ECONOMIA DOMESTICA

Nessun miracolo salverà Embraco

Al netto degli auspici del vescovo Nosiglia occorre prendere atto della realtà: al momento non esiste nessun progetto industriale in grado di rilanciare lo stabilimento torinese. Sei mesi per ricollocare i lavoratori rimasti (ed evitare di illuderli ancora)

“Serve una linea comune per affrontare i prossimi mesi”, quando bisognerà trovare un progetto industriale che dia futuro agli operai Embraco. Era questo, spiega all’agenzia Dire Arcangelo Montemarano della Fim Cisl, lo scopo del tavolo all’assessorato al Lavoro di oggi, alla presenza dell’assessora Elena Chiorino: un messaggio da trasferire possibilmente al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. I sindacati, infatti, si chiedono perché sia stato bloccato il progetto Italcomp, senza avere valide strade secondarie da percorrere. “Ma perché è stato cestinato, se non ci sono soluzioni alternative?”, si domanda il segretario di Uglm Torino, Ciro Marino. “Un progetto lo cestini se hai un'alternativa. Il tuo scopo è creare occupazione, non disoccupati”. In verità la questione è un po’ più complessa.

Poco più di un anno fa nasceva l’idea di ItalComp, un polo nazionale della componentistica per gli elettrodomestici che avrebbe dovuto salvare, collegandole in un unico gruppo, due fabbriche storiche del Paese, una già ferma da qualche anno e l’altra mantenuta faticosamente in vita dall’amministrazione straordinaria: la ex Embraco di Riva di Chieri (Torino), uno stabilimento passato nel corso dei decenni dalla Fiat (negli anni Settanta si chiamava Aspera) alla multinazionale americana Whirlpool, alla velleitaria reindustrializzazione targata Ventures; e la Acc di Mel (Belluno) costruita dalla Zanussi per il rilancio del territorio bellunese dopo la tragedia del Vajont, poi sedotta e abbandonata dai cinesi della Wanbao.

Secondo i piani originari il polo italiano dei compressori per frigoriferi avrebbe dovuto decollare già all’inizio dell’anno, ma il cambio di guardia al ministero dello Sviluppo Economico tra il grillino Stefano Patuanelli e il leghista Giorgetti, ha rimesso tutto in discussione. Nonostante al Mise ci sia ancora Alessandra Todde (pure lei M5s) che, come sottosegretaria di Patuanelli, aveva disegnato insieme al commissario straordinario di Acc, Maurizio Castro, il progetto ItalComp e che ora, in qualità di viceministro con delega alle crisi industriali, cerca di barcamenarsi, arrivando persino a sconfessare se stessa.

Giorgetti si è dimostrato fin da subito poco entusiasta di ItalComp, coerente a quella visione del Mise che vorrebbe non più un ministero dei salvataggi economici ma di sviluppo economico: l’acronimo è lo stesso, ma assai differente la missione. Per l’esponente di governo, infatti, non si può salvare ciò che non è più possibile salvare. E la Embraco è, in tal senso, un paradigma di quel cambio di approccio che deve avere la politica industriale ai tempi di Pnrr. Non più Invitalia, società del Tesoro, driver dell’operazione ma soggetti privati “veri” in grado di camminare con le loro gambe, con lo Stato in un ruolo di affiancamento e in posizione minoritaria.

Insomma, la domanda per quanto sgradevole possa essere è questa: c’è (ancora) un futuro industriale per Embraco? Al netto degli appelli alla solidarietà, alle soluzioni emergenziali, alle tradizionali risposte di welfare (ammortizzatori e sussidi). Intanto, la Cig per i 391 lavoratori di Riva di Chieri è stata appena prorogata, ma non bisogna perdere tempo: “Da qui a dicembre è un attimo”, conferma Montemarano. E anche se la cassa scadrà dopo, “se in legge in Bilancio a fine 2021 non ci sarà nulla per noi, vorrà dire che è finita”. Perché non approfittare di quello che probabilmente sarà l’ultima boccata di ossigeno di una respirazione artificiale che ormai si protrae da troppo tempo (quasi quattro anni) per studiare un piano di ricollocazione delle maestranze rimaste? Giusto per evitare tra qualche mese la solita giaculatoria?

L’ultimo incontro prima della pausa estiva del tavolo settimanale permanente su Embraco si è concluso con l'invio dell’ennesima lettera che chiede un incontro al Mise, e con la richiesta di un Consiglio regionale del Piemonte aperto a settembre, alla prima occasione unica dopo le ferie. Questo, dopo che durante l’ultimo incontro su Embraco “un funzionario del ministero ha detto che è in corso uno scouting per trovare soluzioni e imprenditori”, racconta Montemarano, dunque “a fronte di queste dichiarazioni vogliamo incontrare il Mise per avere evidenze del risultato dello scouting”. Uno scouting che si sperava potesse avere esito positivo, visto che, come spiega Marino, “avevano trovato delle soluzioni che ci avrebbero poi illustrato a breve”. Soluzioni di cui però al momento non v’è traccia.

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