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"L'acqua è già pubblica", parola del manager M5s

L'ad di Smat, nominato da Appendino, boccia il progetto di legge dei grillini a Montecitorio. Con la trasformazione delle società in aziende speciali consortili "rischiamo lo stop degli investimenti e maggiori ingerenze della politica" - DOCUMENTO

L’acqua è già pubblica e la trasformazione delle imprese che attualmente gestiscono il servizio idrico in aziende speciali consortili, come previsto dalla retorica Cinquestelle e dai Comitati per l’acqua pubblica, creerebbe molti più costi che benefici. Questa volta ad affermarlo è un manager di area grillina, Marco Ranieri, nominato amministratore delegato di Smat su indicazione di Chiara Appendino. La sua firma è in calce a un parere fornito dalla società alla deputata M5s Federica Daga, prima firmataria del progetto di legge sulle acque pubbliche, per il quale Montecitorio ha previsto un iter accelerato, assieme a quella del presidente Paolo Romano. Questa la premessa di Ranieri e Romano: “La gestione del servizio idrico integrato è un’attività di tipo industriale e deve essere affidata a imprese efficienti, tecnologicamente avanzate, con criteri di attenzione al sociale e in grado di finanziare cospicui piani di investimento: nel nostro paese esistono imprese pubbliche moderne ed efficienti (…) mentre nel contempo sono evidenti gli esempi di gestione diretta da parte di Amministrazioni pubbliche o di Aziende speciali che confermano significativi limiti nell’efficienza gestionale, nei livelli di qualità di servizio e nelle capacità di investimento”.

Meglio dunque andarci con i piedi di piombo. L’esperienza di Smat è tra le più virtuose d’Italia. Una società da 2,2 milioni di utenti, un piano di  investimenti di oltre 2,5 miliardi di cui un miliardo già eseguito e 1,5 da realizzare entro il 2033, senza chiedere alcuna garanzia ai soci, che anzi ottengono ogni anno un dividendo derivante dalla buona gestione. Per il 2018, per esempio, Appendino intascherà 7,5 milioni preziosi per chiudere il proprio bilancio. Le Aziende Speciali (unica forma di gestione prevista dal Progetto di legge dell’esponente grillina) “hanno l’obiettivo del pareggio di bilancio con l’implicito sostegno diretto da parte degli Enti Locali sia per l’attivazione degli investimenti, sia per il ripiano delle eventuali perdite di esercizio – si legge ancora nel parere di Ranieri –: tale situazione avrà come inevitabile effetto il blocco o la limitazione degli investimenti di cui il territorio ed il Paese hanno evidente bisogno”.

LEGGI IL PARERE DI SMAT

L’onorevole Daga sarà in collegamento  domani, alle 21, durante un incontro al Caffè Basaglia dove presenterà il suo progetto di legge, una iniziativa cui parteciperà anche la consigliera comunale Daniela Albano, prima firmataria di una delibera (figlia di una mozione dì indirizzo precedentemente approvata) che impegna la giunta a trasformare la Smat in consorzio.

Nel caso di Smat, le consguenze per gli oltre trecento Comuni soci potrebbero essere devastanti dal punto di vista finanziario: “La trasformazione di Smat in Azienda Speciale consortile può comportare la necessità di rimborsare subito l’indebitamento esistente pari a 382 milioni e di trovare adeguate garanzie per i nuovi finanziamenti (240 milioni per un totale di oltre 600 milioni) - affermano Ranieri e Romano -. Garanzie che ovviamente dovranno essere assicurate dai Comuni consorziati”.

Non solo. Tra gli effetti negativi di una trasformazione in consorzio c’è la “forte burocratizzazione degli atti con conseguente peggioramento dell’operatività”. I modelli proposti dalla parlamentare Cinquestelle, che sono gli stessi perseguiti dalla compagine pentastellata a Palazzo di Città “si prestano a maggiori ingerenze politiche” fanno notare i vertici di Smat. I quali poi tirano in ballo l’esempio dell’Asa di Castellamonte, dove il commissario straordinario ha chiesto 37 milioni ai Comuni consorziati per risanare un buco di 80 milioni che ha fatto andare gambe all’aria la società (di cui un ramo è stato acquisito proprio da Smat).

E dopo tutte queste premesse, la conclusione è scontata e assomiglia tanto a un appello a recedere dai propri intendimenti: “Si chiede che venga eliminato” dal provvedimento in fase di scrittura “l’obbligo di trasformazione di tutte le Società a totale capitale pubblico in Aziende Speciali, lasciando invariato l’attuale assetto” almeno “fino alla conclusione del periodo di affidamento, consentendo in tal modo di attuare il piano di investimenti già approvato dai Comuni Soci”.

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