TRAVAGLI DEMOCRATICI

Zingaretti seda i malumori Pd: "Non disturbate Chiamparino"

Il segretario non vuole che si creino problemi al governatore, già di suo piuttosto permaloso. Ma nel partito musi lunghi per la composizione del listino e crescente malcontento per una campagna elettorale giudicata troppo moscia

Non disturbate il conducente, quello è capace di mollare il volante e lasciarci lì in mezzo alla strada. L’allarme per il diffuso mugugno democrat sul listino (e non solo su quello), sempre più malsopportato da Sergio Chiamparino, è arrivato tramite non disinteressati corrieri diplomatici a Roma. E da lì Nicola Zingaretti ha spedito a Torino il suo messaggio: zitti e mosca, guardate che se continua questa solfa rischiamo che Sergio si stufi e ci lasci senza candidato a meno di un mese dal voto.

Sopire, troncare. Questo il manzoniano consiglio di Zingaretti al segretario regionale che su Instagram, aggiungendo tra un trattino e l’altro un “la” tra Paolo e Furia, si definisce come forse ambirebbe essere, essendosi invece di fatto piegato ai desiderata del Chiampa. Semmai, furiosi lo sono altri e non pochi nel partito che s’è visto marginalizzare nella spartingaia dei posti blindati in casi di vittoria, nonché superato in una decisione di un suo organo – la Direzione regionale – che aveva votato contro le deroghe al limite dei tre mandati. Chiamparino ha voluto Gianna Pentenero e l’ha avuta mettendola (legittimamente, giacché il listino è di sua pertinenza) tra i dieci, senza che Furia accennasse minimamente a togliere, per un attimo, la minuscola dal suo cognome obiettando quel reingresso dalla finestra dopo che all’assessore al Lavoro (come peraltro al presidente del Consiglio regionale Nino Boeti) era stata chiusa la porta della lista, dove avrebbe portato voti.

E poi il rinnovamento. Quello promesso prima e dopo la sua elezione in ticket con Monica Canalis al vertice del Pd piemontese, ha trovato la sua più alta ed evidente espressione in un altro nome infilato nel listino: quello del tre volte parlamentare e due sottosegretario Luigi Bobba, sessantatreenne, matrice cattolica, ruoli di vertice nelle Acli e un tentativo poi fallito di guidare il partito in regione dopo le dimissioni di Davide Gariglio.

Di motivi per alimentarlo, quel mugugno, non si fa fatica a trovarne. Nel caso, c’è chi mette sul tavolo anche quelle perplessità davanti a una macchina elettorale di Chiamparino che molti stentano a scorgere. Manca, per ora, addirittura una sede elettorale, annota chi nel partito di elezioni ne ha viste e fatte più di una e di due. In Regione le stanze non scarseggiano, si dirà. Però anche la forma è sostanza. E stile.

Inimmaginabile che il presidente uscente consumi ettolitri di colla al pari del Fratello d’Italia Roberto Rosso, ma dal tappezzare la città al non vedere un manifesto ce ne passa, come fa osservare uno storico alleato del Pd e strenuo sostenitore di Chiamparino. Solo un braccino un po’ corto, una parsimonia per alcuni versi apprezzabile, oppure quell’apparente understatement indica una scarsità di entusiasmo che, fuor di dubbio, viene percepita da chi sa che la partita è dura da vincere, ma la si deve giocare fino in fondo?

Dettagli, si dirà. Vero, forse. Non lo è certamente il clima che pervade una parte del Pd dopo quella definita da Furia “la ricucitura di una ferita” (il ripescaggio della Pentenero), che invece ha prodotto il risultato molto simile a uno strappo. Non certo del peso e dalle conseguenze di quello paventato da Zingaretti e, in qualche modo lasciato intendere da Chiamparino.

Nessuno crede a un candidato che si alza e se ne va, ma il solo prospettare l’eventualità non stupisce chi questi atteggiamenti li ha visti (anche nella non lontana tiritera del mi candido-non mi candido) che aveva accompagnato la decisione dell’attuale governatore di riprovarci. Uno spettro terrificante che non a caso e non certo per sua invenzione Zingaretti ha evocato spiegando a Furia quanto sia necessario quel troncare, sopire.

Un intervento dall’alto, risposta a una richiesta prontamente esaudita dal segretario che fece proprio a Torino, incontrando Chiamparino, una delle primissime uscite dopo la sua elezione. Resta da vedere quale effetto tutto ciò sortirà e soprattutto quanto la Furia di via Masserano riuscirà ad arginare il mugugno dei piddini furenti.

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