FASE 2

Atenei torinesi in lockdown, a rischio 33mila fuori sede

Il Politecnico prevede di mantenere le aule chiuse e lezioni da remoto fino a febbraio 2021. L'Università potrebbe seguire l'esempio. Alcuni quartieri rischiano lo spopolamento e per l'economista Russo "la città potrebbe perdere fino a un punto di pil"

Sarà una Torino non solo più povera, ma anche più piccola, quella che uscirà da un’estate che si preannuncia surreale, tra incertezze economiche e stringenti norme di sicurezza. In una città diventata negli anni cittadella universitaria, peserà, da settembre, anche l’assenza di tanti studenti fuori sede. Il Politecnico, infatti, dopo aver stilato linee guida per far ripartire fabbriche, scuole e attività economiche ha deciso di rimanere in lockdown per tutto l'autunno e l'inverno. Lo ha comunicato nei giorni scorsi il rettore Guido Saracco in un webinar con il corpo docente dell’Ateneo, provocando più di un mugugno.

Lezioni quasi esclusivamente da remoto, le dispense saranno messe a disposizione in formato pdf, pochissime le eccezioni. I rischi secondo il Magnifico di corso Duca degli Abruzzi sono troppo alti visto anche il livello di affollamento delle aule, soprattutto in taluni corsi. L’Università degli studi, invece, sta prendendo ancora tempo per decidere: per ora si valuta una opzione “ibrida” spiegano da via Sant’Ottavio, aprendo alcune aule e corsi e mantenendo le lezioni on line per altre. Naturalmente con un occhio sempre fisso all’andamento della curva epidemica: pronti a richiudere tutto nel caso di un peggioramento.

Ma cosa comporta questo per Torino? Per alcuni quartieri si rischia un vero e proprio spopolamento. Basti pensare che secondo un rapporto condotto dalla ricercatrice Erica Mangione del dipartimento Interateneo di Scienze Progetto e Politiche del Territorio del Politecnico, presentato lo scorso anno, nel capoluogo piemontese ci sono oltre 33mila studenti fuori sede, più di uno su dieci è straniero e di questi molti arrivano attraverso il programma Erasmus. Il Poli, in particolare, attira da fuori Torino la metà dei suoi studenti. Solo di affitti ognuno di loro sborsa 312 euro al mese, in media spendono circa 1.200 euro a testa al mese. Bastano questi dati per far capire quanto mancheranno a Torino. Gli studenti che Torino è in grado di attirare ogni anno rappresentano, infatti, il 4 per cento della popolazione cittadina, in gran parte concentrati tra i quartieri Cenisia, Crocetta, Vanchiglia e Centro.

“Facendo un calcolo approssimativo, tutti insieme valgono 1 punto percentuale del pil di Torino, non poco” afferma Beppe Russo, direttore del Centro Einaudi. Dal mercato immobiliare ai bar e ristoranti, passando per le librerie: sono molti gli esercizi commerciali che subiranno le ricadute di un lockdown universitario prolungato, soprattutto in alcune aree del capoluogo. “La logica di fermare le attività può valere in via emergenziale, a distanza di sei mesi non possiamo ancora essere a questo punto – prosegue Russo –. Ora siamo nella fase di convivenza col virus e questo può avvenire in sicurezza attivando sistemi di tracciamento tempestivo dei positivi, testando i loro contatti e procedendo con l’isolamento dei contagiati. Dobbiamo preservare i più fragili, anziani e malati, ma l’economia deve ripartire e non può permettersi un nuovo stop”.

print_icon