CENTRODESTRA

Cirio non si Lega troppo, c'è in gioco la leadership

Le manovre del governatore per sottrarsi dall'abbraccio sempre più stretto del suo azionista di maggioranza. Il rischio è che i salviniani, alle corde a livello nazionale, si asserraglino nelle regioni. L'asse con Porchietto per rafforzare l'area liberal-forzista

Cosa cambierà per la Regione con l’ormai sempre più probabile Governo M5s-Pd e, soprattutto, con la Lega all’opposizione? La domanda è legittima quanto naturale. Più complessa la risposta. Che comunque, a dispetto di letture superficiali e analisi di qualche improvvisato politologo, non vedrà certo il Piemonte guidato da Alberto Cirio isolato da un governo nazionale di colore diverso, quasi a pagare la colpa di avere nella propria maggioranza quella Lega messa in minoranza dall’inedita alleanza prodotta dalla crisi aperta proprio dal leader del Carroccio nazionalpopulista. Previsione tanto banale quanto errata: le interlocuzioni, i rapporti, la stessa collaborazione tra enti e istituzioni prescindono dalla colorazione politica. La storia del Paese abbonda di esempi e di conferme (si pensi alle grane prodotte alle amministrazioni locali da esecutivi, sulla carta, amici). E come dice saggiamente Mino Giachino può aver paura di un governo politicamente disomogeneo solo chi non ha idee.

Questo non significa che per la Regione non cambierà nulla, tutt’altro. Forse per provare a immaginare come e cosa, è più utile guardare, ancor prima che a quelli del nascituro Governo, agli equilibri dell’alleanza che ha portato all’elezione a governatore di Cirio e a come l’azionista di maggioranza reagirà su imput di Matteo Salvini. Quale miglior terreno, per la Lega salviniana (soprattutto per le manovre azzardate del suo conducador) messa fuori dai giochi nazionali ripiegare entro i confini delle regioni in cui è forza di governo e da lì – da qui, dal Piemonte – approntare la resistenza al fronte giallorosso e, tra operazioni di guerriglia e incursioni, preparare la riconquista dei palazzi romani?

In questo scontro che si annuncia durissimo, la figura e il ruolo che intenderà giocare Cirio è cruciale. Ma lo è, in primis, nel bene e nel male a seconda proprio di come il governatore si muoverà, proprio per lui. Eletto grazie ai voti della Lega, l’ex europarlamentare di Forza Italia si troverà ben presto a dover affrontare le reazioni del Caroccio di fronte a quella nuova conventio ad excludendum che ha impedito il ricorso anticipato alle urne così come la riuscita di un raffazzonato tentativo di ritorno al Governo con i Cinquestelle. Il rischio di essere avviluppato in questa matassa leghista da cui tessere la trama della vendetta, per Cirio è molto alto. Finire mani e piedi legato alle strategie leghiste potrebbe essere più facile di quanto non si pensi e forse lui stesso non pensi. Da politico accorto e navigato, pur senza ancora prevedere quello che sarebbe stato l’esito della crisi ma fiutando l’aria, il presidente della Regione nella scorse settimane ha fatto una mossa che alla luce degli ultimi accadimenti appare non solo lungimirante e azzeccata, ma anche ulteriormente utile proprio nello scenario che va delineandosi.

Sancire la pace, dopo una pur civilissima schermaglia per interposti supporter, con la sua “concorrente” alla candidatura per il presidenza Claudia Porchietto e, in più, offrire ricevendo risposta positiva un ruolo da superconsulente per le questioni economiche e del lavoro, mette, indiscutibilmente, Cirio in una posizione più forte rispetto ai venti leghisti che potrebbero far volare i tendaggi di piazza Castello. La deputata di Forza Italia, già assessore regionale, non è il tipo che assume incarichi senza poi assolverli con un piglio e una tenuta delle posizioni da Lady di ferro. Cirio questo lo sa bene e la decisione di avvalersi della sua ormai ex avversaria interna al partito non potrà che giovargli quando dalla Lega partirà una facilmente prevedibile offensiva verso il Governo e, ancor più, il tentativo di marcare ancor più la leadeship salviniana in quello regionale, rivendicando magari anche quell’effettivo ruolo a suon di voti nell’elezione del governatore. Intelligentemente e con indubbio fiuto da laghetto nelle brume ottobrine, Cirio con Porchietto ha ulteriormente aperto un canale con quell’area moderata, riformista, liberale, quel mondo delle imprese e delle professioni che Salvini ha dimostrato di considerare poco o punto.

Per non dire della considerazione che il Capitano e alcuni dei suoi luogotenenti locali riservano al centrodestra, inteso come coalizione: anticaglia da mandare in soffitta, formula non certo idonea all’affermazione di un modello, quello populista e sovranista, che persegue oggi la Lega. Uno spostamento a destra che lascia scoperta una vasta area di consenso, un tempo bacino elettorale del berlusconismo. Oggi, la debolezza del suo partito, anche a livello regionale, impone al governatore di rimediare, trovando quel supporto nella Porchietto la cui figura a fianco di Cirio non può essere ridotta a quella di un consulente tecnico, pur se di comprovate capacità ed esperienza.

I segnali di una Lega pronta a rivendicare tutto il suo peso non mancano. L’annuncio di sfratto da parte dell’assessore Fabrizio Ricca (con imbarazzante ulteriore annuncio di una richiesta di intervento alla collega della Cultura Vittoria Poggio, pure lei della Lega) al direttore del Salone del Libro Nicola Lagioia è eloquente. Così come è significativo che egli mantenga lo scranno in Sala rossa e la carica di segretario del partito cittadino. Postazioni utili proprio a predisporre una strategia comunicativa sulle principali questioni, in un crescendo di interventi anche a costo di invadere competenze altrui. Avvisaglie di un clima in cui dovrà muoversi Cirio, navigatore di lungo corso nonostante  sia un under 50.

E chissà che tracciando la nuova rotta, alla luce della tempesta in cui è finita la Lega dopo le strambate del Capitano, il governatore non metta anche Palazzo di Città tra gli approdi. Ovviamente non per lui, ma lui potrebbe essere colui al quale riesce ciò che negli ultimi vent’anni non è riuscito al nessuno dei suoi compagni di partito: dare a Torino un sindaco di centrodestra. Anche in questa prospettiva si può leggere la scelta del presidente della Regione che, pur essendo legatissimo al suo omologo ligure e non avendo fatto mistero di una sua forte vicinanza politica, non ha seguito Giovanni Toti nella scissione dal partito di Silvio Berlusconi.

Sapendo bene quale il compito della mosche cocchiere, Cirio avendo dalla sua il potere dato dal ruolo e il tempo dei cinque anni della legislatura, non ha seguito l’amico e collega ligure marcando anche in questo una distanza, pur nella convinta e fattiva collaborazione da alleati, con il partito di Salvini verso cui invece viaggia Toti.  Tattica e strategia: il presidente della Regione dovrà usarne a piene mani quando il Carroccio aprirà le danze e magari, oltre a Ricca (il più politico degli assessori e pure con ambizioni di fare ulteriore carriera) potrà muoversi anche una vecchia volpe come il Fratello d’Italia Roberto Rosso, pronto a incarnare da par suo la linea di Giorgia Meloni contro il governo giallorosso e nel mantra del voto subito.

Proprio guardando al Governo che verrà e alla poltrona da ministro che Nicola Zingaretti e Andrea Orlando hanno prenotato per Andrea Giorgis, l’ipotesi di una candidatura a sindaco del costituzionalista che ora siede a Montecitorio appare una ipoteca dai forti connotati di operazione politica. Che aprirebbe una prateria a chi approntasse un’offerta dai tratti più moderati. Ed è in una prospettiva di questo tipo, con l’incognita Cinquestelle dopo Chiara Appendino, che la decisione di avvalersi della Porchietto da parte di Cirio può essere letta in maniera molto più ampia e interessante.

Insomma in Regione, con il probabile Governo giallorosso e la Lega in minoranza in Parlamento, certamente più di qualcosa potrà cambiare. Il come dipenderà dalle mosse, tra loro indissolubilmente incrociate, dell’uomo che guida il governo del Piemonte e del partito che non è più al governo del Paese.

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