Cirio, serve un piano

Se l’era presa a male, il presidente Cirio, per la nostra sollecitazione ad aumentare il numero dei tamponi: ritenevamo – e riteniamo tuttora – necessaria l’identificazione di quanti più postivi al virus, che stiano male o no, per metterli in isolamento e poter contenere con maggiore efficacia il contagio. Per motivare la posizione della Regione, il governatore aveva accampato il rispetto delle indicazioni “superiori”: l’Istituto nazionale e l’Organizzazione mondiale della Sanità. Salvo poi dover prendere atto che sia l’Iss sia l’Oms si erano ricreduti e, anzi, ora invitano ad estendere i test. Così anche il Piemonte, in ritardo, si è adeguato.

È di oggi l’annuncio che, oltre il personale ospedaliero per il quale i controlli sono in corso da qualche giorno, anche i medici di famiglia e gli operatori del 118 saranno sottoposti al tampone. Una correzione di rotta, non quella necessaria inversione che invece ci si attendeva. Infatti, come si spiega nella nota ufficiale diramata dall’Unità di crisi, il tampone verrà eseguito solo “su coloro che presentano sintomi riconducibili al Covid-19 o che abbiano avuto contatti stretti con soggetti positivi e, in parallelo, anche per tutti i medici di famiglia convenzionati che siano sintomatici. Analoghe disposizioni anche per gli operatori del 118”.

Insomma, il Piemonte non pare affatto avviarsi a mettere in pratica un piano di “sorveglianza attiva” che partendo dalle categorie a rischio (medici, infermieri, farmacisti, ma anche forze dell’ordine), si allarghi a una platea progressivamente più vasta (dagli addetti di tutti i servizi commerciali aperti agli autisti di mezzi pubblici ai lavoratori delle filiere produttive essenziali): anche asintomatici o pauci-sintomatici (con pochi sintomi lievi), ovvero quelli che inconsapevolmente continuano a promuovere la diffusione del virus. Non diciamo di fare tamponi a tappeto, così come è avvenuto in Corea del Sud e a Vo’ Euganeo, anche se non sarebbe affatto un’idea balzana, ma di mettere le basi perché il Piemonte sia più protetto e possa così predisporsi alle fasi successive dell’epidemia. Cirio come pensa di “riaprire” la regione, questione che prima o poi si porrà, se non potrà disporre di uno screening ampio, il più ampio possibile, se non su tutta la popolazione (certo, impossibile) almeno su quei segmenti che faranno da apripista per la graduale ripresa?

I fatti hanno già dimostrato che la sola ospedalizzazione del Coronavirus non è in grado di contenere il contagio (e, anzi, ha aumentato la mortalità): anche su questo piano la Regione e quell’incerto gabinetto di guerra ha dovuto cambiare registro, accogliendo gli inviti a rafforzare la diagnosi territoriale e le cure a casa. A differenza di altre Regioni, finora non si è visto un “modello Piemonte”: ora il tempo stringe e serve un piano.

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