PAROLE, OPERE & OMISSIONI

"Il referendum sono le elezioni" Forza Italia ammonisce Salvini

I berluscones fiutano la fregatura: la consultazione popolare sulla Tav serve far prendere tempo alla Lega e rappresenta un formidabile assist a Chiamparino. Che infatti non solo la cavalca ma riceve pure il sostegno dei colleghi Fontana e Zaia

Il leader del partito che nacque e fece la sua fortuna al Nord oggi impastoiato dall’alleanza con i Cinquestelle che sulla Tav cerca una via d’uscita prefigurando una consultazione popolare, viene scavalcato dal presidente piddino del Piemonte che sulla Tav chiama con ancora maggior forza il referendum e, soprattutto, ne individua i confini nel Nord.

In questo rilancio c’è il racconto della mutazione salviniana del Carroccio, con tutti i sui vantaggi in termini di consenso, ma anche tutti i sui limiti nell’interlocuzione con quell’elettorato storico delle imprese, delle partite iva, insomma del mondo produttivo che rifugge come la peste le tesi grilline, a partire dal no alla Torino-Lione. E c’è tutta la difficoltà del Capitano di non rompere con Luigi Di Maio prima delle europee, boa che il leader della Lega cerca di doppiare proprio con il referendum e i tempi non brevi per un suo svolgimento.

Ma il colpo più pesante, sia pure di avvertimento, Matteo Salvini lo riceve dall’alleato azzurro: “Ottima l'idea di aprire al referendum – osserva il capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale Andrea Fluttero – il mio consiglio però è: non sprechiamo soldi pubblici, il referendum saranno le elezioni regionali. Il centrodestra, che è l’unico schieramento omogeneo anche su questo tema, vince e l’opera si fa".

Il ragionamento di Fluttero non farebbe una grinza se proprio Salvini sulla Tav avesse usato lo stesso approccio e lo stesso decisionismo applicato ad altre infrastrutture contestate dai grillini e, allargando il campo, anche ad altri temi in cui da ministro dell’Interno e capo della Lega ha tenuto testa agli alleati di Governo.

Questo al capogruppo azzurro a Palazzo Lascaris non sfugge e nel suo appello a individuare il voto di maggio come quello a favore della Tav per il centrodestra si legge chiaramente come una vittoria alle regionali sarebbe possibile solo superando prima ogni dubbio sulla Torino-Lione e presentandosi così all’incasso del consenso dei piemontesi per una promessa mantenuta.

Insomma, ai berluscones è chiaro il tentativo dell’azionista di maggioranza del centrodestra di allungare il brodo almeno fin dopo le europee, che in Piemonte coincideranno con le regionali. Perché è altrettanto chiaro che nel caso i tentennamenti salviniani dovessero andare avanti per mesi, allora sì il voto regionale sarebbe un referendum. Che boccerebbe chi non ha avuto forza o volontà di imporsi sui Cinquestelle, favorendo non poco nella competizione Chiamparino e quel vasto fronte del Sì che il governatore interpreta con sempre più evidenza, fuori dagli stretti confini dei partiti.

“Se il Governo dirà no io proporrò che si faccia un referendum e che, se possibile, lo si faccia in tutto il Nord Italia", ha rilanciato il presidente del Piemonte, trovando di fatto l’appoggio del suo omologo leghista che guida la Lombardia: “Io ribadisco di essere assolutamente favorevole alla Tav. Se questa è una strada da percorrere affinché si possa arrivare alla soluzione – ha affermato Attilio Fontana – mi va bene. Così come abbiamo fatto con l'autonomia: con il referendum abbiamo smosso le acque. Se viene ritenuto un passaggio fondamentale, sono d'accordo". Stesso discorso da parte di Luca Zaia, governatore del Veneto: “Non ho nessun problema ad andare al referendum, se referendum sarà. È sempre giusto che i cittadini dicano la loro. Se fare il referendum significa andare al vedo bene, si faccia. Una consultazione sarebbe una fatica in più, visto che dalle nostre parti c’è un’attenzione favorevole unica sulle grandi opere. Tuttavia, se servisse, avanti tutta!”. 

Un asse quello con il governatore lombardo non certo ininfluente per Chiamparino che commentando le attese decisioni del Governo ha osservato come “non mi stupiscono le indiscrezioni che attribuiscono all’analisi costi-benefici un giudizio negativo. Conosco da tempo le convinzioni del professor Marco Ponti e del suo gruppo sul tema. Comunque – prosegue il governatore piemontese – ora il Governo non ha più alibi. Caduta la foglia di fico, cioè l’analisi costi-benefici utilizzata per allungare il brodo e arrivare alle elezioni europee senza una decisione, l’esecutivo finalmente decida”. E se la decisione sarà un no alla Tav, il Chiampa ha già pronta la risposta: “Chiederò io al Consiglio regionale di indire un referendum consultivo al quale, se vorranno, potranno unirsi i Consigli di Veneto, Lombardia, Liguria, Valle d’Aosta, in modo da organizzare una grande giornata in cui il nord Italia si pronunci sulla Tav”. E mentre pressioni nei confronti del Governo arrivano, oltre che dal mondo delle imprese anche dai sindacati con la Cisl che invoca una decisione rapida e positiva per la Tav che “è un'infrastruttura che serve al territorio e al Paese e riguarda soprattutto il futuro delle nuove generazioni”, è la mossa del capogruppo di Forza Italia in Regione a mettere la Lega di fronte a scenari che potrebbero essere pesantemente negativi nel caso in cui Salvini non assumesse una posizione, finalmente, decisa e risolutiva.

“Nel caso si facesse il referendum prospettato dal leader della Lega ci vuol poco a immaginare Chiamparino alla guida dei comitati del Sì”, osserva Fluttero. “Il risultato sarebbe offrire all’attuale presidente il vessillo della battaglia per la Torino-Lione portandolo, prima della consultazione popolare, a mettere a frutto tutto questo nelle urne per le regionali”.

L’obiettivo di Forza Italia è quello di indurre la Lega “ad essere determinata come lo è stata in altre circostanze” e decretare la continuazione della Tav prima delle elezioni. Nel caso questo, Salvini non lo volesse o potesse fare, “meglio andare al voto compatti con una Lega chiaramente e senza alcuna ombra di dubbio schierata a favore dell’opera”. Con il rischio di vedere molti non fidarsi di una promessa.