RINNOVAMENTO

Ma la rottamazione è archiviata?

Chi ricorda l’esordio di Matteo Renzi al Lingotto di Torino di alcuni anni fa non può dimenticare l’inno alla rottamazione con gli applausi scroscianti e devoti della platea dell’epoca. Era una parola che unificava i tifosi renziani di ogni risma con l’obiettivo di demolire gli avversari del leader fiorentino e di salvare quelli che si schieravano, invece, dalla sua parte. È appena il caso di ricordare alcuni nomi per rendersi conto di questo strano modo di ragionare. Persone accomunate più o meno dalla stessa età: Rosy Bindi avversario; Piero Fassino amico; Massimo D’Alema nemico; Luigi Zanda amico e via discorrendo. Gli esempi, come ovvio, si potrebbero moltiplicare.

Certo, le mode passano e i tifosi, come da copione, si trasformano rapidamente in implacabili avversari appena gira il vento. È appena sufficiente, al riguardo, scorrere i nomi dei sostenitori di Zingaretti - che trasformerà, del tutto legittimamente, il Pd nel nuvolo Pds - per rendersi conto che i tifosi e i turbo renziani di ieri adesso invocano “discontinuità”, rinnegamento del passato, “nuovo corso” del partito e chi più ne ha più ne metta. Come possano essere credibili costoro resta un mistero ma, purtroppo, la politica amorale era presente ieri e continua ad essere presente tutt’oggi.

Al di là delle stagioni storiche, delle fasi politiche e dei nuovi personaggi che la affollano. Eppure, Renzi era un leader di primo piano ieri e resta un leader di primo piano anche oggi. E debbo dire che, parlando sempre di Renzi, resta un uomo coerente con il suo progetto politico che, come noto, centra poco con la sinistra e con ciò che storicamente rappresenta la sinistra. Semmai, sono quelli che erano turbo renziani ieri e che oggi rinnegano scientificamente il renzismo che dovrebbero farsi qualche domanda. Ma così va il mondo.

Ora, per tornare al tema originario di questa breve riflessione, resta però inevasa una domanda: e cioè, la rottamazione di renziana memoria - che era un elemento decisivo e determinante per il rinnovamento della politica locale e nazionale - è del tutto archiviata? Non si può più citare neanche per scherzo nei vari comizi? È finito il capitolo del ricambio della classe dirigente?

Lo chiedo non solo perché è un temine che è scomparso dal vocabolario renziano ma anche, e soprattutto, perché nessuno ne fa più cenno nelle varie dichiarazioni. Se ci si ferma al Piemonte e al rinnovo del prossimo Consiglio regionale, tutto si può dire tranne che si apre una fase di ricambio del classe dirigente. A sinistra, soprattutto, e anche a destra. Ricordo questo tema del ricambio della classe dirigente, della rottamazione svanita e, di conseguenza, della perpetuazione dei “soliti noti”, perché questo argomento è destinato ad uscire definitivamente dall’agenda della politica italiana. Non a caso, e paradossalmente, addirittura nel partito 5 stelle si parla apertamente di sospensione del “doppio mandato” per dare continuità e credibilità alla classe dirigente.

Ecco perché non si può non trarre, allora, una semplice conclusione: ovvero, se la “rottamazione” è scomparsa dal dibattito politico e viene rinnegata addirittura da chi l’ha inventata, promossa e diffusa dai vari fan ed ex tifosi del renzismo, non potrà più ritornare casualmente per colpire qualcuno e salvaguardare qualcun altro. Come è capitato puntualmente nelle vicende interne al Pd durante la lunga stagione renziana. Tramontato il renzismo è scomparsa anche la rottamazione. E la classe dirigente, com’è giusto che sia, torna a valere per la sua competenza, rappresentatività e consenso. E non solo per la carta di identità e per l’anagrafe. Che, detto, fra di noi, è sempre e solo una squallida scorciatoia.

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