EMERGENZA SANITARIA

Scuola, il vero banco di prova

Il ritorno in aula tra distanziamento, gel, termoscanner e mascherine. E tante soluzioni dettate più dal buonsenso che dai protocolli. Perché, al netto delle polemiche politiche, la riapertura è tutta sul groppone di famiglie e insegnanti. Parla la preside Patriarca

C’è una ministra che, aspettando i banchi a rotelle, piazza al dicastero un non troppo rassicurante help desk. E, poi, c’è la dirigente di un grande plesso scolastico che mette ordinatamente in fila gli alunni facendo tener loro la destra agli ingressi. Aprirà tutte le porte per evitare assembramenti, li farà passare davanti al termoscanner, più sicuro che chiedere a mamme e papà di infilare il termometro sotto l’ascella del piccolo, e agli stessi genitori ha pure chiesto e ottenuto di farsi volontari per aiutare il personale quando suona la campanella.

Due facce della stessa medaglia, che non è certo quella al merito della ministra Lucia Azzolina e dell’intero Governo, impacciati e pasticcioni l’una e l’altro sulla scuola come chi s’arrabatta a fare i compiti delle vacanze gli ultimi giorni pur avendo avuto mesi di tempo.

Non è mai troppo tardi, si chiamava così la trasmissione del maestro Manzi, antesignano della didattica a distanza nella tivù in bianco e nero con le sue lezioni a un’Italia dove l’analfabetismo non era funzionale, ma reale e ancora molto diffuso. Invece sembra davvero essere tardi per arrivare in tempo al 14 settembre quando le scuole apriranno, dopo l’anticipo del primo del mese con i corsi di recupero. Dubbi e caos regnano su questa vigilia di un ritorno sui banchi senza precedenti, ma anche senza quelle certezze che più che nelle pagine e pagine del documento dell’Istituto Superiore della Sanità e nel Protocollo del ministero dell’Istruzione è facile trovare in buoni esempi che la scuola sa dare nell’arte di arrangiarsi.

Leggi qui il rapporto Iss sulla scuola

L’istituto comprensivo Niccolò Tommaseo con le sue cinque scuole, dall’infanzia alle secondarie, i 1300 alunni e 180 docenti è uno dei poli scolastici più grandi di Torino. Lorenza Patriarca, che lo dirige, le idee chiare su come sarebbero andate le cose aspettando il Godot di viale Trastevere ci ha messo poco a farsele. Lei e altri come lei, in scuole grandi e numerose, piccole ma non senza problemi, pubbliche e parificate. Mentre il metro di distanza di fronte a difficoltà non affrontate per tempo diventava per la burocrazia ministeriale una misura elastica, la preside con 23 anni di dirigenza (lo era già quando la collega Azzolina entrava al liceo) aveva già deciso di dividere a metà le classi più affollate, ricavando nuove aule nella palestra, nel refettorio e visto che i locali non bastavano affittandone dalla parrocchia.

“Ho capito che la scuola non è tra le priorità assolute della politica” dice con disincanto, più che con stupore, lei che siede in consiglio comunale a Torino, subentrata a Piero Fassino. E ha capito pure che affidarsi ai genitori per misurare la febbre ai pargoli, mentre si va di fretta e magari ci si dimentica, non è una grande pensata. “Abbiamo preso i termoscanner, sono rapidissimi e non ci sarà nessun assembramento”, spiega. Già, perché aprendo tutti gli ingressi possibili si evita pure di dover scaglionare in orari diversi l’arrivo a scuola, “immaginatevi chi ha due o più figli e deve pure andare al lavoro”.

Forse ha davvero ragione lei, la preside: “A decidere le regole per le scuole ci sono esperti che la scuola spesso l’hanno vista l’ultima volta quando hanno dato la maturità”. E magari qualcuno, più anziano, ricorderà quando si andava in fila per due. Lei ha deciso di farli entrare ordinatamente, “tenendo la destra”, evitando così quel parapiglia festoso, ma rischioso di questi tempi, che ha cambiato anche l’immagine grembiule e fiocco.

Uno dice, eh si fa presto a dire che di una classe se ne fanno due, ma il personale? “Ovviamente ho chiesto organico aggiuntivo, ma nessuno ha ancora risposto”. Progetto accantonato? Macchè, si è messa a caccia di finanziamenti per fare contratti temporanei e assumere personale di supporto. Per le rigidissime regole anti-contagio, nel grande polo scolastico torinese hanno preso lo studio e il programma fatto dal Politecnico di Milano per la Fondazione Agnelli.

“Certo che temo dei casi di Covid, mi auguro di no, ma con il numero di alunni, di docenti e di personale non docente che abbiamo, la statistica non ci aiuta. Però – dice convinta – siamo preparati, mettiamo in campo tutte le regole e gli strumenti per ridurre al minimo il rischio”. Se capiterà, come prevede il protocollo ministeriale, il bambino verrà affidato ai genitori, avvertita l’Asl e non è così automatico il chiudere una classe o addirittura la scuola.

“Noi, comunque, siamo in grado all’occorrenza di poter chiudere un’aula, un piano o un’ala”. Compartimenti autonomi, come quelli di una nave, nella scuola che deve navigare a vista. E arrangiarsi pure per compensare, con quegli ingressi moltiplicati, la carenza del perdonale per sorvegliare i delicati momenti dell’arrivo e dell’uscita. “Ho chiesto una mano ai genitori, faranno a turno”. Poi si farà attività fisica, posturale in aula e se il tempo è buono all'aperto, qualche camminata veloce va più che bene. E il aula si mangerà pure, per evitare commistioni tenuta alla larga anche dall'eliminazione delle attiviità di interclasse. "In caso di qualche positività sarà più facile contenere e controllare".

Leggi qui linee del Ministero dell'Istruzione

Intanto, la ministra annuncia, come va facendo da settimane. “In vista di settembre sono stati stanziati 2,9 miliardi per consentire lavori di edilizia scolastica, affitto di nuovi spazi, acquisto di nuovi arredi, saranno distribuiti 2,4 milioni di banchi monoposto. Un investimento mai fatto con questa portata dallo Stato” sottolinea, come se il lockdown e la pandemia avessero accompagnato i corsi di studi di generazioni.

“Nei mesi scorsi, quando si sarebbero dovuti elaborare piani senza arrivare con il fiato corto, abbiamo dovuto fare un salto a piedi giunti nella didattica a distanza e non è stato solo un problema, ne siamo usciti con un buon bagaglio che ci servirà”. spiega Patriarca. “Ogni nostro alunno ha un suo account, abbiamo dotato di computer chi non ne era in possesso e ogni classe ha tutto il materiale didattico sulla piattaforma informatica”. Al ministero da domani c’è l’help desk.

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