Il candidato sindaco conta. Eccome

Di norma, quando si affrontano le elezioni comunali, il tema dei programmi è sempre centrale. Almeno così pare e così dicono. Ed è giusto che sia così, del resto. Anche se, come quasi tutti sanno, l’ultima cosa che il cittadino comune fa è quella di leggere tutti i programmi prima di scegliere il suo candidato a sindaco e la coalizione che lo appoggia. Dopodiché, in seconda battuta, arriva il tema della costruzione della alleanza. Anche su questo versante si recita lo stesso cliché. Ovvero, va costruita una coalizione che sia capace di unire la società politica, cioè i partiti, con la benedetta ed intramontabile società civile. E vabbé, anche questa osservazione è giusta e sacrosanta. Ma l’elemento che qualifica tutto ciò – e qui veramente tutti lo sanno ma pochi sono disposti a parlarne in pubblico e da subito – è chi è il candidato a Sindaco. O meglio, qual è il profilo politico, culturale e professionale che deve avere per candidarsi. Ben sapendo che ad ogni elezione il quadro politico generale è sempre diverso, soprattutto in un fase come la nostra dove le mode sono diventate la regola ufficiale e la competenza, la capacità e lo stesso curriculum quasi insignificanti se non addirittura da respingere al mittente se vengono spiegati e sbandierati come elementi importanti e discriminanti per una candidatura. Del resto, è appena sufficiente gettare lo sguardo sui molti ministri dell’attuale Governo nazionale poter rendersene conto senza ulteriori commenti...

Ma, per fermarsi alle ormai prossime elezioni comunali, forse sarebbe opportuno invertire un po’ la rotta. Pur senza sminuire, com’è ovvio e scontato, i programmi e la coalizione. E cioè, il candidato a sindaco, soprattutto dopo una fase dominata dall’avventura e dalla moda politica passeggera – e pur senza nulla togliere a chi ha ricoperto con impegno e con massima dedizione quel ruolo pur sempre prestigioso e di grande importanza – ridiventa centrale e quasi decisivo. Se non del tutto decisivo. E ciò capita a Torino o a Roma, ma succede anche nei paesi del nostro hinterland torinese come Ciriè o Pinerolo e via elencando. Cioè, in altri termini, la figura del sindaco continua ad essere centrale per orientare i consensi e qualificare una squadra e lo stesso programma. Perché, com’è altrettanto ovvio e quasi scontato, se ci sono una discreta squadra e anche un credibile programma ma il candidato a sindaco è alquanto incolore ed inespressivo, difficilmente si è politicamente competitivi. Soprattutto dopo una fase, come è a tutti noto, dominata dal nuovismo antipolitico e antisistema.

Ecco perché trovo del tutto condivisibile la tesi di coloro che insistono, anche già in questa fase, sulla necessità di individuare al più presto la figura del candidato a sindaco con la sua relativa e potenziale squadra. Il tutto non solo per evitare che tutto ciò arrivi in “zona Cesarini”, come si suol dire, frutto di mille mediazioni e compromessi locali e soprattutto nazionali, ma anche per far sì che i cittadini conoscano in anticipo, e in totale trasparenza, ciò che costoro vorranno fare per la loro città e per il loro territorio. E questo non solo in ossequio al principio della personalizzazione della politica che domina, purtroppo e ormai da molti anni, lo scenario pubblico nazionale e locale ma anche perché, alla fin fine, il sindaco è pur sempre la figura politica ed amministrativa più importante della città.

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