La sparata sui negozi "etnici"

Fra le tante dichiarazioni senza costrutto dell’attuale governo si è aggiunta quella del vicepremier Salvini, che vorrebbe chiudere i negozi “etnici” alle 21 per presunti problemi di ordine pubblico. Forse il ministro dimentica che il compito di un ministro dell’Interno è proprio quello di mantenere l’ordine pubblico e tale dichiarazione è ammettere la propria incapacità. Naturalmente la trovata del ministro rientra nella solita strategia di questo governo di spararle grosse e poi non fare niente nel concreto, se non peggiorare la vita dei cittadini. È da notare che la volontà di chiudere i negozi etnici alle 21 sembra quasi inserirsi in una strategia volta a scoraggiare la gente a lavorare: fra chiusure domenicali, serali e reddito e pensione di cittadinanza, il messaggio di questo governo pare l’esaltazione dell’ozio.

Come ribadito in più di un’occasione siamo favorevoli alla totale liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali. Salvini fa presa su evidenti situazioni di degrado delle grandi città come Torino e Milano dove esistono strade o zone impraticabili per ragioni di sicurezza. Ma anche qui, più che un problema di etnia, è un problema di ordine pubblico. Se alcune zone delle città sono off-limits è perché non si è intervenuto in passato. Non possiamo non ricordare che alcune amministrazioni comunali per meri interessi di bottega, recuperare voti, abbiano favorito alcune situazioni di degrado, evitando di utilizzare la polizia municipale per fare controlli e non richiedendo l’intervento delle forze dell’ordine quando necessario. Se in un locale si spaccia droga che sia gestito da stranieri o da italiani poco cambia, l’importante è intervenire e se del caso chiuderlo.

Una siffatta proposta risulta nei fatti inapplicabile: come si fa a distinguere un esercizio commerciale etnico da uno italiano? In base ai titolari? Ai dipendenti? Al nome? Ai prodotti che si vendono? E i tanti ristoranti etnici si vuole farli chiudere alle 21? Che senso avrebbe? Si punirebbero gli immigrati con voglia di lavorare e di integrarsi. Un italiano che si mettesse a vendere spezie indiane sarebbe soggetto a simile normativa? Se parliamo di delinquenti, quanto ci metterebbero a trovare un prestanome italiano a cui intestare l’attività e bypassare la legge? E a rimetterci sarebbero i commercianti onesti, come spesso capita con delle leggi pensate per punire i furbi, che invece vanno a detrimento dei cittadini onesti. Bisogna evidenziare che in alcune città esistono situazioni di illegalità diffusa dove ci sono dei veri e propri mercati con decine di ambulanti abusivi con merce illegale: non sarebbe il caso di pensare di intervenire anche in queste situazioni?

Considerate le difficoltà di attuazione, la dichiarazione sembra fatta apposta per avere dei titoli sui giornali senza che abbia un seguito.

Non dimentichiamo che l’Italia è fra le nazioni occidentali quella che può vantare il maggior numero di appartenenti alle forze dell’ordine. Se esiste un problema di sicurezza o di criminalità le si usino.

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