ANTISFASCISMO

"Da Torino parte il riscatto del Paese"

Un segnale importante: una città che si batte per il suo territorio, per lo sviluppo. "Rispettiamo il carattere popolare della protesta", dice Delrio che oggi incontra il fronte del Sì. E da predecessore di Toninelli bacchetta il ministro: "Irresponsabile bloccare l'opera"

Indignados contro il populismo e la decrescita infelice, eredi dei Quarantamila del 14 ottobre 1980, sanculotti con pashmina e foularino di Hermes… I paragoni si sprecano nell’immaginare prima, temendo o auspicando un dopo, la manifestazione di domani a favore della Tav e contro chi la osteggia. Sono tutti azzardati e pericolosi, i paragoni.

“La manifestazione resti quello che è: uno scendere in piazza da parte della gente comune che si batte per il suo territorio, per lo sviluppo” dice e auspica Graziano Delrio.

Niente bandiere e niente cappelli messi, magari all’ultimo, su un qualcosa che anche per l’ex ministro oggi presidente dei deputati del Pd, è più di un segnale al Governo, al Paese. Per la Tav, ma non solo. E proprio per questo andrebbe preservata da sgomitate e inciampi in qualche improvvida corsa in avanti.

“Quando la società civile si mobilita perché ritiene che per lo sviluppo e il lavoro bisogna far sentire a propria voce è un fatto molto importante, che nessuno può sottovalutare”, spiega il predecessore di Danilo Toninelli, parlando con lo Spiffero a poche ore dal suo arrivo a Torino, dove in mattinata con il presidente della Regione e un gruppo di parlamentari dem incontrerà sindacati, imprenditori e i rappresentanti di quel fronte vasto che ventiquattr’ore più tardi manifesterà in piazza. Per molti sarà la prima volta.

E sarà anche la prima volta in cui, sia pur tardivamente, una parte di città nella sua espressione di establishment nel fare ammenda della scelta di affidare il governo di Torino a Chiara Appendino e ai Cinquestelle forse segnerà una cesura con il fronte del no, che non si esaurisce certamente nell’opposizione alla Tav. Su questo scenario resta, tuttavia, ancora un grosso punto interrogativo che domani potrà solo incominciare ad essere cancellato.

Molto dipenderà anche – pioggia permettendo – da quanto affollata sarà Piazza Castello, quanto non solo Torino, ma il Piemonte risponderà all’appello e quanto i partiti e i loro esponenti sapranno essere presenti senza, però, scivolare su rischiosi protagonismi. Delrio su questo è chiaro e torna a ribadire il concetto dicendo che loro, i dem, sono “molto interessati a che la manifestazioni conservi il suo carattere di forte segnale popolare in difesa del futuro di un territorio”. Un segnale che il capogruppo del Pd a Montecitorio non ha dubbi arrivi forte al Governo, anche se questo non significherà far cambiare idea alla parte di esso che ha nella Tav l’ultimo trofeo da poter mostrare al suo elettorato, ancor più perchè dato in calo dai sondaggi.

La manifestazione peserà sulla Lega da sempre a favore delle grandi opere, ma assai più timida sulla Torino-Lione il cui futuro continua ad essere affidato dallo stesso Matteo Salvini all’esito dell’analisi costi benefici. Una parte consistente di quel mondo che ha annunciato la discesa in piazza è bacino di voti del Carroccio. Un ceto produttivo cui non bastano la linea dura sull’immigrazione e gli annunci della flat tax, ma che forse più vicino alla Lega dei presidenti di Regione – da Luca Zaia ad Attilio Fontana – chiede a Salvini per la Tav anche solo la stessa decisione mostrata per le pedemontane del Veneto e della Lombardia.

Perché rischio di vedere bloccata, cancellata la Tav, “dalle parole che fino ad oggi hanno detto esponenti del Governo, è molto alto, sicuramente” ammette l’ex ministro delle Infrastrutture. Non avrà bisogno Delrio, questa mattina, di enfatizzarle le parole del suo successore al dicastero di piazzale di Porta Pia, così come quelle di Luigi Di Maio e, pure, della sottosegretaria torinese Laura Castelli. Nemmeno quelle della Appendino, ormai da tempo chiare, anche se meno urlate rispetto a quelle dei suoi compagni di partito: il senso e il peso è lo stesso.

Il rinviare il destino della Tav al verdetto della commissione “fantasma” voluta da Toninelli, ormai appare sempre più nascondere un proposito dietro una rinsecchita soglia di fico. “L’analisi costi benefici, come è noto, l’abbiamo già fatta sulla linea esterna, al massimo la si può un po’ affinare anche se abbiamo già tolto oltre tre miliardi – sottolinea Delrio –, ma il tunne è un tunnel, c’è una talpa che scava e non puoi certo modificare pendenza o dimensioni. O non si fa la galleria o se la fai il costo è quello”.

Anche le recenti dichiarazioni del ministro francese Elisabeth Borne, a pochi giorni dall’incontro con Toninelli previsto per lunedì, non sorprendono certamente chi allora anch'egli da ministro, con i francesi ha trattato a lungo: “Non c’è mai stato alcun dubbio da parte loro sull’opera. Io sono stato invitato in Francia agli Stati Generali della mobilità – ricorda Delrio – proprio perché avevamo fatto l’analisi costi benefici sulle tratte esterne che anche loro stanno ripensando, ma il tunnel non è mai stato oggetto di discussione”. E rimettere in discussione, ovvero cancellarla, un’opera come la Tav per l’ex ministro “sarebbe da irresponsabili”. Lo ripeterà stamani a chi quel giudizio lo condivide e per questo andrà in piazza domani.

“Ricostruiremo un po’ questa lunga storia, fatta di passaggi e discussioni che sono però serviti a rendere l’opera sempre più compatibile con lo sviluppo sostenibile. Credo vada ricordata anche tutta la fatica che si è fatta per arrivare fino qua” spiega l’ex ministro, convinto che “anche ricordare la storia serve a capire cosa si rischia di perdere”.

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