"Governare il Piemonte è davvero una (bella) impresa"
Stefano Rizzi 07:20 Domenica 23 Settembre 2018Riportare la produzione al centro dell'azione della Regione. Le potenzialità e il rapporto con l'Europa. Innovazione e formazione i due cardini per affrontare la competizione. Parla il leader delle Pmi di Confindustria, il novarese Robiglio
Senza Europa non si va da nessuna parte. E il Piemonte può andare lontano, sapendo affrontare e reagire ai cambiamenti come ha dimostrato anche quando tutti lo descrivano, partendo da Torino, come ineluttabilmente dipendente dai destini e dalle scelte della Fiat. La politica, di qualunque colore, “deve avere la capacità di capire che mai come oggi è importante dare forza alle imprese, alla ricerca e sviluppo, innovazione”. È una visione da cui traspare ciò che una volta si sarebbe detto l’ottimismo della volontà quella di Carlo Robiglio, presidente nazionale di Piccola Industria di Confindustria.
Classe 1963, torinese di nascita e novarese d’adozione, fondatore e ceo della Holding Ebano, azienda opera principalmente nel mercato editoriale e leader in Italia nella progettazione, realizzazione ed erogazione di corsi professionali, Robiglio dopo aver guidato la Piccola Industria regionale, dal novembre dello scorso anno è al vertice nazionale per il biennio 2017-2019. Anni non facili per le Pmi: in Piemonte sono 10mila e una su tre opera nel settore manifatturiero, danno lavoro a 286 mila addetti, producendo un giro d’affari di 62 miliardi di euro e un valore aggiunto per l’economia regionale di 15 miliardi. Un tessuto industriale in ripresa dopo gli anni bui, in cui tra il 2008 e la prima metà del 2015 sono uscite dal mercato oltre 3 mila Pmi, il 30 per cento di quelle attive nel 2007. Il picco negativo nel 2013, quando 540 aziende hanno aperto una procedura concorsuale o una liquidazione volontaria. L’emorragia si è arrestata nel 2014 e da qualche tempo, sia pure lentamente, si registra una ripresa.
Nel frattempo il Governo è cambiato e la manovra è alle viste. Presidente Robiglio siete preoccupati?
“Stiamo aspettando di vedere quello che sarà il piano conclusivo della finanziaria. Ci sono aspetti ancora non del tutto chiari. Però siamo fiduciosi”.
Che cosa ve lo fa essere?
“Perché sappiamo che tutti hanno coscienza di quanto sia importante l’impresa in Italia. Questo Governo ha più volte manifestato attenzione in particolare alle Pmi, quindi abbiamo motivo di sperare che nell’impianto della finanziaria ci sia una forte attenzione al nostro settore, solo così si possono creare posti di lavoro e valore aggiunto per il Paese”.
A voi imprenditori piace la Flat Tax, cavallo di battaglia del centrodestra?
“Noi, come più volte ribadito, non abbiamo alcun tipo di pregiudiziale. Siamo estremamente laici e pragmatici. Tuttavia, è ovvio che un esponente delle Pmi di fronte a un tema come quello della Flat Tax si pone in maniera critica e con attenzione”.
Temete possa non essere quella panacea com’è stata annunciata?
“Diciamo che vogliamo capire come sarà configurata questa misura. Siamo dell’idea che possa essere interessante laddove, ovviamente, non dia adito ad altre tipologie di tassazione. Se facciamo uscire un problema dalla porta per poi vederlo rientrare dalla finestra, allora è inutile. Chiaro che ci vede attenti e interessati una tassazione che possa anche prevedere che le imprese investano per lo sviluppo. Vedremo”
Il M5s tiene il punto sul reddito di cittadinanza, questo vi piace meno della tassa piatta, giusto?
“Veda, anche in questo caso vogliamo capire bene di cosa si tratta. Certamente da parte nostra poniamo un punto imprescindibile: tutto deve essere sostenibile finanziariamente. Per poter fare le tante cose che ci pare l’attuale Governo abbia in mente di fare, per noi, è fondamentale esista la sostenibilità. Come nelle imprese, anche per lo Stato, i conti sono matematica e non si può far finta che non lo siano”.
Molti vedono il reddito di cittadinanza come una misura assistenzialistica, addirittura un incentivo al lavoro nero o all’assenza di ricerca di lavoro.
“Sicuramente non può essere una liberalità tout court, appunto una misura assistenzialistica, ma una misura che presupponga con certezza la creazione di un percorso nel mondo del lavoro. Comunque, lo ribadisco: qualunque scelta deve essere sostenibile senza gravami, in particolare per il mondo dell’impresa e della produzione”.
Il Ge-Mi-To è scomparso ormai da molto tempo e il triangolo industriale ha i suoi vertici in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Il Piemonte arranca. Ce la farà a recuperare terreno perduto?
“Premetto che io sono profondamente innamorato della mia regione per cui faccio fatica a dare un giudizio oggettivo, un po’ come chi parla della sua squadra del cuore. Tuttavia, è indubbio che l’asse si sia spostato su altre regioni del Nord. E il fatto che abbia Torino con un’amministrazione Cinquestelle e la Regione sia governata dal centrosinistra, due schieramenti lontani e opposti, forse può rappresentare una difficoltà in più nelle riflessioni su piani di sviluppo. Però sono convinto della capacità di intraprendenza della nostra regione: se ne è avuta dimostrazione neanche troppo tempo fa quando tutta l’italia e non solo sosteneva che Torino e il Piemonte fossero Fiat-centrici. Poi si è visto come nel momento in cui Fiat venuta meno in qualche modo sul territorio ci sia stato comunque un pullulare di energie, intraprendenza e capacità che hanno trasformato la città e la regione stessa e hanno generato grandi competenze e attrattive”.
Cosa la fa essere così ottimista?
“Molti segnali e la consapevolezza delle potenzialità, ma anche la caratteristica di noi piemontesi: poca apparenza e molta sostanza. Per questo sono convinto che sapremo generare come in passato capacità e competenze”.
Che idea s’è fatto della vicenda Olimpiadi?
“Ho la sensazione che sia un po’ tutto in linea su quanto sta accadendo a livello nazionale: grande confusione. Tuttavia è indubbio che sarebbe un’occasione importante per Torino e il Piemonte”.
Voi imprenditori avevate plaudito al piano dell’allora ministro Carlo Calenda per Industria 4.0 e lei, appena eletto, aveva auspicato che il futuro Governo non toccasse quel che di buono era stato fatto.
“E lo penso ancora adesso. Ma voglio essere positivo: ho sentito dire dallo stesso ministro Di Maio che tutto quello che è stato l’impianto di Industria 4.0 è ritenuto positivo. Io aggiungo che Industria 4.0 è un’ottima cosa, quindi sarebbe impossibile capire perché dare indicazioni differenti”.
Tra meno di un anno in Piemonte si andrà a votare, ma aldilà di chi vincerà, il tema delle regioni è sempre più legato al loro peso in Europa: dai fondi dell’Ue alle infrastrutture. Al mondo delle imprese serve un Piemonte più in Europa?
“Oggi non si può prescindere dal contesto europeo. Tutti coloro che sostengono si possa agire fuori dall’Europa si crogiolano in chimere. Anche il Piemonte come macro regione europea, quindi nell’ambito perlomeno della pianura padana, può fare moltissimo. Le competenze della nostra regione, anche in quanto ricerca e sviluppo, hanno prospettiva molto forti. Ci piaccia o no, oggi l’Europa è una precondizione imprescindibile. Vogliamo migliorarla? Certamente. Però non possiamo dire: facciamo senza, perché senza Europa non andiamo da nessuna parte”.
Presidente Robiglio, cosa chiede alla politica?
“La capacità di capire che mai come oggi è importante dare forza alle imprese, alla ricerca e sviluppo, all’innovazione, per creare ricchezza e posti di lavoro”.