POLVERE DI (5) STELLE

Torino divisa come prima, "Appendino non ascolta la città"

J'accuse della Cgil. Dopo due anni e mezzo di amministrazione grillina, il capoluogo "vive in una bolla" e la distanza tra il centro e la periferia è immutata. Una giunta sorda ai bisogni dei cittadini che non dialoga con i corpi sociali

Ricordate la Torino divisa in due, quella delle code davanti ai musei contrapposta alle file davanti alle mense dei poveri? Una città separata al proprio interno, che vedeva allungarsi la distanza tra il centro scintillante e le periferie sempre più marginali e degradate. Un’immagine efficace e per molti versi fondata che è stato il cavallo di battaglia della campagna elettorale di Chiara Appendino, un atto d’accusa che ha consentito all’allora candidata sindaco di attrarre una fetta importante di consenso da quella sinistra che non si sentiva più rappresentata da un Pd incestuoso con l’establishment, incarnato dalla figura di Piero Fassino.

A distanza di poco più di due anni, proprio tra chi ha ascoltato senza pregiudizi quella denuncia, arrivando in taluni casi a sostenere apertamente il ricambio a Palazzo civico, sull’onda della contestazione al famigerato “Sistema Torino”, chiede conto ai nuovi governanti. E, senza troppi giri di parole, esprime non solo delusione per l’occasione mancata, ma giunge a stilare un bilancio severo proprio sul principale impegno: quello di ricomporre la frattura sociale.

A puntare il dito contro la prima cittadina pentastellata è stata oggi Enrica Valfrè, segretaria generale della Cgil di Torino secondo cui il capoluogo piemontese “sembra vivere in una bolla”. “È una città che ha fatto emergere la frattura fra centro e periferia e non è stata in grado di ricomporla. C’è una grande responsabilità della politica e di chi governa la nostra città” ha affermato Valfrè nel suo intervento al congresso dello Spi – il sindacato dei pensionati – in corso al Lingotto. “Un’amministrazione che non ascolta la città e le rappresentanze sociali, non sceglie”. Un giudizio severo che arriva proprio da quella sinistra su cui Appendino aveva fatto affidamento in campagna elettorale e che ora non lesina critiche alla sua gestione. Insomma, se è facile indicare lo strappo, molto meno lo è ricucirlo.