SACRO & PROFANO

"Torino, non avere paura"

Esortazione dell'arcivescovo Nosiglia in occasione della festa patronale di San Giovanni. "La città ha sempre avuto delle potenzialità grandi ed è stata modello, secondo me lo sarà ancora". E sulla vicenda Embraco tira le orecchie alle istituzioni

“Torino non deve avere paura: ha sempre avuto delle potenzialità grandi ed è stata modello sotto il profilo del lavoro e dell’accoglienza: secondo me lo sarà ancora”. È l’esortazione piena di speranza espressa dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, in vista della festa di San Giovanni, patrono della città, che quest’anno si svolgerà senza la consueta processione e con solo 200 persone ammesse all’interno del Duomo per la celebrazione. La messa sarà però trasmessa in streaming e all’esterno saranno installati degli altoparlanti per chi non riuscirà a entrare.

“In questo tempo del Coronavirus – ha detto Nosiglia – ho visto che sono scomparse le due città, quella che stava bene e quella che soffriva. Il virus ha unito tutti e tutti si sono aiutati, in modo intenso e concreto. Questo è un aspetto da tenere presente e da valorizzare per il futuro”. E Molto oltre la paura è il titolo della lettera che l’arcivescovo ha scritto ai torinesi in vista delle celebrazioni. In copertina “La paura di Pietro”, illustrazione ripresa da un codice medievale conservato nella Biblioteca Nazionale di Torino che mostra il primo successore di Cristo che, invece di camminare sulle acque come Gesù' gli aveva detto, dubita e comincia a sprofondare. La lettera sarà distribuita nelle parrocchie in settembre, alla ripresa dell’attività pastorale. Nel documento, riflessioni sul contagio del Covid-19 e i cambiamenti che ha indotto nella vita delle persone, sulla necessità fondamentale del lavoro, e un invito alla speranza, a partire dalle potenzialità positive esistenti.

Torino ha delle potenzialità “umane, spirituali, culturali, politiche ed economiche di primo ordine, ma deve credere di più in se stessa, riscoprire e rivitalizzare la sua anima che tiene unite tutte queste risorse”, afferma il presule. “È la radice religiosa e laica insieme che l’ha resa attiva e intraprendente, senza timori alcuni e protesa sempre più a un miglioramento che gli ha permesso di affrontare ogni crisi con uno scatto in avanti di orgoglio e di impegno solidale di ogni suo cittadino”. La lettera parte dalla condizione di paura provata da molte persone nel periodo di lockdown, dall’esperienza di sentirsi tutti più “poveri”, esposti al rischio della malattia, in cerca di solidarietà. Nosiglia ricorda che insieme al volontariato, “la famiglia si è rivelata il soggetto più forte e produttivo, certo adesso sulla famiglia stanno pesando non poche difficoltà"” La lettera affronta poi il tema del lavoro “come prima condizione per la dignità di ogni persona. Il lavoro sta al centro di ogni ripresa e sul lavoro si misura oggi e domani la statura politica e la credibilità delle istituzioni”. Per l'arcivescovo “non ci sono ricette magiche, ma le forze vive della società e delle istituzioni si devono coordinare, si devono sforzare all’incontro e alla collaborazione. Certo non è nella solitudine che possiamo elaborare e sperimentare un diverso modello per lo sviluppo per Torino il suo territorio”.

Nelle riflessioni dell’arcivescovo non potevano mancare considerazioni sull’attualità cittadina, a partire daIle vicende occupazionali. “Il caso della ex Embraco è emblematico di un modo di gestire l’economia basata sui soldi, secondo la logica di considerare i lavoratori come manovalanza necessaria a produrre profitto. È l’emblema di una situazione che riguarda tante altre aziende soprattutto quando finirà la cassa integrazione”. E se le cose vanno male, ha aggiunto, “i primi a pagarne le spese sono le maestranze”. Per monsignor Nosiglia “bisogna cambiare cultura, mentalità e sistema del mondo del lavoro così come lo abbiamo conosciuto in questo passato e promuovere una economia basata su una impostazione nuova che metta al centro la persona che lavora. Gli interventi dello Stato devono orientare tale scelta, non basta dare soldi e soldi che servono solo a tamponare le situazioni esistenti, ma non a impostare una economia nuova e diversa. Bisogna che imprenditori, sindacati, istituzioni e lavoratori facciano alleanza per imboccare questa strada se si vuole affrontare alle radici il problema se no passeremo da una crisi all’altra”.

Infine una stoccata alle istituzioni. Per la ex Embraco, ha ricordato Nosiglia, “avevo chiesto a suo tempo all’assessore regionale al Lavoro di attivare un tavolo specifico composto da istituzioni, compreso il ministero, sindacati, Whirlpool, Ventures, associazioni d’impresa, il nostro ufficio del lavoro e fondazione Operti. Avevo contattato tutte queste realtà che erano d’’accordo, ma non ho più saputo niente. Probabilmente la cosa non è stata ritenuta necessaria. Ora è tempo di fare questo passo, non rovesciando gli uni sugli altri la colpa, ma attivando un percorso concreto e condiviso che assicuri la migliore soluzione possibile che salvaguardi il posto di lavoro per tutti i lavoratori”.

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