TORINO CITTA' FUTURA

Nuovo centro congressi, attenti al trucco

Si parla di una location da 5mila posti. Ma se veramente ci sta a cuore lo sviluppo del turismo congressuale, dobbiamo stare attenti e vigilare affinché il progetto dell'opera sia coerente con le esigenze del comparto

Qualcuno sostiene che la vicenda del nuovo centro congressi di Torino, dopo annunci e silenzi, ricorsi amministrativi, indagini penali e fallimenti sia finita bene. Pare che Esselunga sia subentrata ad Amteco-Majora, la società concessionaria che avrebbe dovuto realizzare l’opera, versando al Comune i tanto sofferti 8,7 milioni di euro che di questi tempi fanno così comodo all’amministrazione.

Ma ad un osservatore attento, anche se poco ferrato sull’argomento, la domanda sorge spontanea: cosa centra Esselunga con i congressi?

Diciamola tutta. Secondo le delibere, assunte peraltro dalle precedenti amministrazioni, il via libera alla costruzione del supermercato è subordinato alla realizzazione del centro congressi, opera ritenuta strategica per lo sviluppo e l’internazionalizzazione della città.

Diversamente, gli eredi del Caprotti si sarebbero sognati di realizzare una superficie commerciale così ampia e così ambita, praticamente in centro città.

Si parla in generale di una location da 5.000 posti. Ma se veramente ci sta a cuore lo sviluppo del turismo congressuale, dobbiamo stare attenti e vigilare affinché il progetto dell’opera che si intende realizzare sia effettivamente coerente con le esigenze del comparto.

Per la filiera economica, che comprende commercianti, albergatori, esercenti, aziende di logistica, trasporti, attività culturali e sociali, oltre ad una innumerevole lista di servizi e professioni, Il turismo congressuale vale oro. Torino, grazie all’appeal internazionale faticosamente guadagnato dalle Olimpiadi ad oggi, ha provato ad intercettare i grandi eventi congressuali internazionali, un business che attiva, solo in Italia, un giro d’affari annuale pari a 15 miliardi di euro e impiega 300.000 persone, ma con risultati a dir poco discutibili.

Gli operatori professionali della meeting industry sanno bene che non è sufficiente avere a disposizione un cubo da 5 mila posti per aggiudicarsi un grande evento internazionale. Occorrono sale congressuali modulabili, di diverse dimensioni, suddivise secondo le caratteristiche del singolo evento, servizi tecnologici, spazi accessori adeguati, come ad esempio quelli espositivi, essenziali per organizzare manifestazioni di tale portata e competere con le più importanti destinazioni congressuali mondiali.

Siccome Esselunga costruisce supermercati e non centri congressi, vi è il sospetto fondato che si voglia realizzare una struttura che deve essere fatta per forza, pena la decadenza della concessione, ma inutile allo scopo, che la città non può assolutamente permettersi, soprattutto in un’area così centrale e strategica, tenuto conto degli sforzi enormi sostenuti per la sua riqualificazione.

Non vorremmo ritrovarci con l’ennesimo supermercato, che porterebbe vantaggi enormi al gruppo lombardo, ma con a fianco una struttura inutilizzabile, magari demolita dopo alcuni anni per realizzare parcheggi.

Altro aspetto fondamentale è la gestione.

Albergatori, commercianti, il tessuto economico della città insomma, che hanno investito con coraggio tutte le risorse disponibili nelle proprie aziende, nell’ultimo ventennio hanno assistito inermi alle scorribande di avventurieri di varia provenienza che non hanno fatto altro che i propri interessi personali. Prima, smontando pezzo per pezzo le migliori fiere e manifestazioni, nate e cresciute a Torino, e trasferendole altrove. Dopo, privilegiando operazioni immobiliari a discapito dell’utilizzo razionale degli spazi messi a loro disposizione e con una gestione completamente avulsa dalle strategie di promozione e internazionalizzazione della citta.

Per funzionare, quindi, la futura gestione non potrà che essere radicata nella città e far parte di questo tessuto, partecipata da chi ha legittimi interessi da difendere, per non ripetere assolutamente i gravi errori del passato.

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