Un piano più concreto e meno Magnifico

Dopo il “Magnifico” Piano Saracco sarà bene farci alcune domande terrene su come affrontare il futuro cercando di avere due prerogative: l’umiltà comunitaria e partire dalle esigenze pratiche dei cittadini anziché dalla teoria degli studiosi. Teoria e pratica devono poi amalgamarsi in un sintesi operativa.

In un sistema duale dovremo estendere la golden share con partecipazione statuale anche a tutta la filiera del medicale-sanitario. Se riteniamo fondamentale il sistema della Difesa ora dovremmo almeno parificare il sistema della Difesa Sanitaria dei cittadini.

Le bucoliche immagini del Po più azzurro, degli animali in città; insomma della constatazione che “fermare il mondo” riduce l’inquinamento deve farci ripensare la “crescita felice” modificando il modello di sviluppo capitalistico in un’ottica più comunitaria. Dovremmo, perciò, riaprire il capitolo Olivettiano e di Mounier. Evitando un approccio di sviluppo demagogico, occhieggiante a una pseudo sinistra-grillina. L’idea dei controviali per biciclette e monopattini è demenziale perché non tiene conto, facendo solo un esempio, di quali sono i flussi dei lavoratori dalla periferia verso il centro e ritorno. Scelte demagogiche contro i lavoratori.

Soprattutto dovremmo avere una classe imprenditoriale che, con le apprezzate eccezioni, la smetta di gridare: liquidità, liquidità. liquidità e dica almeno una volta: metto del capitale. Perché la libertà d’impresa esiste, vero? Con i suoi rischi. Ma anche con le tutele (ammortizzatori, bonus, prestiti) che lo Stato deve garantire come sta facendo. Servirebbe anche una classe  dirigente che aspira al governo del territorio, che sia capace di pensare una città, non ignorando l’industria a partire da Fca. Permane uno snobismo intellettuale e radical chic-grillino-sinistrorso dannoso (per la sinistra, aihmè!) perché finge di non vedere le potenzialità insite nel sistema industriale ritenendolo superato. Ricordando, inoltre, che a Torino si producono più motori, che auto, per trattori New Holland, Steyr, Case, Landini, McCormick.

Oggi diventa urgente in una prospettiva futura di ricostruzione del Paese e della nostra area metropolitana coniugare città industriale e città post industriale. Allora, per tornare ai fans del monopattino, se è giusto posticipare la riduzione delle emissioni di CO2 (di cui però questa Giunta cittadina pare ignorare il problema) di almeno due anni, ciò per consentire alle aziende di non avere tre elementi negativi contemporaneamente: 1) pandemia e crollo del mercato, 2) enormi investimenti nell’elettrico, 3) investimenti per la ripresa del mercato. È altrettanto utile chiedere a Fca una produzione aggiuntiva al gioiellino della 500E. Ovvero occorre produrne una versione “spartana” o una Panda, che di spartano a suo tempo se ne intendeva! L’obiettivo è molteplice: 1) rilanciare e trasformare la filiera industriale dell’auto piemontese (senza dimenticare il diesel); 2) ridurre l’inquinamento; 3) trasformare la mobilità urbana; 4) rendere accessibile l’elettrico Fca a una quota più ampia di utenti.

Oggi non serve la “corsa” ai Piani Fase 2, ne vedo di innumerevoli e mi stupisco come docenti, esperti, tecnici scrivano feuilleton anche un po’ ripetitivi di analisi sul Covid sino a occuparsi dei parcheggi bici; senza capire che bisognerebbe chiedere a chi lavora che cosa serve veramente. Per gestire un bar chiedere a un barista, per regolare l’afflusso sui pullman chiedere a Gtt e agli autisti. Per regolare l’attività in una  azienda leggere gli innumerevoli accordi sindacali (sintetici e operativi) firmati sinora. No, invece il sindacato, Cgil-Cisl-Uil, è un “valutatore” e non un “estensore”. La Gdo ha già organizzato i flussi con tutti gli strumenti elencati dal Magnifico Piano senza aspettare esperti e soloni ma basandosi sull’esperienza acquisita sul campo.

Un bel po’ d’anni fa, un imprenditore che voleva assumere un apprendista mi fece vedere lo “strumento tecnico”, preparato dalla Regione di centrosinistra, era di 64 pagine e lui mi disse: “per studiare tutto questo devo chiedere a un commercialista e pagarlo pure. Volevo assumere un giovane per insegnargli un mestiere e tenermelo, vabbè, prenderò un tempo determinato così lo lascio a casa se non mi serve più!”.

Al barista sotto casa, in cui anche gli esperti e tecnici vanno a prendere il caffè; al proprietario del negozio di abbigliamento con un dipendente, a chi viaggia sui mezzi pubblici servono, al massimo, dieci punti, una paginetta (scritta a caratteri grandi) per spiegargli, in modo semplice e funzionale, poche e essenziali regole e misure di sicurezza.

A proposito ma corrisponde al vero che il Magnifico Piano è già naufragato sugli 80 milioni/mese di mascherine da produrre in Piemonte che lo stesso Politecnico ritiene inidonee a tre giorni dalla presentazione del Piano?. E chiedere prima alle aziende come producevano le mascherine?

Ci sono due modi per redigere Piani; il primo, mi sembra perseguito sinora, è quello di pensare di sapere tutto e che più si scrive più fa effetto. Il secondo, che è stato sempre il mio modello sindacale, di chiedere a chi fa le cose come si potrebbero migliorare o cambiare e poi chiedere a tecnici e esperti di normarle, renderle chiare e rispettose di Leggi e Contratti.

Insomma, il Magnifico Piano non ha applicato, nonostante si parli molto di formazione, il Work Place Integration per definire attraverso l’esperienza di chi vive in prima linea l’evento, affiancato dal supporto logistico, come si deve processare l’evento. L’arroganza della cultura o più prosaicamente l’idea di fare il primo della classe ha ancora una volta fatto dimenticare il sapere di chi lavora. Ancora una volta c’è chi vorrebbe rappresentare chi lavora senza coinvolgerli. Ma davvero gli interessa rappresentarli? Vi ricordate il Marchese del Grillo: “io so io, voi....”

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