RESA DEI CONTI

Eletti Pd con il braccino corto, campagna elettorale a rischio

Alla vigilia delle urne scoppia il caso di parlamentari, consiglieri e assessori regionali che non versano il contributo al partito. Saitta e Viotti non hanno scucito manco un euro. Il tesoriere Borioli: "Ci sono alcune criticità che dovremo valutare"

Se le urne del Pd sono sempre più vuote i conti correnti vanno ancora peggio. Una brutta gatta da pelare per il neo tesoriere piemontese Daniele Borioli, che dopo gli adempimenti amministrativi sta cercando di districarsi tra conti correnti, bonifici effettuati e soprattutto quelli mancati. Perché il buco arriva proprio da lì: dai mancati contributi degli eletti e sul banco degli imputati neanche a dirlo ci sono già finiti parlamentari e consiglieri regionali. Alcune situazioni sono ormai “patologiche”, nel senso che si trascinano da anni senza che la precedente governance sia mai riuscita a convincere i diretti interessati a metter mano al portafogli, altre vengono derubricate come “critiche”, ma comunque gestibili, sotto controllo.

Ma di chi sono le braccine più corte di tutto il Pd? Una situazione ormai cronicizzata riguarda chi, per ruolo, di cronicità si occupa quotidianamente, ovvero l’assessore alla Sanità Antonio Saitta. Lui, da quando è stato nominato nella giunta di Sergio Chiamparino, non ha mai versato neanche un euro e calcolando in circa 600 euro al mese la quota di sua competenza i calcoli per gli arretrati sono facilmente deducibili. Nella sua medesima situazione anche l’europarlamentare un tempo civatiano, oggi supporter di Maurizio Martina, Daniele Viotti. Come Saitta, anche lui non ha mai versato il contributo da quando nel 2014 è stato eletto a Strasburgo. «Do 1.400 euro al mese al partito nazionale» replica Viotti. L’altra europarlamentare piemontese Mercedes Bresso pare ben più generosa col Pd: ferma restando analoga contribuzione del collega al partito nazionale, infatti, Bresso ha afittato una stanza in via Masserano per due suoi collaboratori, contribuendo alle spese per la sede del partito piemontese, e poi, sempre secondo i contabili, avrebbe iniziato a dare un contributo mensile da quando è stato approvato il nuovo regolamento regionale nel 2017 che regolamenta le elargizioni “volontarie” degli eletti.

È un ginepraio in cui Borioli sta iniziando ora a districarsi: “Entro una settimana dovrei avere le idee più chiare, per ora posso dire che ci sono alcune criticità”. Criticità non da poco se è vero che solo i mancati versamenti dei consiglieri regionali ammontano complessivamente a una cifra intorno ai 100mila euro. La campagna elettorale è alle porte e molti componenti del parlamentino piemontese hanno intenzione di ricandidarsi: altra corsa altre spese e a qualcuno fa comodo mettere un tesoretto da parte, il partito capirà e poi magari se le urne sorrideranno ci sarà tempo e modo di mettersi in pari. Un ragionamento nella testa di molti ma che cozza con la necessità del partito di investire risorse per la propria di campagna elettorale e per questo c’è chi vorrebbe che vengano ricandidati solo coloro che si mettono in pari prima delle urne. Una discussione che di politico ha ben poco ma che a giudicare dai toni di alcuni rischia di tenere banco a lungo nelle prossime settimane.

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In seguito alla pubblicazione dell’articolo, l’europarlamentare Viotti precisa: “Il regolamento che prevede il versamento della quota al Partito Democratico regionale anche per i parlamentari europei è in vigore dal 2 dicembre 2017, quindi gli ipotetici ammanchi non sono relativi al periodo precedente (la data di inizio dei versamenti era stata fissata nel mese di aprile 2018). La situazione in realtà non è quella descritta, è già stato calendarizzato un incontro con il tesoriere Daniele Borioli per chiarire e chiudere la questione, anche nel rispetto delle norme sulla privacy”.

Prendiamo atto del chiarimento, che peraltro non smentisce quanto da noi riportato. Riguardo al regolamento (consultabile qui) si precisa che la sua entrata in vigore è il “giorno successivo alla sua approvazione” e che l’unica eccezione riguarda i “membri del governo” e i “parlamentari nazionali”, non i parlamentari europei. O.S.

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