Un No al populismo

L’ormai prossimo referendum confermativo sul taglio dei parlamentari avviene in un clima politico e mediatico surreale. Nessuno, al momento, ne parla, o quasi. Né i grandi organi di informazione né, tantomeno, in quel che resta dei partiti organizzati. E, di conseguenza e com’è naturale che sia, e soprattutto in questo periodo, tra la pubblica opinione più in generale.

Ora, al di là di questa stranezza, l’unico elemento che spiega questo misterioso silenzio ed omertà, è la sostanziale paura a contrastare l’ondata populista e demagogica che, a mio parere come quello di moltissimi italiani credo, continua a scorrere con potenza e velocità nelle viscere del paese reale. Un populismo che, proprio su questo terreno, molti continuano ad avere paura e timore nel saper contrastare una moda che nel passato, più o meno recente, è riuscito a mietere consensi massicci e orizzontali, cioè provenienti dalle più disparate aree culturali del nostro Paese. Ecco perché persiste un sostanziale silenzio sul prossimo referendum confermativo.

Eppur qualcosa si muove anche se con timidezza e molta prudenza. Ma, al di là di chi è favorevole e chi è contrario al quesito referendario e a prescindere da chi ha cambiato opinione cammin facendo, quello che va evidenziato con forza, almeno secondo la mia opinione, è che la democrazia non può essere solo misurata e valutata da quanto costa.

Perché se il dogma costitutivo del populismo, come tutti dovrebbero sapere, si basa esclusivamente sul costo della democrazia e delle istituzioni e quindi individua la ricetta nel risparmiare e nel tagliare le rispettive rappresentanze democratiche dei vari istituti, è del tutto ovvio nonché scontato che prima o poi si imbocca una scorciatoia autoritaria. Perché se la regola di fondo resta quella che “meno siamo e meglio stiamo”, è del tutto ovvio che la democrazia rappresentativa diventa un semplice orpello, se non addirittura un ostacolo, da cui occorre liberarsi al più presto. In nome, come ovvio, della riduzione dei costi e di una maggior velocità decisionale. Un progetto che conserva una sua coerenza e che, com’è altrettanto scontato, dovrebbe prevedere una progressiva riduzione di tutti i costi delle varie assemblee rappresentative. Una progetto che vede nei 5 stelle, ma non solo, i protagonisti principali se non quasi esclusivi di questa operazione.

Ed è proprio di fronte a questa deriva che le culture politiche riformiste, democratiche e costituzionali hanno il dovere, e non solo il diritto, di scendere in campo per sventare un disegno che rischia, inconsapevolmente o meno che sia fa poca differenza, di ridurre non solo gli spazi democratici e rappresentativi ma la stessa qualità della nostra democrazia. Perché se tutto è un costo – salvo l’attuale stipendio dei parlamentari che paradossalmente ed inspiegabilmente non è stato ancora ridotto… – le decisioni solitarie e ristrette inevitabilmente sarebbero più veloci, meno costose e più redditizie. È questo quello che vogliamo con il prossimo referendum sul taglio dei parlamentari? Io credo e spero di No.

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