LA (S)QUADRA

La forza di un sindaco debole

Nella composizione della giunta Lo Russo rompe (finalmente) con quel blocco di potere incrostato e incestuoso che ha imprigionato Torino. Con la nomina all'Urbanistica del milanese Mazzoleni dà uno schiaffo ai soliti noti del mattone. E se ne frega pure delle camarille del Pd

Ha vinto contro tutti e non deve niente a nessuno (o quasi). Da questa prospettiva appare più lineare il percorso che ha portato Stefano Lo Russo a comporre la sua nuova giunta. Un sindaco debole per la freddezza – che talvolta tracimava in aperto ostracismo – con cui il suo stesso partito e pezzi importanti della coalizione lo hanno trattato, potrebbe trasformare quella condizione di solitudine in autonomia.

Autonomia dalle camarille delle varie forze politiche e dai sistemi di potere locali che spesso hanno avviluppato le precedenti amministrazioni fino quasi a strozzarle. Vuole re-instaurare un Sistema Torino Lo Russo, ma da intendere non come un blocco di potere che si autoalimenta attraverso rendite di posizione e nepotismo, piuttosto come una nuova classe dirigente forgiata su merito e competenze. In fondo è ben conscio lui stesso che il disinteresse di tanti cittadini verso i seggi lo ha privato di quella legittimazione fondamentale per un sindaco, vieppiù da quando è eletto direttamente dagli elettori. Insomma, c’è un rapporto da ricucire tra le istituzioni e i cittadini e anche di questo intende farsi carico.   

Quattro assessori esterni, pochissimo spazio ai partiti; i capataz democratici si lamentano a denti stretti ma non hanno più la forza per mettersi di traverso. Anche nella gestione dei nuovi spazi urbani Lo Russo dimostra la sua volontà di rompere gli schemi, di superare le logiche collegate ai soliti grandi studi del capoluogo – i Rolla e i Camerana tanto per non fare nomi – e così è andato a scegliersi un professore universitario di Milano, Paolo Mazzoleni, che non ha interessi in questa città. Uno schiaffo ai soliti noti del mattone e anche a certo provincialismo (“Non ce n’erano di bravi qui a Torino?”). Merito e competenza. La custode della cassa sarà Gabriella Nardelli, “colei che ha firmato il bilancio consolidato di Roma Capitale” l’ha presentata il sindaco in conferenza stampa. A livello locale ha gestito, come amministratore di Metro Holding, l’ingresso della Città Metropolitana in Iren, siede nei collegi di revisione di alcune delle più importanti partecipate di Torino tra cui la Smat e – fa notare qualche attento osservatore – ha firmato pubblicazioni sui bilanci degli enti locali assieme, tra gli altri, all’ex procuratore regionale della Corte dei Conti Giancarlo Astegiano. Arriva da Napoli, invece, il nuovo assessore alla Cultura, Rosanna Purchia, che in poco più di un anno di commissariamento ha rimesso in sesto i conti del Teatro Regio.

Per il ruolo di vice Lo Russo aveva sondato la professoressa Anna Maria Poggi, ricevendone peraltro la disponibilità, ma poi ha scelto di rinunciare all’allure che avrebbe garantito un’autorevole docente del dipartimento di Giurisprudenza con la sua “compagna di parrocchia” come la definisce qualche malelingua. La cattolica Michela Favaro è considerata una sua fedelissima: esordì con lui in Sala Rossa nel 2001 – primo mandato di Sergio Chiamparino – ed è stato lui a volerla a capo di Afc, la società pubblica dei cimiteri: ora avrà il Personale, Patrimonio e Appalti. Tre deleghe tra le più delicate e rognose. Non solo: nella composizione della sua giunta Lo Russo ha voluto superare anche quella sorta di soggezione nei confronti del potere giudiziario, rivendicando la primazia della politica sugli avvisi di garanzia: Favaro, infatti, che è indagata da due anni in un’inchiesta, ancora in corso, relativa proprio alla sua attività a capo dei cimiteri, non solo entra in giunta ma ottiene la delega alla Legalità. Peraltro potrebbe non essere l’unica indagata a occupare un ruolo chiave in via Milano: una ventata di garantismo in un partito, il Pd, che sulle inchieste ha spesso costruito delle campagne politiche.

Nell’attribuzione delle competenze dei vari assessori ci sono poi state una serie di consuetudini interrotte dal primo cittadino che negli anni rischiavano di trasformarsi in vere e proprie filiere di potere, sclerosi, rendite di posizione. Consuetudini che per decenni hanno visto il lavoro affidato a un sindacalista, il Welfare a un esponente del mondo cattolico, i trasporti a quella tale corrente del Pd, le politiche giovanili a quella sinistra che fa l’occhiolino all’Arci e alle sue varie diramazioni.

Una serie di operazioni che poteva permettersi solo chi è diventato sindaco “nonostante tutto” che vuole trasformare la sua solitudine in indipendenza e la sua originaria debolezza nella sua vera forza.

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