PROFONDO ROSSO

Appendino non paga la bolletta, 200 milioni di debiti con Iren

Si accendono "a scrocco" le Luci d'Artista. Continua ad aumentare l'esposizione del Comune di Torino nei confronti della "sua" azienda. Sottoscritto un piano di rientro lacrime e sangue di qui al 2026. Fatture scadute da quasi vent'anni. L'irritazione degli altri soci

Ci sono fatture scadute risalenti al 2000 e che ancora non sono state pagate, una montagna di debiti che si è accumulata negli anni e che ora si para davanti a Chiara Appendino. Nei confronti di Iren, il Comune di Torino ha un debito di 193 milioni di euro, che nasce lontano, certo, ma che non si è ridotto durante questi due anni e mezzo di amministrazione pentastellata, soprattutto dopo che Piero Fassino, utilizzando i soldi del decreto 35, lo aveva riportato entro limiti accettabili.

Per questo, sulla spinta dei soci emiliani, tra giugno e luglio, Iren ha imposto alla sindaca un accordo transattivo che impone alla città un rientro di tutto lo scoperto entro il 2026, che dovrebbe andare di pari passo con una gestione più virtuosa delle scadenze che eviti di far accumulare nuovi debiti. Secondo quanto riportato nel documento, al momento della stipula, circa quattro mesi fa, Palazzo Civico aveva fatture scadute con Amiat (rifiuti) per 114,7 milioni più altri 31,7 milioni nei confronti di Iren Energia (luce), oltre a una serie di poste minori. Il totale fa 150 milioni. Ma non è finita. Rispondendo a una interrogazione del consigliere Pd Enzo Lavolta, infatti, lunedì l’assessore al Bilancio Sergio Rolando ha ammesso che il debito complessivo nei confronti di Iren, a metà ottobre 2018, è già diventato di 193 milioni, di cui 138 milioni con Amiat e 55 milioni con Iren Energia. Insomma le fatture continuano a scadere senza essere pagate. Rolando rivendica nell’ultimo anno una riduzione, sensibile, delle anticipazioni di tesoreria, passando dai 351 milioni dell’anno scorso ai 318 milioni di quello attuale e certamente questa rappresenta una boccata d’ossigeno per l’amministrazione.

Ora il problema si sposta sul bilancio dell’anno in corso giacché il piano di rientro stipulato con Iren prevede il pagamento di una prima rata entro il 15 dicembre da 25 milioni; dopodiché, a partire dal prossimo anno Il Comune dovrà versare 16,7 milioni fino al 2025, e poi chiudere i conti nel 2026 con l’ultima tranche.

La situazione è nota da tempo, basti pensare che la stessa Appendino se ne occupò in un post sul blog del Movimento in cui denunciava “un debito di 180 milioni di euro” del Comune nei confronti di Iren (questione di cui si occupò a suo tempo anche la Consob). In quello stesso post l’allora candidata sindaca annunciò anche l’intenzione di varare “un piano di rientro del debito per permettere a Torino di guardare con serenità al futuro” vista la fine ingloriosa di quelli già sottoscritti da chi l’aveva preceduta. Così è stato: ci sono voluti due anni e mezzo, il debito intanto è anche un po’ salito. Ora però la vera scommessa è se la Città riuscirà a far fronte alle rate previste dall’accordo.

L’esposizione di Torino nei confronti della “sua” azienda non solo appesantisce le finanze di Palazzo Civico (e di Iren stessa), ma indebolisce la città anche nei confronti degli altri soci, decisamente più virtuosi (i debiti di Genova sono inferiori ai 10 milioni, Reggio Emilia è fuori di 12,5, Piacenza di 5 milioni). Secondo Lavolta, già assessore all’Ambiente nell’ultima giunta Fassino, non è un caso, infatti, che tra i nuovi vertici di Iren Rinnovabili, una delle controllate della holding, che ha da poco rinnovato il cda, non ci sia neanche un esponente torinese. Un indebolimento nei rapporti di forza tra i soci che fa il paio con la vendita di un pacchetto azionario ingente, per mitigare gli effetti di un altro piano di rientro, quello dal disavanzo di 80 milioni certificato dalla Corte dei Conti.  

Al netto dell’esposizione con Iren, resta un preoccupante incremento tra il 2016 e il 2017 dei debiti complessivi nei confronti dei fornitori, passati da 366 a 434 milioni, una cifra che potrebbe aumentare ulteriormente per l’anno in corso. A questo proposito, ormai da alcuni mesi, non viene aggiornato lo stato debitorio del Comune e l’indicatore di tempestività dei pagamenti, fermo al primo trimestre dell’anno in corso.

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