Fregolent prende la parola per esprimere un giudizio profondamente severo su questi quattro anni e mezzo di legislatura, puntando il mirino in particolare su Sanità e Partecipate, due dei principali punti deboli di questa amministrazione, ma senza mai mettere in discussione la ri-candidatura del governatore. Ci prova timidamente l’ex sindaca di Alessandria Rita Rossa a uscire dai binari ponendo l’attenzione su quel pezzo di partito che chiede una discontinuità. Troppo poco per scalfire Chiamparino, che ascolta, abbozza, annuisce.

L’unica strada per chi “davvero vuole lanciare la sfida, senza aspettare la cooptazione” l’ha indicata ieri il vecchio Giusi La Ganga, in uno dei tanti capannelli che si sono formati dopo il dibattito del governatore alla Festa dell’Unità: “Lo statuto del Pd consente le primarie: c’è un numero di firme da raccogliere e un programma o almeno un’idea da proporre”. Chi ha ancora frecce nel proprio arco dovrà scoccarle in fretta.

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