VERSO IL 2021

Appendino strizza l'occhio al Pd, ma Lo Russo guarda altrove

Nel motivare il suo voto favorevole su Rousseau la sindaca apre alle alleanze anche con il nemico storico, a quei pidioti che fino a ieri erano da cacciare al grido di "ho-ne-stà! ho-ne-stà!". Glaciale il capogruppo dem: "Cinica e opportunista". Discorso chiuso? Manco per idea

“Quei paletti che ci siamo dati ci sono serviti a non sbagliare strada quando ancora non sapevamo guidare. Ora siamo cresciuti e, mi sento di dire, è arrivato il momento di guardare oltre quei paletti". La sindaca di Torino, Chiara Appendino, spiega così, strizzando l’occhio al Pd, le ragioni del suo sì al voto sulla piattaforma Rousseau a cui sono chiamati i 5 Stelle. In merito al primo quesito relativo alla modifica del mandato zero, che le permetterebbe di ricandidarsi alle prossime comunali, Appendino spiega che poiché è un tema che “potenzialmente mi tocca in prima persona”, “anche per coerenza con quanto ho sempre detto su questo punto, mi sono astenuta dal voto e non aggiungerò commenti”. Al contrario è particolarmente prolissa nell’argomentare la necessità di superare l’orinario solipsismo politico del M5s, senza escludere a priori intese elettorali. “Credetemi – scrive la prima cittadina – in questi anni da sindaca di quella che per me è la più bella città del mondo, ho imparato tanto. E forse ciò che ho imparato di più è che le idee, per funzionare, devono andare oltre qualsiasi pregiudizio. Non ho alcun timore a dire che mi sono dovuta ricredere su molte persone. Nel bene e nel male”. Appendino ne approfitta per mandare qualche stilettata ad alcuni esponenti del suo gruppo di maggioranza (primo fra tutti il consigliere Damiano Carretto) che, nei giorni scorsi, si erano espressi in modo contrario sia per quanto riguarda la deroga al secondo mandato, sia sul tema delle alleanze. “Semplicemente, sono e siamo cresciuti. E se qualcuno preferisce dire che siamo cambiati... beh, sì. Siamo cambiati. Quei paletti che ci siamo dati ci sono serviti a non sbagliare strada quando ancora non sapevamo guidare. Ora siamo cresciuti e, mi sento di dire, è arrivato il momento di guardare oltre quei paletti. Non è una questione di sigle, né di nomi. È una questione di fiducia in noi stessi. È una questione di fiducia nei territori”.

Ma Appendino non vuol dire fiducia, almeno per il Pd torinese che respinge ogni ipotesi di intelligenza con quella che da quasi cinque anni è il nemico dichiarato. E lo fa per bocca del capogruppo in Sala Rossa e tra i papabili candidati sindaco Stefano Lo Russo: “L’annuncio di Appendino di volere una alleanza con il Pd non ci stupisce per nulla – sottolinea l’esponente dem – ed è solo frutto di cinico opportunismo e calcolo politico. Deriva dalla piena consapevolezza che il M5s, e soprattutto la sua amministrazione, sono arrivate al capolinea e che il tempo sta per scadere”. Per Lo Russo “oggi alla città serve un progetto completamente alternativo a quello grillino, di rilancio e sviluppo, che metta al centro il lavoro e non figlio di compromessi programmatici al ribasso. E quel progetto il Pd è chiamato a costruirlo e lo sta costruendo con le forze del centrosinistra, non di certo con il M5s. Noi – conclude – siamo interessati a quello: al rilancio di Torino. Dei posizionamenti politicisti atti a garantirsi il futuro personale dei vari esponenti grillini ci interessa davvero poco”. Fosse per il partito di Torino la questione sarebbe definitivamente chiusa, ma la verità è che fino all’ultimo a Roma si tenterà di proiettare sotto la Mole la coalizione giallorossa. E le prime avvisaglie si avranno tra un paio di settimane.

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