GRANDI OPERE

La crisi Cmc piomba sul Terzo Valico

La cooperativa ravennate chiede il concordato preventivo: i ritardi di pagamento hanno appesantito la situazione finanziaria. E così rischia di compromettere l'aggiudicazione di un importante lotto dell'opera da 380 milioni. Problemi anche per la metro di Torino

La cooperativa Cmc di Ravenna, al quarto posto in Italia tra le imprese di costruzioni con un fatturato di 1,119 miliardi nel 2017, ha chiesto il concordato preventivo con riserva. Una notizia che piomba, con tutto il peso di possibili conseguenze negative, sul Terzo Valico. E riflessi negativi ci sono anche a Torino, sul completamento della metropolitana. Infra.To sta valutando l’ipotesi di sostituirsi alla Cmc per “sopperire ai mancati pagamenti verso i subappaltatori” e non fare accumulare ulteriori ritardi nei lavori della tratta Lingotto-Bengasi. Lo spiega la società, a proposito della richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva presentata dal gruppo cooperativo di costruzioni. “Attualmente - scrive Infra.To in una nota - i lavori proseguono con ridotte attività di cantiere a causa della situazione in cui versa Cmc. Infra.To sta seguendo con grande attenzione l’evolversi di questa situazione. È stato richiesto e fissato un incontro nel corso di questa settimana con i nuovi vertici dell'impresa e con i vertici del consorzio Integra con il quale è siglato il contratto”. Infra.To, inoltre, precisa che i pagamenti verso l’impresa riguardanti i lavori effettuati sono regolari. Una cosa è certa: se quando hanno iniziato a scavare nel 2012, la prospettiva era di arrivare in piazza Bengasi entro tre anni, oggi, fine 2018, il rischio è che venga ulteriormente procrastinata l'ultima deadline fornita dalla cordata Integra-Cmc - aggiudicataria dell'appalto - e cioè maggio-giugno 2021.  

La Cooperativa muratori e cementisti, i cui titoli quotati in Lussemburgo sono crollati negli ultimi tempi, è infatti in fase di aggiudicazione di un importante lotto dell’opera ferroviaria destinata a collegare il porto di Genova con la pianura padana: quello d'interconnessione Voltri e il completamento del Polcevera, da 380 milioni.

Della crisi di liquidità della grande azienda emiliana non erano mancati i segnali, così come evidenti le principali cause della crisi: nel primo semestre erano slittati pagamenti attesi, per lavori finiti, in corso o da avviare, in Italia e all’estero, per 108 milioni di euro, appesantendo la posizione finanziaria della società, mentre lo scorso 9 novembre la Cmc aveva comunicato che non avrebbe potuto pagare i bond a scadenza il 15.

Un crollo drammatico per la coop che aveva visto crescere il suo fatturato proprio negli anni della crisi con un balzo da 780 a 1.017 milioni nel 2012, mantenendolo poi stabile sopra il miliardo negli ultimi anni. Il portafoglio della Cmc aveva segnato una forte crescita nel 2017 e 2018, con nuove commesse tra cui quella per il Terzo Valico in Italia, facendola passare dai dai 3,425 miliardi del 2016, ai 3,728 del 2017 ai 4,66 al 30 giugno 2018. Bilanci sempre in utile, Ebitda margin al 14-15%, nel 2017 pari al 15,3%: dati che avevano potato la società a piazzarsi al quarto posto nella nella top 50 dei costruttori italiani.

Nonostante tutto ciò, la cooperativa denuncia gravissimi problemi di liquidità, che presto potrebbero trasformarsi in un altrettanto grave problema occupazionale, senza sottovalutare le conseguenze sulla realizzazione del Terzo Valico, di fatto bocciato dall’analisi costi benefici voluta dal ministro grillino Danilo Toninelli, ma che verrà realizzato anche per le fortissime pressioni della Liguria e del Piemonte, nonché per l’impegno assunto in prima persona da Matteo Salvini ben conscio del fatto che una bocciatura dell’opera avrebbe come primo effetto la crisi della maggioranza di centrodestra che sostiene Giovanni Toti, irremovibile sulla necessità dell’opera.

Immediata la reazione dei sindacati. La Fillea Cgil Piemonte, con il suo segretario regionale Massimo Cogliandro punta senza esitazione l’indice contro il Governo. “Quello della crisi di liquidità delle grandi imprese è uno dei temi fondamentale di questo Paese. Abbiamo grandi imprese che stanno vincendo gli appalti in una fortissima crisi di liquidità. E questo è uno dei motivi per cui abbiamo chiesto il tavolo di crisi a Palazzo Chigi, così come al ministero da mesi. La verità – spiega il sindacalista degli edili – è che questo Governo, peggio di qualunque altro, si muove sulla base dei sondaggi: è corso a convocare le madamine quando ha percepito una piazza ogni aspettativa, ma su temi veri continua ad essere distante”.

Mentre stanno ancora aspettando la convocazione del tavolo di crisi, le organizzazioni sindacali evidenziano come non si tratti di un caso isolato o di pochi: “è una crisi di sistema. Parliamo di imprese che vincono gare, ma sono vittime di una stretta bancaria. Occorrono provvedimenti per superare la crisi di liquidità e poi strategie in grado di intervenire in maniera strutturale”.

L’accusa al Governo, in particolare alla sua componente grillina, Cogliandro la spinge lungo la strada del sospetto: “Non vorrei che qualcuno si auguri ci sia un problema come questo che possa far fermare alcune grandi opere, ottenendo quel che vuole senza assumersene la responsabilità. Un fatto è certo: il Governo su questi temi non interviene”. 

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