VERSO IL 2019

Chiamparino cresce, Pd al palo

La battaglia sulla Tav giova al governatore che risale nei sondaggi e guarda alle elezioni regionali con maggiore fiducia. Consensi a picco per i dem, impantanati nelle beghe congressuali. Una coalizione dai connotati più "civici"

La Tav fa viaggiare Sergio Chiamparino verso un evidente, anche se ancora difficilmente misurabile, recupero di consensi, ma sembra invece lasciare il Pd sulla banchina del binario morto. C’è anche questo risvolto, con la riproposizione di una certa quale alterità del governatore rispetto al suo partito e viceversa, nella vicenda a cui la manifestazione di sabato scorso ha dato impulsi e aspetti nuovi.

Il presidente della Regione è sempre più riconosciuto quale figura, anche simbolica, in grado di condensare le varie istanze in difesa della grande opera di collegamento ferroviario. Non a caso proprio quella di Chiamparino paladino della Tav, con in più la copertura mediatica datagli dal suo ruolo istituzionale, è una delle preoccupazioni maggiori del centrodestra e in particolar modo di Forza Italia, guardando a una campagna elettorale in cui la Torino-Lione, anche quale emblema dello sviluppo e della proiezione internazionale del Piemonte, sarà uno dei temi principali.

All’effetto positivo sul ricandidato alla presidenza della Regione per il centrosinistra non ne corrisponde altrettanto per la coalizione, proprio a partire dalla forza politica principale. La stessa manifestazione di piazza Castello, complice la doverosa attenzione a non andare in sovraesposizione, per non dire il cercare di mettervi almeno in parte il cappello, ha finito per lasciare ancora una volta il Partito democratico indietro e, per certi versi, distaccato da suo candidato.

Al netto della doverosa separazione del ruolo istituzionale da quello meramente politico, il cui confine peraltro è sempre assai mobile, tutto ciò non può che rimandare alla vecchia, ma non del tutto archiviata, idea dello stesso Chiamparino di un fronte ampio e civico – mai termine risulterà più calzante guardando le immagini della piazza – per cercare di mantenere il governo della Regione.

Lo stesso porre il sì alla Tav come discrimine non negoziabile per l’appartenenza alla futura coalizione, se da una parte può creare – e lo si dovrebbe scoprire presto – problemi con una parte della sinistra, dall’altra assomiglia molto a una delle chiavi per aprire a quel rassemblement cullato spesso come idea innovativa e magari vincente dal governatore. Il quale deve, comunque, fare anche i conti con quella che nel suo partito rischia di diventare una conta dolorosa e lacerante se non si troverà in fretta una soluzione per dare al Pd piemontese un nuovo segretario evitando le primarie.

Fino ad oggi è fallito ogni tentativo di trovare una figura che trovi tutti sostanzialmente d’accordo, come peraltro auspicato dallo stesso Chiamparino che sa bene come gli tornerebbe utile una soluzione del genere, magari anche a termine con scadenza dopo le regionali.

Ci proveranno, per l’ultima volta, giovedì in una riunione con tutte le anime del partito convocata dalla presidente del comitato di reggenza Giuliana Manica. Ci saranno anche i sostenitori del consigliere regionale Raffaele Gallo, la cui posizione fino ad oggi è sempre stata, anche rimarcata con documenti piuttosto perentori come quello presentato dal tesoriere Gioacchino Cuntrò, quella di procedere senza indugi verso il congresso e, quindi, verso le primarie.

Posizione che, forse, si sarebbe solo lievemente ammorbidita negli ultimi giorni, senza per questo significare un via libera a una candidatura unitaria. Semmai la dovessero accettare, secondo voci che si rincorrono in queste ore, il prezzo richiesto sarebbe quello di una rinuncia alla concessione di ogni deroga per i consiglieri arrivati al limite massimo delle legislature.

Fuori l’assessore Gianna Pentenero, fuori il presidente del Consiglio regionale Nino Boeti, così come una delle sue vice Angela Motta e pure fuori lo stesso vicepresidente della regione Aldo Reschigna. Chiamparino potrebbe digerire un simile diktat, fatto su misura per liberare posti altrimenti rioccupati da uomini e donne difficilmente superabili in fatto di preferenze?

Nel caso, non improbabile, di un nulla di fatto anche dall’incontro di dopodomani la strada sarà inevitabilmente quella verso le primarie, con Gallo già da tempo in pista e per l’area renziana allargata l’unico che da mesi si è detto disponibile, ovvero l’ex sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba. Quest’ultimo ha ribadito si essere pronto a farsi da parte nel caso si individui una figura unitaria. Di certo c’è il fatto che mentre la battaglia a favore della Tav fa viaggiare nei consensi Chiamparino, quella interna al partito finisce inevitabilmente per rallentargli la corsa.

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