SANITA' & GIUSTIZIA

Rsa, vertici Asl nel mirino di Nas e Fiamme Gialle

Perquisizioni e accertamenti a tappeto nelle case di riposo di tutto il Piemonte. Al centro delle indagini le misure adottate per evitare la diffusione del virus tra gli ospiti e, soprattutto, le indicazioni trasmesse da Regione e aziende sanitarie

Un elenco dettagliato degli ospiti che sono entrati da febbraio nelle Rsa, evidenziando i nominativi di quelli dimessi dagli ospedali e, inoltre, se erano stati sottoposti o meno al tampone. È la documentazione richiesta dalla Guardia di Finanza, su disposizione della magistratura, a tutte le Rsa del Piemonte.

Tra le prime Procure della Repubblica a partire con questa indagine è stata quella di Alessandria, ma ormai le richieste stanno arrivando in tutte le strutture della regione, insieme all’acquisizione di cartelle cliniche e ogni altra documentazione, compresa la corrispondenza telematica intercorsa tra le Rsa e l’Asl competente per territorio. Proprio sulle aziende sanitarie e sulle loro eventuali pressioni esercitate sui vertici delle case di riposo per accogliere pazienti dimessi, nonché sull’accertamento o meno della loro positività a Coronavirus, si concentra l’attività degli inquirenti.

Filone parallelo quello affidato ai carabinieri del Nas che, al pari delle Fiamme Gialle, da giorni stanno chiedendo ai vertici delle strutture per anziani una serie informazioni che vertono soprattutto sulle misure assunte per evitare la diffusione del virus, ma non di meno sulle modalità e i tempi della comunicazione da parte degli uffici dell’Asl relative alle linee guida per la prevenzione, sull’eventuale supporto fornito attraverso le Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale. I Nas chiedono anche di conoscere le date in cui sono stati eseguiti i tamponi agli ospiti e le date dei relativi esiti.

Un’inchiesta, anzi più inchieste “gemelle” condotte dalle varie Procure, che pur essendo ancora alle fasi iniziali sembrano puntare più sulle aziende sanitarie e all’intero sistema regionale che le comprende, pur senza ovviamente trascurare eventuali responsabilità in capo alle strutture socio assistenziali.

Di forzature sulle Rsa affinché accogliessero pazienti dimessi dagli ospedali si era incominciato a parlare quando ancora si era nel pieno dell’emergenza, gli ospedali avevano bisogno di liberare posti letto e le strutture assistenziali si sarebbero potute trovare in una situazione di soggezione anche per via dei costi che rimandavano al numero di ospiti e relative rette, in una condizione in cui le spese erano decisamente aumentate. Se ci siano state o meno quelle pressioni lo dovranno accertare le inchieste che potranno trovare conferme  o meno nelle mail intercorse tra le direzioni delle strutture e gli uffici delle aziende sanitarie che si stanno accumulando nei fascicoli, dove è facile immaginare saranno finite anche le delibere della Regioni, le disposizioni dell’Unità di Crisi e le circolari del ministero come quella inviata il 22 gennaio in cui si evidenziava che “le persone anziane potrebbero essere più suscettibili di forme gravi”. Che il settore delle Rsa “ha mostrato più di una falla”, lo ha detto un paio di settimane fa l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi, anticipando la necessità di una riforma, richiesta dagli stessi gestori e alla quale sta lavorando la task force guidata dall’ex ministro Ferruccio Fazio.

A metà luglio è previsto un incontro dei gestori e delle rappresentanze sindacali del settore con il presidente della Regione Alberto Cirio. “In quell’occasione ribadiremo le nostre richieste e le nostre proposte, a partire dal superamento della contraddizione che connota le Rsa: strutture formalmente sanitarie, ma di fatto ancora socioassistenziali”, dice Michele Assandri, presidente regionale di Anaste, una delle principali associazioni di categoria.

Nell’attesa di quanto potrebbe scaturire dal lavoro della sottocommissione di indagine che si insedierà in consiglio regionale, così come aspettando il passaggio dalle parole ai fatti per quanto riguarda l’annunciata riforma del settore, la notizia dell’iscrizione del registro degli indagati del direttore generale dell’Asl di Vercelli Chiara Serpieri con l’ipotesi di reato di omissione d’atti d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sui decessi in una casa di riposo della città segna una svolta. Serpieri (già nel mirino della Lega e di fatto “commissariata” in piena emergenza con l’affiancamento di Piero Presti, disposto dall’assessore), è il primo direttore generale di Asl a finire indagato (insieme al direttore della Rsa Alberto Cottini). Le verrebbero contestati ritardi di alcune settimane nel dare risposte alle richieste di aiuto arrivate all’Asl dalla struttura dove sono morti oltre quaranta ospiti, così come nel predisporre l’intervento della commissione di vigilanza.

Ritardi nelle procedure, così come eventuali forzature per trasferire nelle Rsa pazienti dimessi dagli ospedali, potrebbero emergere in altre Asl su cui si sta concentrando il lavoro degli investigatori, aprendo una questione che inevitabilmente rimbalzerà in Regione. Dove si sta accelerando, anche sulla base della verifica dei bilanci in rosso del 2019, lo spoils system dei vertici delle aziende sanitarie. 

print_icon