GLORIE NOSTRANE

Tutti corteggiano il madaMino SìTav

Non troppo amato dallo stato maggiore piemontese di Forza Italia, Giachino ha molti estimatori tra i militanti di base e nella Lega. Persino nel centrosinistra c'è chi lo vedrebbe bene alla guida di una lista a sostegno di Chiamparino. Ma lui punta su Salvini

“Se Parigi val bene una messa, la Tav val bene una crisi di governo”. Più che una previsione, quella di Mino Giachino, pare un auspicio. Prendere due piccioni con una fava: far fuori quei noTav-notutto dei grillini spianando la strada per un governo di centrodestra e “soprattutto portare a casa un’opera irrinunciabile”.

L’ex sottosegretario ai Trasporti con Silvio Berlusconi dal 2008 al 2011, da un po’ di tempo finito in un cono d’ombra dove quasi nessuno dei maggiorenti azzurri si è mai premurato di accendere la luce e poi assurto, legittimamente, alle cronache come il principale protagonista della manifestazione del 10 novembre scorso che ha riempito piazza Castello, non rinuncia a osare. È tornato a farlo ieri nel corso dell’assemblea di Sìlavoro-SìTav, il comitato da lui presieduto, annunciando che “se la scombiccherata analisi costi benefici dirà no alla Torino-Lione scenderemo in piazza in tutte le città, chiederemo ai sindacati di proclamare uno sciopero generale e a Matteo Salvini di provocare una crisi di governo".  

L’uomo, messo in un angolo dai suoi colleghi di partito in Piemonte, che smentendo l’immagine dei berluscones (pure seniores, avendo lui 73 primavere) indietro quanto ad uso dei social è riuscito a raggiungere la quota record di 106mila adesioni di Change.org – “sono in grado di contattare e informare ciascuno di loro con un clic” – piaccia o meno (soprattutto agli appena citati compagni azzurri) si è guadagnato apprezzamenti (e anche qui brilleranno assenze casalinghe) e quell’attenzione che aumenta in maniera esponenziale con l’avvicinarsi delle urne, come nel caso delle prossime regionali.

“Gli amici mi dicono: Mino, usa il patrimonio che ti sei costruito in questi mesi. Ci penserò –  spiega lui –. Per adesso voglio far crescere le contraddizione nel governo, portare a casa il risultato”. Di un Giachino con la strada spianata verso l’assessorato ai Trasporti di una futura giunta regionale di centrodestra parla chi non fa parte di coloro che lungo quella strada seminerebbero volentieri un bel po’ di ostacoli. Sempre il solito fuoco amico, s’intende.

Quello che, in una strategia non ben comprensibile, finisce per alimentari scenari che il diretto interessato esclude, ma che da qui alla presentazione delle liste potrebbero rivelarsi assai meno fantasiosi. “Il complimento di Sergio Chiamparino me lo prendo tutto, a caratteri cubitali” dice Giachino, nel colloquio con lo Spiffero in cui anche a volerle tenere nascoste (cosa che ben si guarda dal fare) saltano fuori quelle ruggini con una buona parte della nomenclatura locale del suo partito.

Chiamparino in una nota ufficiale aveva commentato l’incontro con l’organizzatore della piazza Sì Tav dicendo di aver “apprezzato il lavoro” dell’ex sottosegretario, “risultato assai significativo, per l'organizzazione della manifestazione del 10 novembre, che sicuramente ha cambiato il clima intorno alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione”.

Il berlusconiano messo nel limbo dai suoi potrebbe seguire il consiglio degli amici e farsi una lista sua e poi, magari chissà, schierarsi proprio con il Chiampa con cui condivide la difesa senza se e senza ma della Tav? “Ma no, lo escludo” risponde lui, ribadendo la sua convinzione: “Per fare la Tav bisogna avere la Lega al governo del Piemonte. Guardate Luca Zaia come ha fatto per la Pedemontana in Veneto. Il rapporto con Salvini, che io ho incontrato, è fondamentale” rimarca Giachino, lasciando presupporre l’eventualità che la decisione finale sulla Tav sarà dopo le elezioni, “o dopo la fine di un governo che potrebbe terminare proprio su questo punto”.

Ma se il punto, per l’ex sottosegretario, è appunto questo, ce n’è un altro che riguarda lui e il suo partito. La prima telefonata di complimenti l’aveva ricevuta dalla capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini, quando ancora la piazza era piena. Poi arrivarono quelle di Gianni Letta e di Giovanni Toti e poi “è arrivata anche quella del Presidente”, ricorda Giachino ben consapevole che nella lista non c’è neppure uno dei parlamentari piemontesi azzurri.

Un’altra telefonata, però, c’era stata prima: “sotto i portici mentre in Consiglio comunale si votava l’ordine del giorno contro la Torino-Lione, i no tav mi gridavano Giachino vai via da Torino. Io avevo già in mente di fare la manifestazione con gli industriali. E infatti ci vediamo in Unione il 2 novembre, invito anche le madamine”. Mentre sta per entrare nell’ufficio del presidente dell’associazione datoriale Giachino sente squillare il cellulare: è il coordinatore regionale di Forza Italia, Paolo Zangrillo. Avvertito da un paio di parlamentari che “quella di Mino è una genialata”, il fratello del medico personale del Cav invita Giachino alla riunione che di lì a qualche giorno si farà per organizzare la manifestazione con Antonio Tajani. Salvo poi manifestare ai quattro venti irritazione per l’eccessivo (a suo dire) protagonismo del suo compagno di partito.

I tempi stringono, chi forse ha sottovalutato l’iniziativa dell’ex sottosegretario corre ai ripari. Ma lui da via Fanti esce con a data: 10 novembre. Quel giorno la piazza si riempirà in maniera che pochi o forse nessuno immaginava. “Ma è sbagliato chiamarla piazza delle madamine. Intanto non è così. E poi si svaluta il significato e il messaggio di quella manifestazione”, dice l’uomo con cui il Cav avrebbe consigliato al nuovo coordinatore regionale di andare d’accordo. E che, dopo aver incontrato il leader del Carroccio, è pronto a chiedergli di aprire una crisi di governo, nel caso serva per difendere la Tav.

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