EDITORIA

Il ricordo di un giornale dimenticato

Va in mostra la Gazzetta del Popolo: 135 anni di storia dal 1848 al 1983. Il soffio della storia da Cavour al crepuscolo della Prima Repubblica. Nella sede di corso Valdocco, a Torino, vedeva la luce un foglio innovativo e spesso anticonformista

Sono trascorsi trentasei anni da quel 31 dicembre 1983, da quando la Gazzetta del Popolo chiuse definitivamente. È stato un grande giornale, una voce importante nella vita della città, rendendola meno asfittica e monoculturale. Le ragioni della chiusura sono note ma ancora da indagare compiutamente. Con questa motivazione diversi soggetti istituzionali e culturali hanno promosso una mostra in tre sedi (Museo del Risorgimento, Consiglio Regionale del Piemonte, Polo del ‘900) e lanciato l’idea di digitalizzare l’intero periodo di pubblicazione dal 1848-1983. Impossibile, forse, ridare vita ad una esperienza così importante, ma riflettere sul pluralismo dell’informazione, oggi come allora, è fondamento di democrazia e libertà partendo anche dalla storia di un grande giornale. Un percorso lungo 135 anni tra le pieghe, le svolte, le difficoltà della società italiana. La Gazzetta del Popolo ha rappresentato quel crogiuolo di innovazione e professionalità, adesione e trasformazione politica italiana.

Nata il 16 giugno 1848 grazie alla volontà di Giovanni Battista Bottero, Felice Govean e Alessandro Borella, con l’obiettivo di rappresentare il popolo e le novità del ’48, con lo Statuto Albertino. Dopo una breve parentesi giobertiana il giornale, negli anni della lotta per l’indipendenza nazionale, fu cavouriano e nei primi decenni del Regno d’Italia diventò voce di informazione a difesa della piemontesità, ma insieme patriottico, liberale, anticlericale, infine crispino ma non sempre indulgente con l’Italia coloniale e alfiere del nazionalismo e dell’interventismo italiano. 

Attraverso documenti, lettere e carteggi, oggetti, foto e filmati di repertorio e di testimonianze, nelle tre sedi espositive sono descritti alcuni dei momenti, dei personaggi, dei fatti e delle idee che hanno caratterizzato la storia della Gazzetta del Popolo, uno dei più importanti quotidiani italiani, da Torino al mondo. L’itinerario si sofferma su alcuni momenti: dalle origini nel 1848, dallo Statuto Albertino alle guerre di Indipendenza, dall’Unità d’Italia alla costruzione del Regno d’Italia nell’epoca liberale. Tra le due guerre nel periodo fascista la Gazzetta del Popolo conquista un ruolo centrale nel giornalismo italiano: da un lato l’adesione totale al regime del foglio guidato dal direttore Ermanno Amicucci sotto l’ala protettrice di Mussolini, dall’altro il prodotto giornale con i suoi supplementi, l’introduzione del colore, la cura della grafica, la pubblicazione di strisce satiriche e fumetti, la pubblicità, lo sport e la società. Tutto  accompagnato da uno straordinario sviluppo tecnologico, con l’ingresso nella sede di corso Valdocco, dove veniva pensato, redatto e concepito, ogni giorno, un foglio moderno, nel quale vivevano anche isole di indipendenza dal ferreo controllo delle autorità, come nell’importante pagina culturale, il Diorama letterario, nel quale i migliori autori e letterati, filosofi e scrittori del Novecento, italiani e stranieri, ebbero colonne e spazi di rilievo.

La Guerra e la Liberazione, il ritorno con la testata Gazzetta d’Italia, poi il ritorno nel 1948 della Gazzetta del Popolo, e infine il ruolo di giornale popolare e diffuso in tutte le province piemontesi certificarono e ne consolidarono il prestigio anche nell’Italia repubblicana. La Gazzetta, dal 1945 al 1953, liberale poi, dal 1953 al 1974, democratico cristiana – con le direzioni di Malgeri, Chiodi, Vecchiato – è stata luogo di formazione di giornalismo, di informazione libera e democratica, anche quando, negli ultimi anni delle sue pubblicazioni, ha dovuto attraversare momenti di crisi pesantissimi, contrastare (per i continui cambi di proprietà) ipotesi di chiusura e riprendersi con il suo ultimo grande direttore Michele Torre. Un gruppo coeso: redazioni, amministrazione, tipografi e maestranze hanno realizzato, per la prima volta in Italia, una autogestione che rimane unica nella storia del giornalismo nazionale continuando, fino all’inizio degli anni Ottanta, a pubblicare quel foglio popolare che fu punto di riferimento per i suoi affezionati lettori per oltre 135 anni.

print_icon