Non ci sono più i ministri di una volta

Leggo con stupore e quasi con sconcerto che qualcuno, allegramente, continua a fare paragoni e confronti tra i ministri piemontesi di ieri o l’altro ieri e i ministri piemontesi di oggi. Lo trovo, personalmente, un confronto privo di senso e anche offensivo. Offensivo nei confronti degli statisti di un tempo – penso a Carlo Donat-Cattin, a Guido Bodrato, a Oscar Luigi Scalfaro, a Valerio Zanone, a Giuliano Amato, a Gianni Goria e a tanti altri – e sopratutto offensivo nei confronti dei ministri di oggi.

Del resto, per citare una metafora calcistica, che senso ha paragonare un squadra di serie A e i rispettivi giocatori con un squadra di Promozione e i rispettivi giocatori? Certo, entrambe le squadre giocano a calcio, sudano, faticano, hanno schemi di gioco e si sforzano di vincere la partita o il Campionato. E ci mancherebbe altro. Ma sono categorie diverse e giocatori diversi. Ed è inutile, e lo ripeto, anche un po’ offensivo e fuorviante, lanciarsi in paragoni impropri. È oltremodo curioso e singolare, al riguardo, che qualche autorevole esponente politico dell’attuale maggioranza di governo si lamenti che mancano esponenti piemontesi al Governo solo perché non sono presenti uomini e donne del proprio partito. Quando c’erano esponenti politici del calibro di Donat-Cattin o di Bodrato o di Scalfaro al Governo era l’intera maggioranza di governo del tempo a vantarsene. A prescindere dal partito da cui provenivano quegli statisti. Tranne, ovviamente, i comunisti dell’epoca che erano ferocemente contrari ed avversari di quegli esponenti e di quei ministri. Se la coalizione è vera e non finta, tutta la coalizione politica dovrebbe essere soddisfatta e gioiosa. Stesso discorso riguarda i sottosegretari, se non sono solamente una brutale spartizione correntizia e un mero premio di consolazione per coloro che attendono con ansia e trepidazione da tempo un ruolo di potere.

Ma, al di là di queste considerazioni, ci sono due elementi che sono e restano decisivi per non lanciarsi in confronti impropri. Innanzitutto la qualità della classe dirigente di ieri o l’altro ieri non è lontanamente paragonabile a quella di oggi. Non scherziamo, per favore. E ogni confronto che si fa, come è stato fatto da qualche simpatico dirigente politico piemontese dell’attuale maggioranza di governo, rischia di essere anche un po’ patetico se non ridicolo.

In secondo luogo la qualità della classe dirigente di ieri era anche il frutto della presenza di partiti radicati nel territorio, solidi, con una chiara e visibile cultura politica, con una classe dirigente frutto di un lungo “apprendistato” culturale e formativo, e con progetti politici e di governo non frutto di atteggiamenti trasformistici ma, al contrario, con un chiaro e comprensibile progetto di società e visione di futuro.

È appena sufficiente citare questi due elementi per arrivare ad una semplice conclusione: e cioè, smettiamola di fare confronti con il passato e giudichiamo i singoli ministri di oggi da ciò che faranno concretamente nell’azione di governo. Per il bene del Paese e, di conseguenza, anche della propria regione di provenienza. Consapevoli che la stagione dei ministri statisti e autorevoli dirigenti di partito appartiene a una fase della politica italiana ormai consegnata alla storia e agli archivi degli storici.

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