EMERGENZA ECONOMICA

Una task-force di pronto intervento

Anche per l'emergenza economica serve un'Unità di crisi. Al centro: sburocratizzazione e sostegno al credito. Parlano i presidenti degli ordini dei commercialisti e dei consulenti del lavoro, Asvisio e Fassino: "Situazione tragica, agire in fretta"

“La situazione è tragica” e in quanto tale necessita di soluzioni “anticonvenzionali”. Per questo s’ingrossa la lista di coloro che osservano con favore la possibile nascita di una Unità di crisi per l’economia in Piemonte, proprio ora che i dati sui contagi iniziano a far ben sperare e che l’Einaudi Institute for Economic ha certificato che entro il 15 aprile potrebbero azzerarsi i nuovi contagi nella regione. C’è un’altra emergenza che però si prepara a sferzare i piemontesi e non solo: quella economica, che rischia di portarsi dietro conseguenze ancor più drammatiche di quella sanitaria. Secondo Luca Asvisio, presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Torino “l’iniziativa è meritevole, purché si tratti di una struttura in grado di integrare le proprie politiche economiche con quelle che verranno predisposte a livello nazionale ed europeo”, giacché “da questa crisi non se ne esce da soli”.    

I settori più colpiti, spiega Asvisio, sono quelli della ristorazione, del turismo e della filiera ricettiva che hanno ridotto il proprio giro d’affari di oltre il 90%. Lo stesso dicasi per la distribuzione dei carburanti, che sconta una contrazione dell’80%. “Se non si trovano situazioni subito ci saranno ripercussioni a catena dettate dalla riduzione dei consumi. Siamo tutti in una situazione in cui ogni giorno ci chiediamo per quanto ancora riusciremo a pagare gli stipendi, prima di chiudere”. Per questo i tempi d’intervento diventano fondamentali e una gestione commissariale che si sobbarchi l’onere della ripresa può diventare decisiva: procedure snelle, tempi di reazione ridotti, efficienza massima. Certo, molto dipenderà da come questa cabina di regia (un commissario affiancato da un drappello di esperti e rappresentanti delle organizzazioni datoriali) riuscirà a lavorare e da chi sarà composta. Secondo Asvisio in questo momento servono misure in grado di “stabilizzare la situazione, evitando che si generi il panico. Perché il panico porta le persone a non spendere, se non per beni di primissima necessità, e se la moneta non circola il sistema collassa”.

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Insomma, è anche una questione psicologica. Bisogna avere la situazione sotto controllo, ma soprattutto bisogna trasmettere tranquillità all’esterno. Altrimenti non andrà tutto bene, anzi quell’hashtag rischia di diventare una nenia ripetuta in modo compulsivo da chi in realtà inizia ad avere tutt’altra percezione. A livello regionale la differenza potrà farla “sburocratizzazione delle procedure e l’accompagnamento di alcune aziende verso una riconversione – prosegue Asvisio –. Oggi per esempio tutti vogliono mettersi a produrre mascherine per non restare fermi”.

Il bisogno di intervenire “con strumenti nuovi” è sentito anche da Luisella Fassino, a capo dell’organizzazione che raggruppa i consulenti del lavoro di Torino. “La nostra era già un’economia in difficoltà prima di questa crisi. Il terziario oggi è in ginocchio” spiga. E il sistema pubblico può davvero fare la differenza, in positivo o in negativo. “Serve un’iniezione di liquidità, ma non solo. Le banche devono tornare a erogare finanziamenti e il pubblico deve intervenire anche offrendo delle garanzie ai più fragili”. Intanto, secondo Fassino, il Governo ha già perso un’occasione: “Oggi fanno tutti la corsa all’ammortizzatore sociale e le aziende sono alle prese con una miriade di fondi e procedure: poteva essere l’occasione per istituire un unico grande fondo per il sostegno al reddito di chi rimaneva senza lavoro”.

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