La verità di D'Alema

Ogni qualvolta che Massimo D’Alema parla e riflette pubblicamente, segue la solita polemica e gli ormai scontatissimi attacchi personali e politici. Un film ormai troppo noto per essere descritto. Certo, in un clima politico fatto prevalentemente da molti nani, quando parla un gigante, cioè un leader, è persin ovvio che si scatena l’invidia e l’attacco. Detto questo, e al netto di chi apprezza molto e chi disprezza profondamente l’ultimo leader della sinistra italiana, veniamo al merito. Durante il dibattito per festeggiare la rivista "Italiani Europei", D'Alema ha fatto anche qualche riflessione sul futuro della sinistra italiana e ha detto, tra molte altre cose, tre cose fondamentali. Del resto riportate da alcuni organi di informazione e da svariati Tg nazionali.

Cosa ha detto, dunque, D’Alema? Innanzitutto che si deve votare alle primarie del Pd il candidato Zingaretti. In secondo luogo che alle prossime elezioni europee va organizzato un listone unico dei progressisti. In ultimo che va ricostituito al più presto, dopo il devastante voto del 4 marzo e le ripetute sconfitte rimediate in tutte le consultazioni elettorali che lo hanno preceduto dopo il voto europeo del 2014, una forza di sinistra democratica e riformista.

Tutto qui? Sì, tutto qui. Apriti cielo. Sono bastate queste semplici tre riflessioni, ovviamente motivate e ragionate, per scatenare un putiferio nel Pd che, detto tra di noi, continua a scendere progressivamente ed irreversibilmente in tutti i sondaggi dopo il voto, già basso, delle recenti elezioni politiche.

Ora, non tocca certamente a me, cattolico democratico e popolare, entrare nel merito di queste riflessioni. Mi limito ad una sola considerazione. Si può pensare tutto ciò che si vuole di D’Alema e del suo lungo magistero politico, culturale ed istituzionale. Ma un dato è certo. Dopo il voto del 4 marzo, dopo la sostanziale scomparsa del Partito democratico, dopo il tramonto della sinistra, dopo le ripetute sconfitte elettorali a livello locale e nazionale, dopo la dispersione e lo sbandamento della cultura e del pensiero di una sinistra riformista e democratica, come si può mettere in discussione la proposta di “ricostruire” e “rifondare” la sinistra italiana? Nascerà una sorta di Ds 2.0? E anche se fosse così, e sarà così, dove sarebbe la novità? Del resto, il voto del 4 marzo - come tutti sanno da mesi - ha segnato anche il ritorno delle identità in politica. Dalla destra al cattolicesimo politico, dal populismo antisistema al massimalismo della sinistra tradizionale. E la cultura e il pensiero della sinistra riformista dovrebbe rimanere a bordo campo?

Diciamocela tutta. L’unico elemento curioso, al riguardo, è quello che viene avanzato da tutti quegli ultrà renziani - pardon, ormai ex renziani dopo l'ultima sconfitta elettorale - che dopo aver esaltato il “capo” per lunghi cinque anni, da Martina in poi anche se l’elenco sarebbe lunghissimo a partire da Torino e dal Piemonte, e che adesso allegramente e spensieratamente annunciano con candore encomiabile che la sinistra va ricostruita al più presto. Con la solita litania, ormai insopportabile perché ipocrita, di ripartire dagli “ultimi, dai poveri, dai ceti più disagiati e dalle periferie”. Una litania, appunto, insopportabile. Purché, e qui sta il punto, la proposta di “ricostruire la sinistra” non venga avanzata da D’Alema. Certo, è curioso che possano avanzare questa proposta tutti coloro che per lunghi cinque anni, lo ripeto, hanno osannato Renzi e il renzismo e ora, con una spregiudicatezza professionale, si pongono come i paladini della nuova sinistra italiana. E poi si lamentano se i sondaggi del Pd continuano a crollare...

Comunque sia, D’Alema ha soltanto anticipato - almeno questa è la mia convinzione - ciò che accadrà nei prossimi mesi dopo le primarie di marzo del Pd. Rinascerà un partito di sinistra nel nostro paese e, con altre forze riformiste e democratiche - a cominciare da un centro dinamico di radice cattolico-democratica e popolare - si potrà ricostruire un campo politico competitivo con altri schieramenti. Cioè ricostruire una alleanza. Come è sempre stato nella storia democratica italiana. D’Alema ha avuto il torto di anticiparlo. Ma, essendo un leader e non un comprimario, non poteva, credo, fare diversamente.

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