Fase 2, Ascom Torino: a rischio 40mila posti di lavoro

 

Alla vigilia della riapertura delle imprese del terziario, a Torino l'Ascom delinea un quadro drammatico, legato al tracollo dei ricavi, avvenuto nel periodo del lockdown a causa dell'emergenza Coronavirus. Mancano all'appello quasi 2,6 miliardi di valore aggiunto nel settore in tutta la provincia, oltre 13 mila imprese potrebbero non riaprire e a rischio ci sono 40mila posti di lavoro. È  il quadro che emerge dall'indagine realizzata da Ascom Confcommercio Torino, in collaborazione con Format Research, su un campione di 800 imprese del commercio, del turismo e dei servizi della provincia sul clima di fiducia nel primo trimestre 2020. Per il 31% delle aziende intervistate il massimo impatto negativo sull'occupazione sarà a fine estate, questo perché la maggior parte delle imprese del teriziario torinese ipotizza che a fine giugno ci sarà il massimo peggioramento dell'andamento economico e una crisi di liquidità. "Abbiamo bisogno di credito diretto, a fondo perduto, liquidità immediata per le imprese con fatturati completamente annullati, cancellazione del carico fiscale per tutto il prossimo anno, sburocratizzazione, sostegno al reddito degli imprenditori. I nostri imprenditori sono pronti a ripartire ma hanno bisogno di regole chiare e semplici che possano conciliare sicurezza e sostenibilità economica e vogliono essere protagonisti della ripartenza in un dialogo costante con le istituzioni", ha osservato Coppa.

"In queste ore si stanno decidendo le norme per permettere agli esercizi commerciali di riaprire la prossima settimana ma mentre i negozi si stanno preparando santificando i locali e allestendo le vetrine ancora non conosciamo con quali criteri si potrà fare e questo ci sembra poco rispettoso nei confronti di un settore chiuso da tre mesi" ha detto Coppa. Poi prosegue: "Siamo molto preoccupati per ciò che la politica ci sta preparando per la riapertura perché se le regole dovessero essere quelle di cui si sente parlare molti esercizi, soprattutto nel settore della ristorazione, non riusciranno più ad aprire". "Se non si metterà mano a un processo di sburocratizzazione e di forte detassazione non solo per il 2020 ma per sempre, le nostre imprese con il 60% di pressione fiscale non c'è la faranno più soprattutto dopo questo periodo drammatico". "La politica deve cominciare a ragionare con la testa delle imprese e non con quella della burocrazia perché se non lo farà vorrà dire che non è più interessata alle nostre imprese".

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