VERSO IL 2019

Centrodestra, pressing su Crosetto

Sul suo nome non ci sarebbero problemi, ma il gigante di Marene pare non ne voglia sapere. Cirio pronto al passo indietro in caso di rinvio a giudizio per Rimborsopoli. Zangrillo fa muovere i suoi lacchè, mentre salgono le quotazioni della Porchietto

Tra il “facciamo presto” di Giorgia Meloni e la melina di Matteo Salvini, Forza Italia resta nella tenaglia sulle regionali, probabile anticipo di quella cannibalizzazione degli azzurri: un po’ sul Carroccio ormai tricolore, un po’ nel suo nuovo e crescente soggetto sovranista ormai in concreta realizzazione da parte della leader di Fratelli d’Italia. Con ancora da sciogliere il nodo sulla candidatura alla presidenza dell’Abruzzo, contesa da Forza Italia, la Meloni preme sull’acceleratore per un incontro a brevissimo attorno all’ormai famoso tavolo e una decisione definitiva. Il Capitano, da parte sua dimostra ancora una volta, sondaggi alla mano, di non avere fretta: intanto più passa il tempo più il borsino leghista sale. Anzi – e qui entra a pieno titolo nella questione il Piemonte – l’idea del vicepremier sarebbe addirittura quella di chiudere sì, non facendo oltremodo irritare l’alleata, ma soltanto sulle due Regioni per cui si voterà prima, come appunto l’Abruzzo e la Sardegna, procrastinando l’applicazione del manuale Cencelli in versione centrodestra più avanti per gli enti dove i seggi si apriranno più in là, in primavera inoltrata, come in Piemonte.

Ipotesi da far rizzare i capelli e, soprattutto, le antenne dalle parti di Arcore e nelle propaggini del fu impero berlusconiano: nessuno ci sta a fare il serpente con Salvini che suona: fin troppo chiaro immaginare il leader leghista che, incassato il primo risultato, rimescola le carte e magari quella Regione destinata a Forza Italia, non lo sarebbe più.

Si decide per tutte insieme: il mantra azzurro, che sa tanto di supplica. Ma che, alla fine, potrebbe anche trovare tutti d’accordo, ovvero il via libera della Lega. “Mica possiamo correre il rischio di arrivare all’ultimo giorno senza avere scelto i candidati” ha mandato a dire, tramite intervista, la Meloni. Probabilmente il tavolo potrebbe tornare ad apparecchiarsi se non questa, più probabilmente la prossima settimana, anche perché spingersi ancora significherebbe ritrovarsi la sera di Natale. L’eventuale rinvio delle decisioni circa le Regioni al voto in primavera, non può che inquietare i forzisti piemontesi i quali, tuttavia, avrebbero forse qualche problema anche nel caso di un’accelerazione repentina, come quella sollecitata dalla leader di Fratelli d’Italia.

Il sondaggio chiesto dal Cav per testare nomi noti e da tempo in lizza per opporsi a Sergio Chiamparino, ma soprattutto anche qualche ancora misteriosa figura della società civile, testimonia come lo scenario in casa azzurra sia tutt’altro che definito.

In più da annotare con attenzione le parole spese, con alcuni dei suoi, in questi giorni da colui che da tempo è il candidato in pectore (soprattutto per gli endorsement ripetuti ed eclatanti di Antonio Tajani e del Cav), ovvero l’europarlamentare Alberto Cirio.

Pur dicendosi convinto che la sua posizione che lo vede indagato nell’inchiesta sulla Rimborsopoli sarà chiarita a suo favore, senza dover attendere un eventuale processo, Cirio ha spiegato che nel malaugurato caso venisse rinviato a giudizio non si candiderebbe. Una dimostrazione di serietà, fuor di dubbio. Ma anche la rappresentazione – degna di un incubo per il diretto interessato – di uno scenario che, ad oggi, nessuno può escludere.

L’inchiesta è alle battute finali, ma non si può escludere che i magistrati nei prossimi giorni, alla scadenza possano chiedere un prolungamento e questo significherebbe lasciare ancora nel limbo tutte le posizioni, compresa quella di Cirio. È peraltro possibile, come egli stesso si dice convinto accadrà, una richiesta di archiviazione, di fatto il via libera alla candidatura. Ma se la decisione dei magistrati dovesse essere quella di mandarlo a processo, l’europarlamentare direbbe addio al sogno ormai prossimo a potersi avverare. E lo farebbe motu proprio e non per imposizione di chicchesia.

Tutte queste eventualità sono sul tavolo. E se qualcuno non le avesse messe in conto, ci aveva pensato nell’ultima riunione proprio la Meloni a ricordare, a mò di avvertimento che “se mettete in discussione i miei candidati in Abruzzo, io metto in discussione i vostri incominciando da Cirio”, rammentando la vicenda giudiziaria.

Messe così le cose e non potendo tutte dipendere solo dalla politica, un piano b in casa azzurra è più che naturale venga approntato. Potrebbe risultare utile, a questo punto il sondaggio ancora avvolto in un’aura di mistero, a partire dalla sua esistenza messa in dubbio dai supporter di Cirio.

Potrebbero, pure, riprendere quota nomi mai del tutto archiviati, incominciando da quello della deputata Claudia Porchietto (indiscutibile punto di forza per superare il gap del centrodestra nell’ambito torinese e spina nel fianco per le aperture di Chiamparino a quel mondo delle imprese cui lei appartiene e conosce come pochi altri). Oppure spuntarne come conigli dal cilindro altri sul cui appeal al di fuori della stretta cerchia dei politici, molti nutrono non aleatori dubbi, come nel caso del coordinatore regionale Paolo Zangrillo, il fratello del medico personale di Berlusconi, paracadutato, blindato ed eletto in Parlamento e poi posto alla guida del partito: una figura debole, non propriamente un temibile avversario del Chiampa, anzi.

Tutto questo scenario è ad oggi, possibile, sempre che resista il patto che affida a Forza Italia il candidato alla presidenza. E che Forza Italia riesca ad esprimerlo senza lasciare sul terreno feriti o compiendo scelte affrettate, per non dire obbligate. Ecco perché, secondo alcuni ci sarebbe anche un piano C, come Crosetto. “Guido candidati tu” si è sentito chiedere più e più volte negli ultimi mesi, l’ex sottosegretario alla Difesa e coordinatore nazionale di FdI. Su di lui sarebbero pronti ad alzare il pollice tutti gli alleati della coalizione, ma lui ripete che la cosa non esiste. Ormai di fatto romano, un incarico di prestigio (e redditizio) al vertice dell’associazione delle industrie della difesa, l’aerospazio e la sicurezza, probabili altri in arrivo e un seggio in Parlamento che ha detto di voler lasciare. Le sue dimissioni, come prassi, nei mesi scorsi erano state respinte. L’altro giorno alla capigruppo della Camera il nome del gigante di Marene è stato di nuovo pronunciato. Molti non vi hanno prestato attenzione, ma qualcuno ha inteso bene la rinnovata richiesta di dimissioni. Non è stata ancora calendarizzata, ma c’è. E, sempre da prassi, il secondo voto dovrebbe ratificare l’addio da Montecitorio da parte dell’ex sottosegretario. Un abbandono per dedicarsi alla sua attività professionale, come lui spiega da tempo, oppure il riservista Crosetto ha pronta la mimetica nel caso gli venga chiesto di guidare le truppe nel suo Piemonte?

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