LA SACRA RUOTA

Ma quale matrimonio con Psa gli Agnelli hanno venduto Fca

Smettiamola di raccontare balle. Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti. L'analisi fuori dal coro di Ruggeri, ex top manager di corso Marconi e acuto saggista

“Ma quali nozze? Quello tra Peugeot-Psa e Fca non è un matrimonio, ma una compravendita. I francesi hanno acquistato un’azienda americana perché interessati al marchio Jeep-Ram e gli azionisti di Fiat-Chrysler hanno ricevuto una barca di soldi. Però nessuno si stupisca quando il ceo del nuovo gruppo, Carlos Tavares, dovendo fare tagli privilegerà gli impianti d’Oltralpe e quelli tedeschi: il suo azionista di chiama Emmanuel Macron e con la cancelliera Angela Merkel per Opel ha un accordo che blocca ogni licenziamento e che durerà almeno fino al 2023”. Il quartier generale sarà a Parigi, la sede fiscale ad Amsterdam.

E l’Italia? E Torino?
“Ne escono sconfitte stupidamente, continuando a fare finta che la Fiat Auto non sia morta, invece lo è dal 2009. A Torino è rimasta una targa e quattro stabilimenti cacciavite”.

A Torino Riccardo Ruggeri è nato 84 anni fa, infanzia in una portineria di 15 metri quadrati dove i genitori abitavano con i nonni e lui dormiva su una brandina in cucina, a Torino ha incominciato a lavorare, figlio e nipote di operai, come operaio a Mirafiori dove, poi travet e poi ancora dirigente fino ad arrivare al vertice del colosso New Holland ed essere uno dei top manager, per anni, più vicini all’Avvocato. Consulente di livello internazionale, ma anche voce dura e diretta, spesso fuori dal coro, tifoso granata e penna affilata nelle analisi. Quando, come dice lui, ha imbroccato con buon anticipo lo scenario che si sarebbe verificato con quel matrimonio che tale non è, qualcuno gli ha pure dato del populista. Sa che a molti non piace che qualcuno scriva quel che poi si avvera, ma lui lo fa lo stesso da almeno dieci anni.

Dottor Ruggeri, com’è questa storia della Fiat morta dieci anni fa e l’Italia che fa finta non sia successo?
“Bisogna partire proprio da lì, per capire quelle che con un’altra finzione continuano ad essere definite nozze tra Peugeot e Fca. Intanto non è vero che Fiat fosse tecnicamente finita quando arrivò Sergio Marchionne nel 2004, succede invece nel 2009 quando Moody's taglia il rating e declassa il titolo a spazzatura. Due mesi dopo il presidente degli Stati Uniti Obama si trova nella situazione di dover salvare Chrysler. Tutti gli altri costruttori del mondo avevano declinato la richiesta, rimaneva solo Fiat. E salvando Chrysler ha salvato Fiat. Prese una decisione che i nostri finti liberisti non avrebbero mai preso”.

Lei dice che in Italia questo non sarebbe potuto accadere?
“Certo che no. Il governo italiano faceva finta che la Fiat non fosse di fatto fallita, non ha voluto metterci quattrini e di conseguenza ce li ha messi Obama. Lui ha affidato il gruppo a una persona straordinaria come Marchionne al quale ha detto: fai gli interessi dell’azionista. E Marchionne lo ha fatto. Si è reso conto che non c’erano possibilità di risanamento e da quel momento ha smesso di fare il manager ed è diventato un deal maker, uno abilissimo a fare il massimo interesse degli azionisti, che non erano solo Agnelli, ma anche l’establishment americano, dopo la privatizzazione fatta da Obama”.

Quindi, secondo lei, è da lì che comincia quell’operazione di preparazione alle dismissioni, la donazione di organi per usare una sua espressione?
“Da quel momento la Fiat Auto è morta. Marchionne per anni ha presentato piani strategici che in parte hanno nascosto la realtà: la Fiat se ne va e all’Italia non resta più un’industria dell’automobile. Caso unico: nessuno al mondo, salvo il nostro Paese, ha rinunciato all’industria automobilistica. I governi di centrodestra e di centrosinistra dell’epoca si guardarono bene dal fare come Obama, nazionalizzare per poi privatizzare, mantenendo però governance, cervelli e lavoro negli Stati Uniti. L’Italia ha perso la sua centenaria industria dell’auto seguendo teorie intellettualoidi di miserabili leadership nostrane. Ora ci sono rimasti quattro stabilimenti il cui destino è nelle mani dell’acquirente francese. Bisogna prenderne atto. Non raccontiamoci la balla che l’Italia conti qualcosa”.

Si sarebbe potuto salvare Fiat tenendola in Italia?
“Io sono convinto di sì, per esempio vendendola a Mercedes, ma all’epoca si decise di no”.

Invece, si proseguì con operazioni vantaggiose per gli azionisti mentre ormai il gruppo era fuori dall’Italia, fino ad arrivare a quello che, poche settimane fa, è stato annunciato e salutato come un matrimonio.
“Esatto. La vendita a Peugeot è l’ultimo atto di una strategia concepita in modo impeccabile da Marchionne finalizzata esclusivamente agli interessi degli azionisti. Prima è stata la volta di Cnh e Iveco, poi lo scorporo di Ferrari, poi iancora la vendita di Magneti Marelli che ha fruttaato 6 miliardi e adesso con quelle che chiamano ancora nozze con Peugeot. Tutti devono sapere che, come è successo, quando il compratore liquida al venditore un cedolone da 5,5 miliardi significa che è lui a comandare. In pratica Peugeot si è comprato Fca pagando un premio del 25-32%”.

Gli azionisti hanno fatto un affare, il Paese ci ha rimesso per l’ennesima volta. Cosa c’è da aspettarsi ancora, dopo le finte nozze con i francesi?
“Il Ceo Tavares presto incomincerà a ristrutturare, ad eliminare sovrapposizioni, a tagliare insomma. La produzione di modelli medio piccoli tra Peugeot Opel e Fca è in eccesso. Dovendo scegliere tra uno stabilimento in Francia, ma anche in Germania, e uno in Italia, avendo un azionista che si chiama Macron e un accordo con la Merkel, cosa pensa che farà?”.

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