Esperti del complotto

In seno alle comunità umane, così come nelle dinamiche sociali, si manifestano solitamente usi e costumi che rappresentano i valori in voga durante una data epoca. Le abitudini collettive talvolta indicano l’avvio di mutamenti importanti, spesso sconvolgenti, sia nel costume della cittadinanza che nel quadro politico generale.

In Italia la fine della cosiddetta “Prima Repubblica” (quella nata con la vittoria della lotta di Liberazione) ha introdotto la fortunata nascita dei partiti personali: formazioni sorte a volte sulla base di rivendicazioni di legalità (vedi Italia dei Valori-Di Pietro) ma spesso invece dall’esigenza di tutelate affari e interessi imprenditoriali di leader fondatori e simpatizzanti.

Alle ideologie, che fino ad allora avevano regolato le scelte programmatiche dei grandi partiti, si è lentamente sostituito il narcisismo individuale. Tale personalismo ha portato con sé una lotta di potere incentrata quasi esclusivamente sulla capacità di spostare denaro e influenze importanti sui candidati “fedeli al capo”. La “Seconda Repubblica” quindi è il terreno dove le contrapposizioni tra i vari schieramenti politici vengono disputate soprattutto (salvo rare eccezioni) per mezzo degli intramontabili capopopolo (fenomeno già noto nel dopoguerra) e vinte grazie alla forza economica investita in sfrenate, costosissime, campagne elettorali.

Il perverso meccanismo democratico di questi anni si è quindi retto sulla capacità dei leader locali, ma anche nazionali, nel circondarsi di “Yes men”: uomini e donne, simili a moderni vassalli, a cui consegnare ruoli in enti pubblici e incarichi istituzionali. Vere e proprie associazioni di gestione del Potere, il cui principale scopo è quello di raccogliere voti tramite la creazione del consenso e (in molti casi) delle clientele. Gli slogan protagonisti di quest’ultima tornata elettorale (referendum costituzionale e regionali) dimostrano purtroppo la pochezza degli argomenti in mano alla politica, nonché l’assoluta assenza di visioni di lungo periodo.

Sugli spazi elettorali campeggiano i soliti volti sereni, sorridenti, incorniciati da parole semplici, i soliti richiami ai campanili, grandi cuori e tanto amore rassicurante. Tolto qualche sparuto riferimento alla tutela del sistema sanitario pubblico (almeno quello) sono scomparsi i temi sociali: non si fa cenno al lavoro, alla disoccupazione, alla difesa dei cittadini più fragili. I progetti politici sono mediamente di respiro corto, oramai si rinuncia a immaginare una qualsiasi visione alternativa al modello di società esistente.

In mezzo a decine di manifesti davvero insulsi su cui spiccano primi piani e massime infantili, spunta sporadicamente un falce e martello che richiama la giustizia sociale e la tutela dei lavoratori. Frasi intrise di passione seppur oramai prive di radicamento tra gli elettori della nuova Italia. Le idee infatti non sono più motivo di conflitto tra schieramenti politici antagonisti, poiché lo scontro si disputa oggi tra nostalgie conservatrici e curiose teorie incentrate su complotti mondiali.

Quando si osservano le macerie su cui è stata issata la III Repubblica verrebbe da pensare “Chi è colpa del suo mal pianga se stesso”.

Il movimento pentastellato ha spazzato via i dirigenti “storici” dei partiti un tempo di massa, obbligando i nuovi quadri a costruire equilibri inediti nel vano tentativo di non essere travolti dalla Storia. L’uso sapiente della rete e dei social ha consentito all’anti-politica di rendere inutile ogni resistenza. Una inevitabile vittoria ottenuta affidando alla comunicazione virtuale ipotesi accattivanti di complotti in ogni campo della vita pubblica, mixate a reali immagini di inefficienza amministrativa e di quotidiana corruzione. A sua volta però il M5s, giunto al governo della nostra penisola, si è subito trovato a subire lo stato di assedio: fake news, fotomontaggi, dichiarazioni ad effetto di leader politici hanno alimentato visioni complottiste e, in parallelo, odio nonché profonde divisioni (la premessa di tutte le guerre civili).

Casaleggio e Grillo si sono trovati a passare dal banco degli inquirenti a quello degli accusati, di chi “Ha qualcosa da nascondere”, finendo così a loro volta nella gogna mediatica.

Un tempo la controinformazione era il faticoso frutto di estenuanti ricerche delle fonti e dei fatti reali. Oggi invece il web propone canali televisivi dispensatori di Verità assoluta, dove conduttori dalla missione rivelatrice si gettano anima e cuore nella lotta a favore del Bene (specialmente il loro Bene). L’informazione (o presunta tale) ospitata nel cosmo del Wi-Fi si pone lo scopo divino di “illuminare” le persone, per porle sulla buona strada (anche dal punto di vista elettorale) nel nome del complotto svelato.

Le telecamere riprendono ricche scenografie e ambienti professionali. Giornalisti impeccabili, stipendiati grazie a fondi non sempre di provenienza nota, intervistano “esperti” che vantano titoli accademici altisonanti, per cui utili nel dirimere difficili questioni e dubbi vari. Il tutto è davvero molto credibile agli occhi del pubblico, specie quello più sprovveduto e ingenuo, ma invece sono molti i punti che preoccupano chi crede davvero nell’attuazione dell’articolo 21 della Costituzione (la Libertà di espressione). 

I titoli dei cosiddetti “esperti” spesso si sgonfiano appena vengono effettuate ricerche sulle pubblicazioni editate e le sedi di insegnamento. Scomparsa la loro qualifica scientifica emerge piuttosto una grande propensione ad accumulare denaro e una altrettanta forte necessità di essere visibili alla massa (anche a costo di seminare infondati allarmi tra le persone che li ascoltano).

Le stesse entrate economiche necessarie alla messa in onda sono sempre imputate alla “generosità degli ascoltatori”, ma regolarmente è la politica a utilizzare quei canali per aumentare i propri consensi: un servizio propagandistico di certo non basato sul volontariato.

Le bugie diventano “Fatti” di cronaca, tramite la fabbrica della fake news, e poi di conseguenza “Voti” al generoso candidato di turno. Ho assistito personalmente alla creazione della frottola sul lager di Fenestrelle, un vero capolavoro di falsificazione della Storia a uso politico, e ho constatato quali nefasti effetti abbia avuto nelle terre un tempo borboniche.

La riforma più utile al Paese non è il taglio di poltrone, ma fornire a tutti quanti gli strumenti utili a evitare di essere perennemente vittime delle menzogne e dei raggiri. Una lotta alla non conoscenza e all’ignoranza attraverso un forte sostegno della Cultura.

Seguendo chi la spara più grossa solitamente non vince il popolo, bensì il potere.

print_icon