VERSO IL 2019

Centrodestra unito, melina sul nome

Spetta a Forza Italia indicare il candidato presidente del Piemonte. Ma al vertice di Palazzo Grazioli nessuna incoronazione prematura. L'europarlamentare Cirio resta il favorito, anche se inizia a preoccupare il suo coinvolgimento nella Rimborsopoli bis

Hanno discusso per un paio di ore mangiando brasato, ma evitando prudenzialmente incresciose metafore si è ripiegato sul dessert battezzando la rinsaldata coalizione al desco di Silvio Berlusconi come il patto del babà. Sconfinamento gastronomico difficilmente digeribile dalla Lega ai tempi di Umberto Bossi, non certo oggi con un Matteo Salvini disponibile anche a non completare la grande abbuffata del Nord, lasciando il Piemonte a Forza Italia.

Nulla è scolpito sulla pietra, neppure scritto nella nota congiunta dei due leader insieme a quella di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, al termine del primo vertice a tre dai tempi delle consultazioni per il Governo. Tuttavia, quel poco che, tra molte cortine fumogene e interessate veline, è stato riferito sulla colazione a Palazzo Grazioli sembra ammantare di un solido strato di certezza l’attribuzione della candidatura alla presidenza del Piemonte a Forza Italia. Lasciando alla Lega la Sardegna probabilmente per un esponente dell’alleato PSd’Az, assegnando l’Abruzzo a FdI e a un civico di area berlusconiana la Basilicata.

Un risultato che, se confermato, rasserena e tranquillizza gli animi azzurri pur lasciando ancora aperta, come si vedrà, la questione interna della scelta del candidato. Berlusconi tra il timballo di melanzane e il brasato e pure dopo il babà, riferiscono abbia provato a forzare la mano invitando Salvini a mollare i Cinquestelle per tornare al voto col centrodestra. Ma sul punto il Capitano è irremovibile (forse temendo soluzioni diverse dal voto), ribadendo che a livello nazionale resta l’accordo con il M5s, però il centrodestra correrà "come sempre" unito alle regionali.

E, dunque, nessun fronte carioca per il Piemonte e neppure quella corsa in solitaria che il Carroccio aveva apertamente minacciato al fine di ricondurre a più miti consigli quella parte (anche parlamentare) di Forza Italia mostratasi troppo critica nei confronti del Governo, a partire dall’ancora irrisolta questione della Tav.

Torna il vecchio, sia pur rivisto, Cencelli del centrodestra con l’ultima regione ancora governata dal centrosinistra assegnata ai berluscones. Ma resta ancora da sciogliere il nodo sulla figura dell’aspirante (con ottime chance stando ai sondaggi) successore di Sergio Chiamparino.

Non deve passare troppo tempo dal termine del summit romano per ascoltare i primi rumors secondo i quali a Palazzo Grazioli sarebbe stato fatto solo un nome per il Piemonte: quello dell’eurodeputato Alberto Cirio. Ma è stato davvero pronunciato, oppure di nomi, stando ad un’altra tra le tante versioni, non ne sono proprio usciti? Il quarantacinquenne albese, ex assessore regionale al Turismo che nei quattro anni trascorsi a Bruxelles e Strasburgo ha intessuto solidi legami sia con l’attuale governatore della Liguria Giovanni Toti sia con il presidente del Parlamento Europeo e numero due del partito Antonio Tajani, è da mesi pronto ai blocchi di partenza per Piazza Castello. Non gli sono mancati gli endorsement più o meno espliciti dello stesso Tajani, così come del Cav.

Se il suo nome è risuonato nel salotto a lui non sconosciuto, come del resto i giardini e le sale di Villa San Martino, spesso inebriate dagli effluvi di tartufo al suo arrivo, facile che a suggerirlo sia stato tra gli altri uno dei più ascoltati consiglieri del Capo, ovvero Niccolò Ghedini. Tra l’avvocato di Berlusconi e il suo collega ex ministro Enrico Costa (grande supporter di Cirio) c’è da tempo un asse sul quale ha viaggiato anche il ritorno del politico di Mondovì in Forza Italia dopo la permanenza tra le file alfaniane (e nei governi Renzi e Gentiloni).

Ad una certa ora, radio fante trasmette la versione secondo la quale l’ex sottosegretario alla Difesa e parlamentare (dimissionario) di FdI Guido Crosetto, avrebbe fatto un passo indietro proprio per lasciare il posto a Cirio. Notizia destituita di ogni fondamento, ma qualcuno ci crede e comincia a spammare sms.

Avrebbe mostrato qualche attenzione e raccomandato qualche cautela, invece, proprio la Meloni informata del rischio della legge Severino che ancora incomberebbe proprio sull’europarlamentare, in quanto tra gli indagati nell’inchiesta Rimborsopoli bis, relativa al periodo in cui la Regione era presieduta da Mercedes Bresso. All’epoca Cirio era consigliere e la Procura gli contesta spese per 30mila euro, non congrue a parere dell’accusa. Ieri sono incominciati i primi interrogatori, la prescrizione è un’eventualità ormai remota e una condanna, anche solo in primo grado potrebbe, far scattare l’inibizione dalla carica. Inoltre, affrontare una campagna elettorale con una simile spada di Damocle pare azzardato anche al più garantista dei berlusconiani. “Sarebbe facile bersaglio della becera propaganda grillina e offrirebbe un fianco al moralismo della sinistra”, ragionava ieri sera un consigliere regionale azzurro.

Le perplessità sulla candidatura di Cirio però non sono solo sul piano giudiziario. La sua provenienza dal cosiddetto Piemonte 2, lungi dal rappresentare un atout da giocare contro il “torinocentrico” Chiamparino, potrebbe alla fine rivelarsi un limite. E anche un possibile rischio nei calcoli: il centrodestra, come dimostrato nelle comunali e alle ultime politiche, nelle province è già vincente. Semmai è proprio nel capoluogo dove deve recuperare, tanto più per le regionali in cui il peso di Torino è determinante.

La carta torinese, insieme a quella del mondo delle imprese e delle professioni, è piuttosto quella  – a giochi aperti come nessuno ad oggi può negare siano – in mano all’altra candidata in pectore da tempo: Claudia Porchietto. A favore della deputata con un passato da assessore e consigliere regionale si è mossa anche negli ultimi giorni la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini, e non solo lei. Anche se proprio il sostegno dell’ex ministro potrebbe costarle caro: nella corte di Arcore la Gelmini è parecchio invisa al nuovo cerchio magico, in particolare alla componente femminile.

Comunque, da Palazzo Grazioli ieri il centrodestra è uscito unito, soprattutto sulle regionali. Resta da capire quanto lo sarà Forza Italia sulla designazione del competitor di Chiamparino. O’ babbà è ‘na cosa seria, cantava Marisa Laurito. E l’Artusi nella sua ricetta ricordava che per uscir bene richiede pazienza e attenzione.

print_icon