VERSO IL 2019

Chiamparino non tira, centrosinistra terzo

Mantenere il governo del Piemonte pare una chimera, ora l'obiettivo è non arrivare ultimi. I sondaggi registrano un (quasi) testa a testa con i Cinquestelle. La sindrome di Calimero del governatore e i timori che, all'ultimo, possa sfilarsi

L’importante non è vincere, ma evitare di arrivare ultimi. Ad impossibilia nemo tenetur, insomma. In Piemonte il centrosinistra deve riadattare la massima di de Coubertin al suo minimo storico in fatto di consensi guardando alla prossima competizione elettorale: le regionali che si terranno tra meno di un anno. E non sono davvero molti i mesi a disposizione del Pd e dei suoi alleati per cercare di colmare quella distanza che un sondaggio circolante da alcuni giorni stima tra i due e i quattro punti. Dal M5s però, mica dal centrodestra a trazione leghista di cui si prevede un risultato che, ad oggi, oscillerebbe sopra il 45%.

Detto brutalmente: secondo le intenzioni di voto della rilevazione datata 1 ottobre che qualche addetto ai lavori ha avuto modo di vedere, l’attuale maggioranza che governa il Piemonte arriverebbe attorno al 26% con il Partito Democratico stimato dieci punti in meno, quindi al di sotto dell’attuale media nazionale indicata più o meno da tutti gli istituti demoscopici. Al secondo posto pur con un notevolissimo distacco si piazzerebbero i Cinquestelle, certamente in calo, ma neppure poi così tanto se si considerano gli effetti potenzialmente negativi dell’amministrazione del capoluogo e la recente sconfitta sul terreno olimpico.

Pur presentando tutti gli elementi per far scattare ogni tipo di allarme in casa dem, il sondaggio resta, appunto un pur attendibile, ma mutabile termometro. Tant’è che ne è dato in preparazione un secondo entro la metà del mese e qualcosa potrebbe cambiare, anche se non difficilmente in grado di ribaltare il quadro. La nuova rilevazione, a quanto è dato sapere, sarà mirata soprattutto a misurare gli effetti delle misure economiche sulle intenzioni di voto nonché a valutare l’influenza della manovra di Governo e quindi il giudizio su Lega e Cinquestelle, affievolendo il peso anche mediatico della questione immigrazione, ancora prevalente negli umori dell’elettorato. Lo stesso approssimarsi della stagione invernale porta tradizionalmente a osservare con più attenzione i bilanci famigliari rispetto a items più emozionali.

Aspetti che inevitabilmente dovranno essere tenuti in debita considerazione nella definizione dell’imminente campagna elettorale. A partire dalla definizione del programma da sottoporre all’opinione pubblica. In tal senso, spiegano gli esperti, emerge con sempre maggior nettezza come temi di indiscussa importanza quali lo sviluppo legato alle grandi opere  – dalla Tav al Terzo Valico – abbiano un impatto inferiore tra l’intero corpo elettorale piemontese rispetto a quello stimato dalla politica. E questo è un aspetto su cui dovrà ragionare, in primis, il Pd: non certo per abbassare la guardia in difesa di infreastutture fondamentali per lo sviluppo del territorio, ma per allargare lo sguardo anche a quelle tematiche che più hanno impatto diretto e quotidiano sui cittadini. Insomma: bene tenere il punto sull’alta velocità e i collegamenti per la logistica, ma altrettanto indispensabile cercare di recuperare terreno su quelle infrastrutture minori come le strade e le linee ferroviarie utilizzate dai pendolari su cui l’azione della Regione non ha portato a risultati in grado di far mutare il giudizio critico (e spesso le proteste) degli utenti. Per non dire di quelle scelte operate nella Sanità, principale incombenza della Regione, che da una parte hanno prodotto forte malcontento in numerose realtà locali e dall’altra hanno provocato numerosi disagi (le annose liste di attesa). In più, forse, servirebbe cercare di spiegare meglio l’impatto che le grandi opere osteggiate dalla parte gialla del Governo avranno, se realizzate, sull’economia e quindi sul benessere anche dei piemontesi che non vivono nelle zone interessate ai tracciati.

Numeri o, comunque, tendenze di voto che seppur non inattesi accrescono interrogativi in casa dem. Uno di questi riguarda quell’atteggiamento da alcuni definito da Calimero (“Ce l’hanno tutti con noi”), che ultimamente connota l’approccio di Sergio Chiamparino rispetto all’esecutivo nazionale, ma anche di fronte a situazioni di crisi: apparire oggetto di marginalizzazioni, indulgere più o meno consapevolmente a una sorta di vittimismo non paga in termini di consenso. Anzi, molto spesso, induce l’elettore a negare la sua fiducia a chi brandisce la politica del piagnisteo.

Ovviamente sul Pd piemontese non può non pesare il trend negativo complessivo, magari attenuato in quello che resta dell’ormai svanito fortino della sinistra che fu, Torino. L’inversione di tendenza indispensabile per cercare di mantenere il governo del Piemonte, in verità, fino ad oggi non si è vista. Lo stesso allargamento del fronte annunciato da Chiamparino è, ad oggi, rimasto un punto di un’agenda non ancora attuata.

Forza Italia, al cui elettorato (almeno a una parte) avrebbe dovuto guardare l’allargamento chiampariniano continua a perdere consensi, ma a vantaggio dell’alleato leghista. Non si potrà poi dare questo significato aperturista alla visita del deputato azzurro Osvaldo Napoli agli Stati Generali delle infrastrutture organizzati da Chiamparino (con reciproche cortesie tra i due), vista piuttosto da più d’uno come il fantasma delle manovre per dividere il centrodestra poste in atto alle comunali del 2016 dall’ex sindaco di Giaveno, tornato in Parlamento.

È pur sempre un sondaggio con tutti i limiti, le riserve del caso e nei mesi a venire quei numeri e quell’ordine di arrivo potrebbero mutare. Insomma, come dice chi il sondaggio l’ha visto, il deputato Giacomo Portas, fondatore dei Moderati e attento indagatore delle viscere elettorali, “le cose possono cambiare”. Lui, sostenitore del Chiampa, ovviamente se lo augura. Come in molti anche tra coloro che ne hanno perorato la ricandidatura si augurano che Sergio alla fine non decida di sfilarsi. “Non credo abbia la vocazione del martire – commenta un alto esponente del Pd – però, chissà, magari alla sua veneranda età ha scoperto una generosità finora ben celata”. Più che un augurio, il tentativo di scacciare un timore, nessuno sa quanto fondato. 

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