POLITICA & SANITÀ

Caos (e ritardi) sui nuovi ospedali

Solo uno dei sette in programma vede concretamente l'avvio dei lavori. Degli altri non si sa neppure dove collocarli, nella solita lotta di campanili e scontri politici. E su tutto aleggia lo spettro delle Città della Salute. L'assenza di una regia regionale

Sembra abbiano le ruote i futuri ospedali del Piemonte. Quando ancora mancano i progetti e c’è solo l’intenzione di costruirli, tra richieste campanilistiche e veti più o meno motivati, di fatto si muovono da un posto all’altro. C’è chi lo vuole qui e che là, ci sono sindaci che si dividono in fronti opposti nel raggio di pochi chilometri e c’è un Regione che appare non esercitare o farlo in maniera troppo blanda il suo ruolo di programmazione.

Quello del luogo in cui edificare i nuovi ospedali non è problema da poco. Tanto più che, salvo alcune eccezioni, contraddistingue e segna con probabili ritardi, il percorso dei futuri nosocomi che il Piemonte ha deciso di costruire. Non l’unico problema. Quanto sta accadendo sull’accidentato percorso del Parco della Salute di Torino con i pochi gruppi ancora in campo per costruirlo stanno per tirare i remi in barca di fronte a una gara ormai superata nei conti dai rincari delle materie prime e, soprattutto, dell’energia è un cupo presagio per ospedali di minori dimensioni ma che non sfuggono a queste logiche di mercato. Non di meno, pesa sul futuro dell’edilizia sanitaria, l’esperienza negativa della Città della Salute di Novara per la quale è stato necessario rifare la gara, per non dire cosa sta capitando al Parco della Salute di Torino. Se non è il caos a segnare l’orizzonte, certamente è qualcosa che gli somiglia molto.

Ieri l’assessore alla Sanità Luigi Icardi è andato ad Alessandria per presentare, insieme ai vertici di Aso e Asl, lo studio sul nuovo ospedale senza, tuttavia, indicare dove dovrebbe sorgere, nonostante il Comune amministrato dal centrodestra si sia già espresso per l’area dell’attuale aeroporto, peraltro già indicata per lo stesso scopo alcuni anni fa dall’allora sindaca piddina Rita Rossa. Eccessiva cautela in vista delle elezioni comunali o cos’altro, certo è che anche nel capoluogo mandrogno il luogo dove costruire il futuro nosocomio resta un’incognita. In folta compagnia.

Già, perché è quel capita da Nord a Sud, da Est e Ovest. Il caso più eclatante è quello dell’ospedale unico dell’Asl To5, così definito perché ancora si dibatte tra tre siti: TrofarelloCambiano e Villastellone. Sindaci divisi, comitati che nascono come i funghi, medici e altre categorie che fanno sentire la loro voce, studi di enti vari, in una babele dove solo una decisione da parte di chi ha come compito la programmazione potrebbe riportare ordine. Situazione più o meno analoga nel Verbano-Cusio-Ossola dove la scelta di Ornavasso per l’ospedale unico sembra ormai tramontata senza che ci sia un’alternativa chiara, tant’è che il prossimo 23 maggio Icardi incontrerà la rappresentanza dei sindaci della zona, con una proposta che certamente non riporterà in gioco la località inizialmente individuata per l’ospedale unico. Questo progetto, insieme a quello appena citato della To5, erano stati programmati dalla giunta precedente ottenendo il finanziamento dall’Inail. Gli altri sei, sempre inseriti nel piano Inail, sono frutto della programmazione dell’attuale amministrazione regionale.

Cambia il proponente, ma restano gli stessi problemi. Per il futuro ospedale di Savigliano e Saluzzo, spesa prevista 195milioni, il sito deve ancora essere scelto. Discussione aperta su dove costruire anche la struttura che dovrà sostituire l’attuale nosocomio di Ivrea con un preventivo di 140 milioni. Due ipotesi di localizzazione e 39 sindaci della zona sono per l’una, 40 per l’altra. Impasse, manco a dirlo. Nel frattempo si sta facendo avanti il fondo Prelios con uno studio di fattibilità per recuperare il Comprensorio Olivetti e destinarlo proprio alla realizzazione del nuovo ospedale.

Un poco memo complicata appare la situazione a Vercelli dove si dovrebbe costruire, con una spesa ipotizzata di 155 milioni, su un’area prossima all’attuale struttura ospedaliera. Non si saranno, almeno in questo caso, da mettere d’accordo i sindaci per decidere dove realizzare il complesso destinato ad accorpare l’Amedeo di Savoia e il Maria Vittoria, a Torino anche se pure in questo caso il posto non sia ancora stato definito.  

L’unico futuro ospedale per cui è stato superato l’ostacolo del sito su cui realizzarlo è il Santa Croce e Chiarle di Cuneo, spesa prevista 310 milioni. C’è voluto un bel po’ di tempo e qualche decisa accelerata, ma alla fine è stato deciso di costruirlo sul terreno attiguo al Carle, acquistato una ventina di anni fa quando a dirigere l’azienda ospedaliera era Fulvio Moirano. Un terreno agricolo pagato tutto sommato poco e che, oggi, fa del prossimo ospedale di Cuneo un’eccezione rispetto a tutti gli altri progetti ai quali manca ancora il posto dove realizzare l’opera. Per tutte queste opere, come annunciato lo scorso gennaio dalla Regione “gli interventi sono valutabili dall’Inail nell’ambito dei propri piani triennali di investimento, ma resta aperta la possibilità di attivare altre tipologie e forme di finanziamento”. Dunque, utilizzare la possibilità di affidarsi all’istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro che realizza l’ospedale e poi lo affitta alla Regione, oppure seguire la via del partenariato pubblico-privato come per la Città della Salute di Novara e il Parco della Salute di Torino.

Due modelli che, visto come stanno andando le cose, non rappresentano quel che si dice precedenti rassicuranti. Quante imprese, quanti gruppi si faranno avanti per costruire i nuovi ospedali con il rischio di trovarsi impegnati in opere non più remunerative per i costi che salgono e che, nonostante alcune misure assunte recentemente dal Governo, non sono riconosciuti rispetto al capitolato iniziale? Questione tutt’alto che irrilevante, che si somma a quelle infinite discussioni su dove costruire le nuove strutture ospedaliere in cui troppe voci si accavallano e si oppongono, senza sentire forte e chiara quella di chi deve programmare, decidere, assumendosi la responsabilità delle scelte.

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