CAPOLINEA

Addio a Conte, senza rimpianti

La fine di un governo se non ostile di certo non amico del Piemonte. Quattordici mesi da dimenticare nelle parole dei senatori Laus, Malan, Marino e Pichetto. Ora corsa contro il tempo per difendere i principali dossier: area di crisi e Metro 2 di Torino, Asti-Cuneo

“Oggi è una giornata bellissima”. Mauro Laus non può certo ambire al premio per l’originalità di quella battuta che ormai affolla i social e le dichiarazioni dei politici, ma al senatore torinese del Partito Democratico va riconosciuto di averla pronunciata non appena il premier Giuseppe Conte aveva lasciato Palazzo Madama per salire al Colle. “Era stato lui a dire che questo sarebbe stato un anno bellissimo”. Basta un giorno, anche se quelli che verranno saranno tutti da raccontare.

Certo “non è da rimpiangere per nessuna ragione questo Governo, nessuna” ripete l’ex presidente del Consiglio regionale del Piemonte che guardando alla sua regione si dice “ancor più convinto che finalmente sia arrivato il momento per mettere fine a un disastro e provare a dare al Paese quello di cui ha bisogno. Il Piemonte? Questo esecutivo di ha fatto perdere un anno sulla Tav, non ha fatto nulla neppure se il capoluogo è governato dai Cinquestelle e la regione dal centrodestra”.

Al senatore del Pd piace immaginare, sull’onda del naufragio del governo gialloverde, che “i torinesi possano essere liberati al più presto dal malgoverno di Chiara Appendino, che sta distruggendo la città”. Ennesima conferma della linea dura democrat nei confronti dell’amministrazione grillina anche nel caso, oggi meno lontano di ieri, di un Governo giallorosso. Si farà, non si farà?

“Per il Pd andare a fare un accordo con i Cinquestelle è sicuramente devastante”, ammette Laus, abbronzatura caraibica e il rammarico di non essere riuscito a tornare in tempo per la seduta del 13 agosto. Si è rifatto una settimana dopo, quando però tocca pure ragionare su cosa farà il suo partito, dopo l’intervento di Matteo Renzi e i controcanti fuori da Palazzo Madama, del segretario Nicola Zingaretti e di altri ancor più duri nell’indicare la direzione delle urne. “Non nego di avere molte difficoltà di fronte a un accordo del genere, ma il partito – osserva il senatore - non è un abito su misura. Vedo troppe semplificazioni, meglio stare a vedere cosa deciderà il Presidente della Repubblica. Di certo questo Paese va salvato”.

Non salva praticamente nulla del Governo Conte, da oggi in carica con la formula del disbrigo degli affari correnti, l’azzurro Lucio Malan. “Zero per l’economia, zero per la famiglia, zero per le forze dell’ordine e con l’aumento dell’Iva che è lì. Quota cento? Siamo contenti per chi ne usufruisce, ma come avevamo previsto anziché esserci tre nuovi assunti per ogni pensionato c’è un nuovo assunto per ogni tre che vanno in pensione, reddito di cittadinanza una rovina: ragazze madri che non lo percepiscono e fannulloni o lavoratori in nero che invece lo prendono”.

L’occhio sul suo Piemonte fa elencare al senatore di Forza Italia due casi emblematici, ma anche concretamente pesanti per un giudizio sull’azione dell’esecutivo terminato ieri: oltre all’impatto negativo di quella “totale assenza di misure per la crescita economica” in una regione che resta in coda tra quelle del Nord, ci sono Quei “bastoni tra le ruote sulla Tav”, ma non di meno la “soluzione” per l’Asti-Cuneo. “Bello l’annuncio, capisco la soddisfazione anche del governatore Alberto Cirio, che condivido, ma – avverte Malan – leggendo bene le carte si scopre come il sistema trovato e applicato dal Governo non sia né equo e né efficace”.

Per il senatore “ci sono tutti i presupposti per una bocciatura da parte della Commissione europea e per una ragione molto seria come quella della violazione delle regole sulla concorrenza”. Malan al Governo Conte e in particolare al ministro Danilo Toninelli imputa la responsabilità di aver assunto un provvedimento che “farebbe gravare un miliardo e 200 milioni sugli utenti della Asti-Cuneo e della Torino-Milano, quasi trecento euro per ogni piemontese, inclusi i neonati e chi non prende mai l’autostrada”.

Prendere la via delle elezioni è quello che chiede un altro senatore azzurro, l’ex coordinatore regionale del partito Gilberto Pichetto: “Bisogna riconsegnare velocemente la parola agli italiani per consentire la nascita di un governo stabile e che rappresenti la volontà popolare.

Le comunicazioni in Senato del presidente Conte – dice il capogruppo di Forza Italia in commissione Bilancio – hanno messo fine a un Governo che ha approfondito la crisi, ha impoverito le famiglie e le piccole e medie e isolato l’Italia nell’Unione Europea. Forza Italia chiede, quindi, elezioni e non inciuci di Palazzo”.

Meno ci ventiquattr’ore prima della Direzione Nazionale e a quarantotto dalla salita al Quirinale della delegazione del Pd al Quirinale per le consultazioni, il senatore dem Mauro Maria Marino è proprio alla “saggezza e al rigore costituzionale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella” che dice non ci si può che rivolgere. “In ogni caso le dimissioni di Matteo Salvini da ministro dell'Interno devono essere immediate”. Per Marino, il leader della Lega “responsabile di questa imbarazzante crisi politica ed istituzionale, non può gestire anche solo l'ordinaria amministrazione o, peggio, eventuali elezioni anticipate”.

E la parola elezioni risuonerà più volte oggi nel summit piddino. "Non vogliamo soluzioni di piccolo cabotaggio – diceva ieri sera Zingaretti – nessuno ha paura delle elezioni. Siamo sereni”. Uno stato d’animo che da quelle parti non è, diciamo, beneaugurante. 

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