RETROSCENA

Molinari bis da capogruppo, Borghi alla guida del Copasir

Salvini conferma i vertici del partito alla Camera e al Senato. Niente governo per il segretario piemontese della Lega e sfuma pure l'ipotesi della presidenza della Camera. Il Capitano si blinda con i fedelissimi. Nel Pd ruolo chiave per il senatore ossolano

Congelati fino alla formazione del Governo. E forse oltre. Questo il destino deciso, a meno di improbabili cambiamenti, per i capigruppo della Lega. L’immagine del freezer non è la più calzante per il ruolo politico più importante in Parlamento e, dunque, se come tutto (ovvero le intenzioni di Matteo Salvini) lascia supporre il presidente dei senatori Massimiliano Romeo e quello dei deputati Riccardo Molinari saranno confermati e per entrambi non sarà certo un ripiego, tutt’altro.

Il leader, ammaccato dal risultato elettorale ma uscito per l’ennesima volta da via Bellerio con il sostegno almeno formale di chi lo critica apertamente, non ha alcun interesse a cambiare i vertici dei gruppi, tanto più mettendo in conto un congresso che prima o poi sarà costretto a convocare. I gruppi li ha composti, operando su collegi uninominali e collocazioni in lista nel maggioritario, con tutti (o quasi) uomini di sua provata fiducia. Le stesse manovre per la formazione dell’esecutivo, già avviate e plasticamente confermate dell’incontro che ieri Salvini ha avuto con la premier in pectore Giorgia Meloni, hanno bisogno di tutto fuorché di fronti interni aperti come accadrebbe nel caso di un rimaneggiamento delle presidenze a Montecitorio e Palazzo Madama, dove il Capitano ha due fedelissimi su cui poter contare.

Per il plenipotenziario di Salvini in Piemonte, la XIX legislatura si profila dunque all’insegna della continuità nel ruolo cui venne chiamato all’esordio della precedente quando l’allora presidente dei deputati Giancarlo Giorgetti andò a Palazzo Chigi come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel primo Governo Conte, quello gialloverde. Da lì in poi, per Molinari è stato un crescendo, in un compito delicato e sempre sotto i riflettori (anche quelli delle televisioni dove ha presto mostrato di sapersi muovere con tempi e linguaggio efficaci) incassando apprezzamenti anche dai banchi avversari. Dicono che queste doti gli siano riconosciute dalla stessa Meloni che, proprio per questo, lo avrebbe visto meglio lontano dall’agone, magari come successore di Roberto Fico sullo scranno più alto di Montecitorio. Ipotesi impercorribile ad oggi dove i pretendenti sono parecchi e alcuni di lungo corso, ma soprattutto perché la leader di FdI ha in animo di lasciare la presidenza della Camera alla minoranza, motivo questo della tensione con il numero due di Forza Italia Antonio Tajani nell’incontro di ieri. 

L’ipotesi dell’ingresso di Molinari nel Governo è prossima allo zero. I posti da ministro saranno pochi e già è un problema trovare quello di peso per Salvini, escludendo Interno, Esteri ed Economia dove la porta per il Capitano appare sbarrata. E tra un ruolo da sottosegretario e quello di capogruppo nessuno avrebbe dubbi a optare per il secondo. E dunque, scongelato ma lasciato al suo posto dopo l’avvio del Governo Meloni, il deputato alessandrino avrà più di un motivo per scrivere sul suo banco hic manebimus optime.

Stessa frase varrà, probabilmente, anche per un altro deputato piemontese, pur sul fronte opposto. Appare alto, infatti, il borsino del piddino Enrico Borghi non solo per la scontata permanenza nel Copasir, ma soprattutto per la presidenza del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Passato dalla Camera, dove sedeva nella passata legislatura, al Senato, Borghi ha interpretato e messo a frutto politicamente (e mediaticamente) come pochi altri in passato un ruolo da sempre delicato, ma negli ultimi tempi accresciuto nella sua importanza e, anche, notorietà.

Dai rischi cinesi sul 5G alla crisi energetica, per non dire di tutto quel che ha comportato e comporterà l’invasione russa dell’Ucraina, passando per il tema mai troppo considerato della cybersicurezza: dossier che, insieme ad altri legittimamente coperti dal segreto, approdano in continuità sul tavolo del comitato di cui Borghi è stato segretario. Anzi lo è tutt’ora, visto che proprio la delicatezza e la strategicità del Copasir ha portato il Governo Draghi a stabilirne la continuità anche nel passaggio tra una legislatura e l’altra. Un emendamento al decreto Aiuti bis prevede un Copasir provvisorio che resta in carica fino a venti giorni dopo il voto di fiducia al nuovo Governo ed è composto dai precedenti componenti, integrati da sostituti di coloro che non sono stati rieletti in Parlamento indicati dai presidenti delle due Camere.

Al termine di questa fase transitoria, dovrà essere formato il nuovo comitato composto da cinque deputati e cinque senatori presieduto per legge da un rappresentante della minoranza. E proprio questa peculiarità, che ha portato a succedersi nella scorsa legislatura il dem Lorenzo Guerini durante il governo gialloverde, il leghista Raffaele Volpi durante il Conte2 e, infine, Adolfo Urso di Fratelli d’Italia tutt’ora in carica, rafforza molto le possibilità per Borghi, responsabile Sicurezza nella segreteria del Pd. Sul suo nome, per l’esperienza maturata anche in importanti missioni internazionali, la conoscenza di questioni geopolitiche e la collaborazione con il presidente Urso ci sarebbe un’ampia e trasversale convergenza di consensi destinata, con molte probabilità, a portarlo al vertice di un organismo mai importante e cruciale come nell'attuale e futuro contesto internazionale. 

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