Attendendo l'invasione aliena

“Extraterrestre portami via…”, cantava Eugenio Finardi sul finire degli anni ’70: un brano oggi più attuale che mai. In questi mesi la ricerca di altre forme di vita, al di fuori del nostro pianeta, pare sia finalmente giunta a importanti conclusioni teoriche: sulla base di equazioni e calcoli, decisamente affidabili, la nostra galassia offre decine di circostanze favorevoli allo sviluppo di civiltà aliene evolute.

Il dato inerente al nostro sistema stellare andrebbe moltiplicato per miliardi di volte, così da essere applicato all’intero Universo, per constatare come lo spazio cosmico sia una potenziale culla di società extraterrestri in grado di comunicare con altri mondi. La conferma di tale ipotesi giungerà forse nell’attimo in cui l’essere umano metterà piede sul Pianeta Rosso, ossia Marte: trovare sulla sua superficie tracce biologiche, anche microscopiche, significherebbe avallare tutte le ipotesi sin qui citate.

Sarebbe un enorme spreco di spazio se nell’intero universo ci fossero esclusivamente gli abitanti del pianeta Terra, come scrisse il grande narratore di fantascienza Isaac Asimov, e questo deserto non avrebbe alcun senso nel complesso sistema delle leggi che regolano la Natura. Ad oggi comunque non abbiamo prove certe, neppure riscontri, sull’ipotesi che non siamo soli nel cosmo siderale.

La domanda sull’esistenza di forme di vita extraterrestri non può essere motivo per giustificare il tempo sprecato nel cercare Ufo tra le nuvole, con il naso puntato verso il cielo, o inspiegabili bagliori di luce nella notte. Al contrario, porsi il quesito su cosa potrebbe esserci oltre il nostro orizzonte planetario dovrebbe rappresentare una buona occasione per riflettere sul mondo che ci ospita, nonché sulle creature che si nutrono di aria, acqua e cibo (il tutto offerto gratuitamente dalla Terra) come noi umani.

Sarebbe infatti un esercizio utile quello di assaporare quanto il nostro pianeta ci offre: un raro sfoggio di vita che ha superato numerose estinzioni di massa. Purtroppo però non appare sempre facile trovare un punto di equilibrio tra noi e il globo su cui camminiamo, specialmente quando tutto nel mondo si riduce a rapporti di forza tra i poteri economici e quelli politici.

Nei decenni scorsi associazioni e governi hanno organizzato un fitto programma di iniziative a tutela dell’Ambiente, ma proprio nel momento in cui la Natura lancia numerosi grida d’allarme (dai ghiacciai che si sciolgono al Sole, a livelli di inquinamento mai raggiunti prima) molte nazioni compiono scelte in aperto contrasto con la possibilità di consegnare un futuro alle nuove generazioni.

L’onda nera nazionalista, nonché anti-ecologista, interessa oramai buona parte delle popolazioni del pianeta, e i venti che spiegano le vele verso un nuovo conflitto mondiale soffiano più forte che mai. Gli ideali solidali e internazionalisti, da sempre invisi ai capitani della finanza, sono stati archiviati grazie a campagne mediatiche battenti, a cui si affiancano le tante colpe delle forze di Sinistra, mentre al contempo fioriscono i progetti politici incentrati sull’intolleranza e sul profondo disprezzo degli altri (l’esatto opposto della fratellanza).

Nell’ultimo fine settimana, in una manciata di ore, abbiamo assistito impotenti a un ulteriore passo avanti di quell’assetto mondiale poco incline alla conservazione della “Pace”. La scelta di Erdogan, il premier di Ankara, di trasformare nuovamente il museo di Santa Sofia in una moschea (lo fu sino al 1935) è prodromica alla caratterizzazione confessionale della Turchia.

L’atto (profondamente politico) ha scatenato l’ira degli ultracattolici, i quali hanno criticato il Santo Padre, accusandolo di essere stato troppo timido nella risposta data al capo di stato turco: disapprovazione che si trasforma in un prezioso contributo al conflitto religioso in fieri. In parallelo la Polonia, andando alle urne, ha eletto Presidente un cattolico integralista, noto purtroppo per le sue dichiarazioni antisemite e omofobe (sul modello del brasiliano Bolsonaro).

Le premesse di uno scontro su larga scala sono state scritte da tempo, sia in Europa che in altri continenti, così come non mancano i segnali di una reazione conservatrice in diverse nazioni occidentali. La Rivoluzione francese, il cui anniversario ricorre in questi giorni, fu costruita anche tramite la pubblicazione di pamphlet che diffondevano a un popolo vessato notizie clamorosamente false (tra queste ricordiamo la risposta di Maria Antonietta a chi le chiedeva il pane), ma utili a fare crescere una rabbia incontenibile tra i cittadini. Gli effetti si tradussero nella ghigliottina all’opera con grande impegno: una tattica di falsa informazione emulata ora dalle file italiche della Destra radicale.

Le forze oscure avanzano puntando sovente sull’alterazione dei fatti reali nonché sull’oblio collettivo. Infatti pochi ricordano che la crisi economica attuale, in epoca Covid, è pari solo a quella dell’anno 2008, quando sedeva a Montecitorio il governo Berlusconi IV (formato dal PdL di cui faceva parte An e Lega Nord): il Paese in quell’anno non fu colpito da un’emergenza sanitaria, bensì da un buon numero di interessi privati assurti a nazionali (tra questi il perfezionamento della privatizzazione della rete autostradale).

Rimane infine da chiedersi se la prossima guerra sarà combattuta sui campi di battaglia o facendo buon uso di armi batteriologiche, magari tramite la diffusione incontrollata di un virus.

Extraterrestri: a voi possiamo affidare il domani di tutti noi. Solamente in caso di invasione aliena questa folle umanità potrebbe unirsi, a prescindere dal colore della pelle e dalla provenienza geografica, per combattere un nemico comune. Alleanza umana che neppure il Covid19 è riuscito a far nascere.  

Nel caso invece non esista vita nel cosmo, saremo ad ogni modo bravi ad annientarci da soli.     

print_icon